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Sostenibilità degli impianti eolici, vale il principio di precauzione

Per la realizzazione di impianti eolici, il principio di precauzione legittima un approccio maggiormente conservativo in presenza di circostanze che evidenzino aspetti problematici che possono anche essere legate al cumulo dell’impatto su ambienti e specie protette.

Così il Tar Marche, con la sentenza n. 139 del 4 marzo 2019 ha rigettato il ricorso con cui la società proponente ha impugnato il provvedimento regionale di diniego della Valutazione di impatto ambientale per un progetto di Impianto eolico da 3,6 MWe, nel Comune di Serrapetrona, consistente nell’installazione di un aerogeneratore ad asse orizzontale con altezza al mozzo di 117 metri, con pale di diametro pari a 126 metri ed un elettrodotto interrato, lungo circa 600 metri.

Nella pronuncia il Tar ha chiarito, in particolare, che la valutazione di impatto ambientale “non è un mero atto (tecnico) di gestione, trattandosi, piuttosto, di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico-amministrativo, con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico-sociale) e privati”.

Il Tribunale amministrativo ha precisato, quindi, che riguardo alla realizzazione di impianti eolici il principio di precauzione che governa il settore può legittimare un approccio maggiormente conservativo in presenza di circostanze che evidenzino aspetti problematici che possono anche essere legate al cumulo dell’impatto su ambienti e specie protette, anche qualora gli impianti non sorgano direttamente sul sito oggetto di protezione.

La valutazione di impatto ambientale, quindi, non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale di un’opera, ma implica una complessa ed approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero (Cons. Stato, V, 2 ottobre 2014, n. 4928).

La pronuncia, nel sottolineare l’esigenza di una valutazione globale del progetto, alla luce di tutti gli apporti procedimentali provenienti dagli enti coinvolti, si inserisce, favorevolmente, nell’ambito della giurisprudenza che riconosce la necessità, ai fini della sostenibilità dell’ubicazione degli impianti di produzione di energia, di procedere ad un esame accurato di tutti i possibili impatti ed interessi sottesi.

Al riguardo, infatti, occorre ricordare che con riferimento alla localizzazione di impianti di produzione di energia a fonti rinnovabili in area agricola, la normativa vigente (articolo 12, comma 7 d.lgs. n.387 del 2003) consente l’ubicazione anche in zone classificate agricole di impianti di produzione di energia elettrica, alimentati a fonti rinnovabili. Sebbene la giurisprudenza sia stata più volte chiara nel precisare che la norma non intende consentire in via ordinaria l’installazione di impianti energetici in area agricola, ma rappresenta una fattispecie derogatoria introdotta per consentire, in via del tutto eccezionale, la costruzione in zona agricola di impianti che, per loro natura, sarebbero incompatibili con la predetta destinazione (cfr. Cons. St., Sez. V, 26 settembre2013, n. 4755), al momento, la mancanza, in alcune Regioni, di adeguati limiti alla possibilità di installare impianti in area agricola è causa di molteplici interventi speculativi sul territorio, con la sottrazione di ingenti areeall’uso agricolo.

Tale situazione rischia di causare il progressivo impoverimento ed indebolimento del territorio, perché la perdita di suolo agricolo e di agricoltura costituisce una importante criticità, determinando il mancato presidio da parte delle imprese e la significativa diminuzione di produzione agroalimentare distintiva, con conseguenze negative in termini di sicurezza alimentare e di qualità ambientale.

In questo contesto, al fine di assicurare un limite di compatibilità che impedisca di annullare i valori identitari e culturali dei territori, risulta determinante il ruolo delle amministrazioni locali, considerando che l’adozione degli atti di programmazione e di pianificazione per assicurare che l’installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili non contrasti con la tutela dell’ambiente, del paesaggio, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale è una precisa responsabilità della Regione, riconosciuta dal decreto ministeriale 10 settembre 2010 (“Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”) e degli enti locali.

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