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Combustione dei residui di potatura, per la Corte costituzionale è normale pratica agricola

L’abbruciamento in loco dei residui vegetali va considerato, da sempre, ordinaria pratica applicata in agricoltura e nella selvicoltura ed è nel potere della Regione legiferare in merito. Questo è quanto chiarito dalla Corte Costituzionale, in diverse sentenze, chiamata a pronunciarsi sulle norme approvate dalle Regioni per disciplinare la fattispecie, nelle more della definizione di una normativa statale di riferimento (cfr. sentenze Corte Costituzionale n.16/2015 e 38/2015).

Il problema interpretativo si era posto, inizialmente, a causa della diffusione sul territorio di interpretazioni contraddittorie e, talvolta, di indicazioni contrastanti da parte delle Pubbliche Amministrazioni e degli organi di controlli sulla questione relativa all’applicabilità della normativa in materia di rifiuti alla fattispecie della combustione controllata sul luogo di produzione degli scarti di potatura derivanti dalle attività agricole. 

A ciò si era aggiunta la complicazione derivante dalla approvazione, nell’ambito del decreto legge 10 dicembre 2013, n.136 (cd. Decreto Terra dei fuochi), delle disposizioni penali sulla combustione illecita di rifiuti che, se interpretate in maniera restrittiva, rischiavano di rendere addirittura applicabili onerosissime sanzioni penali alle ipotesi di combustione controllata dei residui vegetali prodotti nell’ambito delle attività agricole.

Nelle more, quindi, della approvazione di una norma nazionale, molte Regioni hanno provveduto, nell’ambito della propria competenza, a disciplinare la materia. Tali norme sono state impugnate davanti alla Corte costituzionale.Successivamente, il legislatore statale è intervenuto sulla materia, con l’art. 14, comma 8, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 che precisa che le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f) del codice ambientale medesimo, effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti e non attività di gestione dei rifiuti» (art. 182, comma 6-bis, del d.lgs. n. 152 del 2006).

Al tempo stesso, il legislatore statale ha vietato la combustione di residui vegetali agricoli nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni e ha attribuito ai comuni e alle altre amministrazioni competenti in materia ambientale «la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all’aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10)».

La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulle leggi regionali, ha precisato che, come attestato a più riprese dalla Corte di Cassazione (si veda, da ultimo, la sentenza 7 gennaio 2015, n. 76), l’articolo 185, comma 1, lettera f), del codice dell’ambiente (e quindi anche le corrispondenti disposizioni della direttiva n. 2008/98/CE) consentiva – pure anteriormente all’introduzione del comma 6-bis all’art. 182 – di annoverare tra le attività escluse dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti l’abbruciamento in loco dei residui vegetali, considerato ordinaria pratica applicata in agricoltura e nella selvicoltura.

In tale prospettiva, ha ritenuto che il legislatore regionale fosse legittimamente intervenuto sul punto, nell’esercizio della propria competenza nella materia «agricoltura», di carattere residuale per le Regioni a statuto ordinario ed esclusiva per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia. Ha inoltre precisato che: “peraltro, dato che attiene alla «tutela dell’ambiente», di competenza esclusiva dello Stato, la definizione degli ambiti di applicazione della normativa sui rifiuti, oltre i quali può legittimamente dispiegarsi la competenza regionale nella materia «agricoltura e foreste», restano fermi i vincoli posti dal sopravvenuto comma 6-bis dell’art. 182 del codice dell’ambiente al fine di assicurare che l’abbruciamento dei residui vegetali in agricoltura – in conformità del resto a quanto stabilito dalla normativa dell’Unione europea – non danneggi l’ambiente o metta in pericolo la salute umana”.

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