il Punto Coldiretti

Nel Regno Unito “falso” un alimento su tre

In base ad una indagine resa nota dal quotidiano inglese “The Guardian”, ben il 38 per cento dei prodotti presi a campione nella grande distribuzione organizzata inglese presenta problemi o di palese contraffazione, o di etichettatura ingannevole. Prodotti "falsi", in cima ai quali l’inchiesta giornalistica mette ancora una volta… la mozzarella. Che sarebbe ottenuta in molti casi con grassi vegetali, più economici ma assolutamente non previsti dalle norme di commercializzazione. La mozzarella sulle pizze, poi, sarebbe quella più frequentemente adulterata: quasi mai sarebbe mozzarella vera.

Tra le frodi più frequenti, inoltre, carne di pollo venduta come prosciutto cotto (dopo essere stata adeguatamente aromatizzata e preparata in modo da "sembrare" a tutti gli effetti prosciutto); prodotti "ricostituiti", con meno della metà dell’ingrediente originale presente  e con tanta acqua aggiunta (carne e formaggio i più "frodati"); carne di manzo adulterata con carni di pollo o maiale, più economiche.

La Food Standard Agency, responsabile per i controlli, ha dichiarato di aver aumentato di 2 milioni di sterline il budget dedicato alla lotta alle frodi. Tema che sta prepotentemente uscendo come uno dei motivi di maggiore preoccupazione a livello europeo. E i tagli dei budget hanno messo a rischio i controlli a campione: calati del 25 per cento negli ultimi due anni, stando a “Which?”, la principale associazione dei consumatori inglesi.

Se certamente la maggior parte dei casi si presenta come "frode" da un punto di vista legale, in altri la questione sembra più complessa. Nel caso delle carni ad esempio – ed è uno dei "buchi" della nuova normativa (Reg. 1169/2011 dell’Unione) – per determinate categorie di tagli non è fatto obbligo di indicare la quantità di acqua aggiunta. Un inganno bello e buono, ma che col tempo è diventato legale su tanti prodotti (come hot dog, mortadella, prosciutto cotto).

In altri casi, qualora si tratti di alimenti pluri-ingrediente, non è poi necessario indicare la quantità dell’ingrediente se questo non viene "sbandierato" nel nome dell’alimento (cosiddetto "ingrediente caratterizzante"). Anche in questo caso, può essere vantaggioso sostituire ingredienti più costosi con ingredienti più economici (è quello che è successo con l’Horsegate), senza doverlo rivelare quantitativamente in etichetta.

Ma vi è un ulteriore aspetto su cui riflettere. Le frodi stanno arrivando ad un livello di diffusione tale per cui a essere a repentaglio non sembra essere solo la qualità, ma addirittura la sicurezza alimentare. Nei succhi di frutta venduti in Inghilterra sono stati rivenuti additivi non ammessi nell’Unione Europea. Spesso poi il tenore di sale nelle salsicce è risultato oltre le raccomandazioni delle autorità sanitarie. E diversi preparati di tipo erboristico contenevano sostanze non ammesse.

Un tema sempre più globale, che richiede un controllo locale ma anche una governance possibilmente la più estesa e coordinata possibile a livello Ue e non solo. Il caso dell’olio-extravergine di oliva venduto negli Ststi Uniti, insomma, è solo la punta dell’iceberg.

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