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Biostimolanti, occorre modificare la normativa per il mercato italiano

Il mondo dell’agricoltura guarda attualmente con molto interesse al mercato dei biostimolanti che, come evidenziato dal progetto Valso – Sistema integrato di tecnologie per la valorizzazione dei sottoprodotti della filiera del biodiesel realizzato dal Crea-Ci (Colture industriali) di Bologna, sta vivendo un trend in crescita sia in Europa che nel resto del mondo, grazie all’espansione delle aziende produttrici e delle reti professionali e di collegamento con nuovi distributori globali che permettono l’accesso a mercati precedentemente inaccessibili e lo sviluppo nel comparto di prodotti innovativi destinati a specifiche esigenze agronomiche che ha attirato un nuovo bacino di operatori della filiera agricola.

I prodotti biostimolanti sono stati inizialmente utilizzati principalmente nella produzione biologica e di alto valore: prevalentemente cultivar ottenute in serre, frutteti (uva, agrumi, drupacee, mele, pere) ortaggi in campo aperto (pomodori, insalate, ecc) e prodotti orticoli (fiori e piante ornamentali). Tuttavia, di recente, il recupero di alcune varietà di grani antichi ha pure contribuito ad alimentare la domanda di biostimolanti che a questo punto interessa anche colture estensive di campo come i cereali. Essi sono sempre stati introdotti nella produzione di colture convenzionali per rispondere a criteri sempre più importanti di economicità e sostenibilità, contribuendo a far diventare competitive anche colture cerealicole

Negli ultimi anni, i mercati agricoli hanno subito cambiamenti significativi: l’elevato valore della produzione delle colture in Europa registra prezzi più bassi, stretta tra le potenti catene della Grande Distribuzione Organizzata e la concorrenza dei paesi di altre regioni. Al contrario, la volatilità dei prezzi per le colture di pieno campo ha trasformato, in alcuni casi, le colture tradizionalmente a basso reddito, come i seminativi, in colture di alto valore; inoltre, le modifiche arrecate al regime di aiuti conseguenti alla Politica Agricola Comunitaria, inducono gli agricoltori europei ad operare una scelta accurata rispetto alle colture sulle quali intendono investire valutando con molta attenzione i fattori che incidono sul rapporto tra costi di produzione, qualità del prodotto anche in termini di sostenibilità ambientale richiesta dal mercato e redditività delle stesse.

Un ulteriore fattore di crescita del mercato nasce dalle richieste dei consumatori, i quali chiedono prodotti alimentari di qualità ottenuti da processi di produzione aventi il minimo impatto ambientale. Di conseguenza, gli agricoltori e le relative politiche sono alla ricerca di modi per utilizzare fitofarmaci e fertilizzanti minerali più efficienti ed efficaci. I biostimolanti sono, quindi, sempre più visti come un modo per migliorare il ritorno sul loro investimento in altri ingressi e come un modo per rispondere alle richieste dei consumatori di pratiche agricole “soft”.

Ma c’è anche il mercato di esportazione al di fuori dell’Europa che sta crescendo più velocemente del mercato europeo anche se dati i guadagni di efficienza e le statistiche frammentarie non è possibile stimare con precisione il valore o il volume del mercato europeo dei biostimolanti. Tuttavia, sulla base del valore totale annuo delle vendite dei biostimolanti in Europa (fonte: sondaggio Ebic – Consiglio dell’Industria Europea dei Biostimolanti), la stima approssimativa è di 500.000.000 euro, stima che può variare a seconda delle tipologie di vendita: se rivolte agli utenti finali o ai distributori, o entrambi ed, inoltre, se i biostimolanti vengono venduti direttamente o incorporati nelle formulazioni di prodotti più complessi. Dal sondaggio, circa il 20 % degli intervistati vendono i loro prodotti solo come prodotti intermedi senza applicazione diretta e la maggioranza di produttori vendono tutti o la maggior parte dei loro prodotti per applicazione diretta.

