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Pagare un posto migliore sullo scaffale, multati i supermercati

Nel Regno Unito, la pubblica amministrazione ha sanzionato una prassi diffusa in tutta la grande distribuzione europea, inclusa quella italiana: chiedere corrispettivi monetari ai fornitori per un migliore posizionamento dei beni (alimentari e non) sullo scaffale. Di solito, ad altezza occhi. In modo da favorire un maggiore acquisto dei clienti, suggerendo nei fatti quali prodotti acquistare. In base alle ricerche sui consumatori, è risultato che posizionando a quell’altezza un prodotto si aumentano le vendite di circa un 10-15%. Tesco – questa la catena distributiva al centro del caso – avrebbe chiesto 30 sterline per il posizionamento di ogni prodotto, per ogni punto vendita nei due scaffali “premium”, quelli ad altezza occhi.

In Francia lo scorso ottobre i 3 principali gruppi della distribuzione – Leclercq, Auchan e Carrefour – sono stati multati per condotte sleali verso i fornitori. Il primo player stava infatti facendo pressioni su ben 21 fornitori perché non esigessero le compensazioni monetarie dettate dalle autorità in risposta a comportamenti vessatori precedenti, entro contratti sleali. Simile il caso di Carreforur (16 fornitori caricati con costi per servizi non richiesti). Auchan per contro aveva vincolato la riduzione del costo di acquisto dai fornitori a eventuali riduzioni del costo delle materie prime. Richiesta ritenuta inaccettabile. In tutti questi casi ha agito la Direzione Generale per la Concorrenza, i Consumatori e la Repressione delle Frodi (Dgccrf).

In Italia sebbene l’articolo 62 del “decreto liberalizzazioni” (art. 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1) sanzioni le prassi commerciali inique nel caso di squilibri di potere negoziale tra i contraenti, non vi sono previsioni negative specifiche a contrasto dell’obbligo di contributi per il posizionamento nello scaffale all’altezza occhi. Però, più in generale, è sanzionata la richiesta di contributi per servizi accessori richiesti dalla Gdo ai fornitori, su aspetti che eccedono quelle che dovrebbero essere le competenze stesse della Gdo (art.4, par. 2, b). Ma sempre e solo qualora ricorra uno strapotere negoziale di una parte sull’altra. Questo impedisce una definizione “etica” in senso lato di un comportamento in quanto tale.

L’Antitrust ha concluso nel luglio scorso una indagine conoscitiva nel settore della distribuzione organizzata, concludendo che “un aumento del potere di mercato della grande distribuzione organizzata nei rapporti commerciali con i fornitori, anche attraverso un rafforzamento del ruolo delle centrali di acquisto, i cui effetti si riverberano non solo sulle condizioni economiche nel mercato a monte dell’approvvigionamento ma anche in quello a valle delle vendite, con possibili ripercussioni a danno dei consumatori finali”.

Tale indagine però ha rappresentato solo l’inizio, e ha portato all’apertura di una nuova indagine, stavolta a livello di centrali di acquisto (i gruppi che uniscono diverse insegne distributive), imputate di avere comportamenti distorsivi della concorrenza. Coldiretti ha lamentato come gli agricoltori debbano sopportare, in ragione di tale posizione dominante, pratiche contrattuali sleali, quali: compensi inadeguati, termini di pagamento eccessivi, vendite sottocosto a carico dei fornitori, contributi ingiustificati alle spese pubblicitarie e insistenza sulla fornitura esclusiva. Ora verrà fatta piena luce su questa situazione, con i risultati dell’indagine attesi per febbraio 2015.

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