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Elateridi della patate, le strategie per combatterli

Il cambiamento climatico in Italia ha determinato un considerevole aggravamento della presenza di elateridi sulla coltura della patata. I danni sono talmente ingenti che in assenza di un’adeguata strategia di difesa fitosanitaria la coltura potrebbe non essere più praticabile nel nostro Paese. Le patate con segni visibili di danni da elateridi comportano per il pataticoltore un crollo degli standard qualitativi del prodotto Si tratta, in realtà, di un problema essenzialmente commerciale in quanto i fori da elateridi su tuberi di patata comportano un danno legato al solo deprezzamento del valore merceologico e tecnologico del prodotto conferito venendo meno gli standard richiesti dall’industria, mentre per il consumatore, non vi è alcuno scadimento del valore organolettico delle patate e assai raramente dai fori si sviluppano marciumi.

Al fine di scongiurare la crisi economica del settore pataticolo, sono ormai da anni in corso ricerche, , presso il Crea-Centro di ricerca Cerealicoltura e Colture industriali di Bologna con il supporto di Veneto Agricoltura (settore di Ricerca Agraria) e del Consorzio Agrario dell’Emilia che, recentemente, hanno pubblicato uno studio in merito.

La fuoriuscita dal mercato di sostanze attive per la lotta agli elateridi su patata come il thiametoxan usato per la concia liquida dei tuberi-seme, dell’etoprofos storico geoinsetticida e proprio in questi giorni del clorpirifos, ha lasciato vuoti importanti nella difesa fitosanitaria di sintesi chimica che oggi può avvalersi di soli tre piretrodi. Di qui, la ricerca finalizzata ad un approccio di difesa integrata. Il primo aspetto interessante messo in luce dallo studio è l’importanza della scelta varietale che è uno strumento fondamentale per ridurre il rischio di danni e che può diventare decisivo proseguendo nell’attività di miglioramento genetico finalizzato alla costituzione varietale. Secondo i ricercatori, sarebbe molto importante che i costitutori dessero particolare rilevanza, nella selezione delle varietà, al parametro «suscettibilità agli elateridi», utilizzando screening rapidi.

Varietà più precoci, che possano essere raccolte presto, limitano significativamente il rischio di danno ai tuberi per due fondamentali motivi: minor numero di giorni di esposizione al danno in campo a parità di popolazione di elateridi nel terreno; minor presenza di larve che gradualmente, nel corso della stagione calda, raggiungono presenze e dimensioni sufficienti a causare danno apprezzabile ai tuberi.

Pertanto, le conoscenze su quali specie effettivamente sono di rilievo nei diversi areali pataticoli italiani nonché sui cicli biologici di ciascuna di esse, rivestono particolare importanza. Nel merito, tra le varietà “resistenti” è stato sperimentato con successo il clone ISCI 181/10-4, ma anche ISCI 181/10-3 ed ISCI 201/10-1 ottenuti tra un processo di selezione italiano partendo da una specie selvatica (Solanum berthaultii) che presenta foglie capaci di disturbare l’attività trofica di diversi fitofagi.

Inoltre, al fine di controllare il rischio elateridi, è preferibile effettuare semine e raccolte precoci: raccogliere in tempi stretti, non appena la consistenza della buccia lo rende possibile, tende sempre a ridurre il danno.

Di fondamentale importanza, poi, è il ricorso a rotazioni e sovesci. Buoni risultati si sono ottenuti con la scelta di rotazioni colturali che non favoriscano lo sviluppo delle popolazioni di elateridi e/o consentano di aumentare la mortalità delle larve, anche meccanicamente, con lavorazioni nei momenti di maggior suscettibilità (ovature, primi stadi larvali), basandosi sui cicli biologici delle diverse specie presenti; inserimento nella rotazione, stabile o dopo aver accertato l’aumento delle popolazioni larvali, di sovesci con piante biocide o inserimento, in alternativa, di piante che migliorino i terreni in generale, favorendo l’aumento del contenuto di sostanza organica e la fertilità dei campi.

Tale approccio innovativo è destinato a svolgere, nel medio-lungo periodo, un ruolo importante. Ci si riferisce ai sovesci di Brassicaceae, nel caso specifico, dei sovesci biofumiganti, ampiamente noti e sperimentati dal Crea-CI di Bologna come buona pratica agricola che andrebbe opportunamente incentivata nell’ambito delle misure agroambientali previste dai Piani di Sviluppo Rurale regionali. La strategia che i ricercatori stanno mettendo a punto prevede, quindi, l’utilizzo di sovesci ad azione biofumigante e non, inseriti nelle finestre offerte dalle rotazioni colturali della patata, con l’obiettivo di coprire i periodi in cui il terreno rimane nudo. A tal riguardo, sono state individuate e selezionate: Brassicaceae biofumiganti come Brassica juncea; Brassicaceae con funzione di piante trappola come Eruca sativa; leguminose tropicali ad azione allelopatica come Crotalaria juncea più conosciuta a livello internazionale come sunn hemp, che è oggetto da diversi anni di svariati studi come specie da cover crops/intercropping da inserire nella rotazione aziendale per la sua azione di soppressione anche di vari nematodi fitopatogeni.

