il Punto Coldiretti

Cimice asiatica, lo stop al clorpirifos metile penalizza l’Italia

Il bando Ue a una molecola rischia di penalizzare l’Italia nell’azione di contrasto alla cimice asiatica. I rappresentanti di diversi Stati membri dell’Ue,infatti, hanno approvato nella riunione dello Scopaaf – Standing Committee on Plants, Animals, Food and Feed del 6 dicembre scorso, il divieto d’uso delle molecole clorpirifos etile e clorpirifos-metile senza effettuare alcuna distinzione nella valutazione delle due molecole.

Il clorpirifos metile gioca ancora un ruolo strategico nella difesa fitosanitaria contro la cimice asiatica che sta devastando le produzioni frutticole italiane soprattutto in alcuni vasti areali del centro nord tanto che si stima, solo per la scorsa campagna agraria, un danno di 600 milioni di euro.

Paradossalmente, l’Italia, nella riunione dello Scopaaf, invece di votare contro la proposta di revoca avanzata dalla Commissione Ue, si è astenuta, lasciando da soli Portogallo e Grecia nella battaglia a difesa della sostanza attiva.

L’astensione ha riguardato anche Belgio, Repubblica Ceca, Spagna e Ungheria. Il resto degli Stati membri, fondamentalmente, non interessati a difendere la sostanza attiva, perché non hanno il problema della cimice asiatica, hanno votato contro.<br>

Il mancato rinnovo del clorpirifos, in assenza al momento di alternative valide per la lotta alla cimice asiatica, lascia un intero comparto completamente esposto all’attacco del temibile parassita. Entro 30 giorni dalla decisione dell’Unione dovrebbe essere pubblicato il decreto del ministero della Salute che vieta da subito l’impiego del prodotto mentre saranno previsti tre mesi, per lo smaltimento dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva.

Il caso “clorpirifos” costituisce un precedente preoccupante in quanto l’autorità di regolamentazione dell’UE non ha atteso di ricevere ulteriori studi sul clorpirifos-metile, né ha valutato l’impatto che il divieto d’impiego comporterà nella lotta alla cimice asiatica. Per la prima volta in assoluto, infatti, l’Efsa non ha dato un parere scientifico completo ma solo una “dichiarazione”. Qualora anche in futuro dovessero essere assunte decisioni con procedura analoga, la conseguenza sarebbe che gli agricoltori non avrebbero più strumenti disponibili per controllare importanti target, compresi quelli da quarantena, in assenza di mezzi alternativi che possano rapidamente essere introdotti sul mercato.

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