il Punto Coldiretti

No Ue ad etichetta d’origine va contro 96,5% italiani

La Commissione Europea va contro gli interessi del 96,5 per cento dei consumatori italiani che ritiene necessario che l’origine degli alimenti debba essere scritta in modo chiaro e leggibile nell’etichetta. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare i risultati dei rapporti dell’esecutivo Ue secondo cui per talune categorie di prodotti alimentari, sarebbe meglio optare per una indicazione volontaria dell’origine, piuttosto che su un obbligo a livello comunitario, anche se resta la possibilità per l’Italia di varare una norme nazionale per garantire trasparenza su tutti i cibi.

Un parere che riguarda latte, prodotti caseari e altri prodotti trasformati, ma anche le carni di coniglio e di cavallo che sono stato peraltro oggetto recentemente di uno scandalo di dimensioni continentali proprio per la mancanza di tracciabilità. La Commissione Europea ancora una volta si schiera a difesa degli interessi delle grandi lobbies industriali con pareri in netta contraddizione con gli interessi dei cittadini europei espressi attraverso Eurobarometro e di quelli italiani che hanno risposto numerosi alla consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal ministero delle Politiche Agricole (Mipaaf) che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf dal novembre 2014 a marzo 2015.

Si tratta di una iniziativa promossa sulla base del regolamento comunitario N.1169 del 2011 entrato in vigore il 13 dicembre del 2014 che consente, come detto, ai singoli Stati Membri di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti qualora i cittadini esprimano in una consultazione parere favorevole in merito alla rilevanza delle dicitura di origine ai fini di una scelta di acquisto informata e consapevole.

Non è un caso che secondo la consultazione pubblica on line del Ministero l’89% dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari, l’87% per le carni trasformate, l’83% per la frutta e verdura trasformata, l’81% per la pasta e il 78% per il latte a lunga conservazione. L’indicazione della Commissione Europea è anche contraddittoria rispetto al percorso intrapreso fino ad ora che ha portato per ultimo all’entrata in vigore del Regolamento Ue 1337/2013 dal primo aprile 2015 è arrivato in Europa l’obbligo per gli operatori di indicare in etichetta il luogo di allevamento e di macellazione delle carni di maiale, capra e pecora.

Un piccolo passo avanti del cammino iniziato a livello comunitario dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto. L’Italia sotto il pressing della Coldiretti è all’avanguardia in questo percorso: il 7 giugno 2005 è scattato l’obbligo di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco; dal 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy per effetto dell’influenza aviaria; a partire dal 1° gennaio 2008 l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

“Siamo certi che il Parlamento Europeo saprà smascherare i pesanti condizionamenti delle relazioni della Commissione per testimoniare in aula i reali interessi dei cittadini”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “in un difficile momento di crisi bisogna portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza per dare a tutti la possibilità di fare scelte di acquisto consapevoli e sostenere l’agricoltura e il lavoro delle imprese agricole del territorio”.

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