Interessanti sono i primi risultati ottenuti da una sperimentazione effettuata nel 2019 dal Crea-CI, sempre nel bolognese, su terreno con elevata infestazione larvale di elateridi che dimostra un’azione sostenuta di contenimento dei danni sui tuberi seguito del ricorso a sovescio di C. juncea, seminato ad agosto 2018 con terminazione dello stesso mediante trinciatura e successivo interramento in ottobre. L’applicazione del sovescio con C. juncea, ha mostrato come effetto una riduzione della presenza di larve nel terreno.

Altra importante strategia di lotta è individuare e destinare alla coltivazione gli appezzamenti con ridotte popolazioni di elateridi in grado di danneggiare in modo significativo i tuberi. Vanno evitati, per quanto possibile, appezzamenti in terreni torbosi e/o dove nell’anno o nei 2 anni precedenti sono state presenti colture che facilitano la riproduzione di elateridi come prato di graminacee, medica, doppie colture (cereali vernini-mais, loiessa-mais, loiessa-soia) e, in generale, i terreni che negli anni prima hanno avuto copertura continua di vegetazione, in cui il rischio di attacco di fitofagi ipogei (non solo elateridi) è molto maggiore. Per quanto concerne l’impiego di strategie di difesa fitosanitaria diverse dai prodotti fitosanitari di sintesi chimica si evidenzia che ciò comporta un cambio di mentalità da parte dell’agricoltore in quanto sono spesso caratterizzati da modalità di impiego meno semplici e spesso richiedono tempi più lunghi per un controllo efficace degli elateridi, non comparabili con quelli dei trattamenti con sostanze attive di sintesi chimica.

Il loro impiego richiede, pertanto, approcci tecnici e culturali diversi dal solito: ad esempio, il loro utilizzo come interferenza sullo sviluppo delle popolazioni di elateridi nell’ambito della rotazione, ben prima della semina della patata. Possono, pertanto, rientrare in strategie di tipo preventivo e/o in applicazioni per proteggere la coltura nel breve termine. Tra questi si segnalano, principalmente, alcune farine, pellets e piante biocide che rilasciando isotiocianati, hanno dimostrato in condizioni controllate, ma anche di pieno campo, una rilevante attività di contenimento nei confronti delle larve di elateridi. Farine e pellets possono essere utilizzati a seconda della specie per controllare in anticipo le popolazioni, particolarmente se distribuite, prevedendo le colture in rotazione, nei periodi di presenza degli stadi più suscettibili delle specie di elateridi prevalenti in zona. Le emulsioni oleose di farine biocide, invece, sono ideate per tecniche di gestione agronomica che prevedono l’uso
localizzato di tali bioprodotti a basso volume. Anche in questo caso l’azione è dovuta al rilascio di isotiocianati molecole bioattive con possibile effetto repellente per le larve di elateridi che sono ammessi anche in agricoltura biologica. L’applicazione dei sovesci associati a bioprodotti come farine bioattive di cui si è sopra accennato in un’ottica di prevenzione, diventano un vero e proprio sistema colturale che deve essere impostato e definito in funzione delle diverse problematiche della singola impresa agricola allo scopo di definire sistemi atti al miglioramento della fertilità chimica e biologica dei suoli agrari, che contemporaneamente riducano i livelli di danno degli organismi nocivi, compresi fitofagi come gli elateridi.

I risultati ottenuti dalle sperimentazioni sopra evidenziate e le nuove trappole a feromoni per il monitoraggio delle popolazioni di elateridi consentono, da subito, l’applicazione di una difesa integrata che permetta di ottenere tuberi con bassa incidenza di danni da elateridi senza ricorrere all’uso di geoinsetticidi o perlomeno limitando l’uso di questi ultimi alle sole superfici con popolazioni elevate di elateridi su cui si intenda comunque seminare patata. Esse devono essere parte di una gestione complessiva dell’azienda agricola: il pataticoltore, per ciascun reparto aziendale, oltre alle altre informazioni agronomiche fondamentali, dovrebbe conoscere quali livelli di popolazione delle principali specie di elateridi sono presenti.

Concludendo, siccome la difesa integrata innovativa si attua utilizzando in modo sinergico un insieme di strategie, privilegiando quelle non chimiche, quante più delle strategie sopra illustrate si riesce a porre in essere allo stesso tempo, tanto più si riuscirà a ridurre i danni limitando allo stretto indispensabile i trattamenti chimici.

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