Le aziende produttrici di biostimolanti sono tipicamente piccole e medie imprese (meno di 100 dipendenti, al max 250 dipendenti), spesso situate fuori dai centri economici dominanti, fornendo posti di lavoro ad alta intensità nelle aree rurali e in piccole città. In totale sono state individuate 200 aziende in Europa di cui solo 20-30 di grandi dimensioni.

Il valore di mercato dei biostimolanti è legato inoltre alla maggiore efficienza di altri input agricoli e miglioramento della qualità della produzione, entrambi i quali influenzano la redditività dell’agricoltore. Tra i vantaggi, i biostimolanti possono aumentare l’efficienza dell’uso di sostanze nutritive, aumentano il vigore generale della pianta in modo che richiedano meno trattamenti con prodotti fitosanitari o comunque rispondano meglio al loro utilizzo, le rese risultano aumentate così come l’efficienza nell’uso dell’acqua e la riduzione delle perdite di nutrienti e dei relativi impatti ambientali (e quindi il costo del clean-up ) (come da richiesta da rapporto, l’Ocse-Fao.

Sulla base dei test effettuati nel progetto Valso nelle prove di campo sono emersi: incrementi minimi di rendimento legati all’uso biostimolante compresi in un range del 5-10%; efficienza nell’uso di fertilizzanti documentata, che può aumentare del 5 % fino ad arrivare al 25% o più quando si applicano biostimolanti. Tassi di efficienza più elevati si verificano in genere quando fertilizzanti e biostimolanti vengono forniti attraverso l’irrigazione di precisione (una pratica spesso chiamato fertirrigazione). Se la cifra del 5% viene riferita all’intera Unione europea, ciò significherebbe un risparmio di circa 517.000 tonnellate di fertilizzanti azotati in un unico anno (calcolo da statistiche Ifadata, Fertilizer Industry Association).

Dal progetto Valso emerge come si possa risparmiare un impiego di fitofarmaci grazie agli effetti benefici indotti sulla coltura dall’uso di biostimolanti, segnalati tra il 10 e il 15%. Caratteristiche di qualità come l’allegagione, colore omogeneo e una maggiore dimensione della coltura sono stati migliorati in alcuni casi fino al 15% .

Il settore dei biostimolanti sta investendo significativamente in ricerca per soddisfare le esigenze di questo mercato in rapida espansione. Da un sondaggio Ebic, l’investimento sulla ricerca e lo sviluppo si può stimare tra il 3% e il 10% del loro fatturato annuo, e tra questi, l’investimento aumenta in merito all’innovazione, senza dimenticare i quasi 150 partenariati di R & S con università e altri istituti di ricerca pubblici.

Si richiede generalmente 2-5 anni per portare nuovi prodotti sul mercato, un investimento significativo considerando la bassa soglia di protezione (a causa degli obblighi di comunicazione dei brevetti) per impedire copie di formulazioni e processi produttivi di prodotti biostimolanti. Diverse aziende produttrici di biostimolanti hanno riferito nel 2011 che meno del 10 % dei loro prodotti sono brevettabili (e alcuni anche detto che nessuno può essere brevettato).

Una piccola parte segnala che il 60 % o più dei loro prodotti contengono qualche elemento brevettato, anche se questo non significa che il prodotto nel suo complesso è protetto da brevetto. In molti casi, si tratta di un aspetto specifico del processo di produzione che è brevettato.

A questo punto ci si attende da parte del Ministero delle Politiche Agricole, in considerazione della approvazione definitiva del regolamento comunitario sui fertilizzanti che sostituisce il reg. CE 2003/2003, l’avvio al più presto di un tavolo di lavoro per la revisione del d.lgs. 75/2010 in modo da introdurre disposizioni applicative che consentano di agevolare l’autorizzazione all’immissione in commercio dei biostimolanti sul mercato italiano, ovviamente con tutti i dovuti requisiti di qualità a garanzia degli utilizzatori finali attraverso la predisposizione di un dossier contenente un congruo numero di prove di campo realizzate da centri di saggio ufficialmente riconosciuti e dotati della necessaria terzietà.

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