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Agricoltura italiana sempre più sostenibile, calato del 26%, l’uso di prodotti fitosanitari

Secondo gli ultimi dati pubblicati da Eurostat, l’Italia ha ridotto del 26% l’impiego dei prodotti fitosanitari nel periodo 2011-2018 garantendosi un rimarchevole quarto posto tra tutti i Paesi europei per riduzione nell’impiego di tali mezzi di produzione, a fronte, invece, di altri Paesi che registrano, paradossalmente, nonostante le misure restrittive poste in atto dall’Ue, un aumento nell’impiego di tali mezzi di produzione come Cipro (+94%), Austria (+53%), Francia (+39%), Slovacchia (+38%). Ma anche la “Verde” Germania registra un trend in crescita seppure in percentuale modesta.

I dati europei sembrano, quindi, sconfessare la necessità di porre un obiettivo quantitativo uguale per tutti gli Stati membri di riduzione del prodotti fitosanitari fissato al 50% come prevede attualmente la Strategia della Commissione Ue “Farm to Fork”, finalizzata ad innalzare ancora di più gli standard di sostenibilità del sistema alimentare.

I dati Eurostat ci mostrano, infatti, una realtà diversa e, cioè, Paesi in cui l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari è già un fatto concreto come l’Italia che hanno un trend in netta diminuzione ed altri che nonostante abbiano investito in misure di agricoltura a basso impatto ambientale, ad esempio l’Austria che è il secondo Paese europeo per percentuale di superficie agricola destinata al biologico (24,7%) rispetto al totale della superficie agricola nazionale, evidentemente non sono riusciti a modificare i propri processi di produzione in modo tale da ridurre l’impiego di prodotti fitosanitari nell’agricoltura convenzionale.

Pertanto, se a livello globale l’Unione, nel periodo 2011-2018, rimane su un quantitativo grosso modo stabile di 360.000 tonnellate di prodotti fitosanitari venduti, non è agli Stati membri virtuosi come l’Italia che si devono porre ulteriori restrizioni, ma a quelli che, invece, registrano un trend in aumento delle vendite di tali mezzi di produzione altrimenti il rischio è di penalizzare la competitività della nostra agricoltura per un obiettivo che di fatto può essere perfettibile, ma nella realtà è già raggiunto.

L’Italia, inoltre, a differenza di altri Stati membri, si pregia anche del fatto di avere un sistema di rilevazione statistico ufficiale dei dati sulla distribuzione dei prodotti fitosanitari affidato ad un ente pubblico come l’Istat mentre altri non lo hanno tanto che Eurostat evidenzia la difficoltà di poter monitorare e comparare l’impiego dei prodotti fitosanitari nei diversi Stati membri in quanto non tutte le statistiche hanno carattere di ufficialità e sono affidabili poiché non essendo dati disaggregati non è possibile un’analisi comparativa precisa ad affidabile.

Resta il fatto che mentre in Italia sappiamo grazie al nostro sistema statistico ufficiale che l’impiego di prodotti molto e tossici rappresenta solo il 4%, ormai, del quantitativo complessivo di prodotti fitosanitari venduti, in merito al trend in altri Paesi europei non ci sono informazioni affidabili. E’ quindi senza dubbio necessario, prima ancora di stabilire obiettivi quantitativi di riduzione non suffragati da alcuna ragionevole motivazione, avere un data base europeo in grado di monitorare con esattezza l’andamento dell’uso dei prodotti fitosanitari nei diversi Paesi anche al fine di non compromettere gli standard qualitativi e quantitativi delle produzioni agroalimentari europee e nello specifico quelle italiane.

Oltretutto mancano analisi sulla relazione tra gravità delle malattie e della presenza di parassiti vecchi e nuovi presenti nell’agricoltura europea e mediterranea in particolare che è quella più sensibile per tipologie di colture alle problematiche fitopatologiche e quantità dei prodotti fitosanitari venduti, perché dovrebbe essere evidente che tali variabili insieme al numero di ettari destinati alla coltivazione hanno una valenza fondamentale per interpretare correttamente i dati ed evitare di giungere a conclusioni affrettate che i modelli agricoli di alcuni Stati membri non sono sostenibili solo perché usano più prodotti fitosanitari di altri.

Infine dai dati Eurostat emerge che i prodotti fitosanitari più venduti sono fungicidi e battericidi in particolare i fungicidi inorganici. Tra questo si registrano soprattutto composti a base di rame e zolfo inorganici. Più del 53,1% di tutti i fungicidi venduti sono inorganici. In merito occorre tener presente che i composti a base di rame e zolfo sono consentiti anche in agricoltura biologica come sottolinea il rapporto Eurostat. L’Ue dovrebbe essere consapevole del fatto che il cambiamento climatico in atto determinando una maggiore aggressività delle malattie fungine spiega tale trend delle vendite.

A fronte di tale contesto, quindi, sarebbe importante che l’Unione, al fine di realizzare un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, invece, di eliminare le sostanze attive senza valutarne in alcun modo l’impatto sul sistema agroalimentare europeo, finanziasse maggiori investimenti nell’agricoltura di precisione e nella formazione degli agricoltori al fine di garantire un uso sempre più mirato di tali mezzi di produzione il cui ruolo rimane strategico per garantire la sicurezza alimentare delle nostre produzioni.

D’altro canto, sarebbe importante una politica comunitaria più coerente in materia di uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, vietando l’importazione nell’Ue di prodotti agricoli provenienti da Paesi terzi, trattati con prodotti fitosanitari da tempo vietati a causa del loro elevato profilo di tossicità, per l’uomo e l’ambiente, che finiscono sulle tavole dei consumatori europei inconsapevoli di acquistare alimenti non conformi agli standard di sicurezza alimentare europei ed, in particolare, italiani, questi ultimi i più rigorosi al mondo.

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