il Punto Coldiretti

L’invito a guardare a Betlemme

Il vasaio che aveva plasmato l’uomo come un vaso d’argilla diventa lui stesso argilla di un piccolo vaso. Dio si è fatto uomo per aiutarci ad essere uomini secondo il progetto originario, perché aveva visto quanto lontano da lui era andato l’uomo. Dio si è fatto uomo per dirci ciò che è veramente umano, ciò che dobbiamo fare per non rovinarlo o farne una caricatura.  Dio si è fatto uomo perché ha ancora tanta fiducia in ogni uomo e torna a scommettere su di lui. 

La grande ruota della storia aveva sempre girato partendo dal basso verso l’alto, dal piccolo verso il grande, dal debole verso il forte. A Betlemme questo meccanismo della storia si inceppa e comincia a scorrere nel verso opposto: il forte si fa debole, l’eterno si fa tempo, l’infinito si fa frammento.

Da Betlemme può rigenerarsi la nostra vita tumultuosa perché sia sempre accesa in noi la vera sapienza della vita. Da Betlemme non discendono teorie politiche o economiche ma un invito ad incontrare questo bambino: nel suo volto il volto di Dio che ha assunto la fatica e la debolezza della nostra umanità e dei nostri limiti. Abbiamo bisogno del suo silenzio perché solo nel silenzio riposano le nostre orecchie e si aprono i nostri cuori; abbiamo bisogno della sua semplicità per reimparare il gusto delle cose semplici e pulite; abbiamo bisogno della sua modestia perché viviamo in un mondo tormentato da molte pretese e da molti orgogli; abbiamo bisogno della sua gioia per ritrovare il piacere di una vita sobria e umile; abbiamo bisogno della sua tenerezza perché si stanno abbassando i sentimenti per rilanciare relazioni più cordiali e genuine; abbiamo bisogno della sua pace per disarmare le nostre parole e abbattere l’arroganza e l’intolleranza.

Siamo tutti debitori verso questo Dio che ha scelto di diventare uno di noi per far bella e grande la vocazione umana e colorare di eternità i nostri giorni. Vale la pena essere fedeli a questo evento “originale” che si è attuato nella sperduta provincia romana della Palestina, ma che è a noi contemporaneo. La contemporaneità di Gesù ci aiuta perché la nostra vita non sia spersonalizzata o solo funzionale ma si orienti verso le profondità dell’anima, iscrivendo le opere buone della famiglia, del lavoro, dell’impresa nella grandezza e bellezza della vocazione umana. Le nostre mani si possono unire per rendere più fruttuosa la terra, per aprire solchi di pace e di giustizia perché il giorno di Natale duri tutto l’anno.
Buon Natale da Betlemme nella sua semplice grandiosità.

Don Paolo Bonetti

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