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Commissione Ue, tasse sui cibi non sani meglio delle campagne informative

Nel corso della riunione della Commissione europea per l’ambiente, la salute pubblica e la sicurezza alimentare, il Commissario europeo Tonio Borg ha dichiarato che le tasse sui cibi non sani sono più efficaci delle campagne informative di prevenzione.

Borg sostiene infatti che “tutti gli studi riguardanti le misure per ridurre il consumo mostrano che, contrariamente alla percezione pubblica, quelle che hanno maggiore effetto sono proprio quelle fiscali. E questo vale anche per i prodotti alimentari. Se si alzano i prezzi per i cibi non sani, il consumo diminuisce”.

Tuttavia Borg non ha fatto alcuno specifico riferimento ad esempi pratici di food taxes, come ad esempio quella adottata dal governo ungherese che prevede un tributo addizionale sugli alimenti industriali ad alto contenuto di sale e zuccheri.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità da tempo sta promuovendo fortemente l’uso delle imposte sui cibi non salutari per cambiare il comportamento della popolazione. E sono sempre di più i paesi intenzionati a seguire l’esempio ungherese o quello della Francia che ha introdotto all’inizio lo scorso anno la tassa sui soft drink, ritenuti responsabili dell’aumento dei casi di obesità tra la popolazione.

Solamente la Danimarca di recente ha fatto un passo indietro abrogando la tassa sulle bevande analcoliche (che era in vigore da lunga data) e ancor prima ritirando la tassa sui grassi saturi. La motivazione che avrebbe indotto il governo danese a fare dietrofront sarebbe la perdita di posti di lavoro minacciati dall’industria del settore.

In un recente sondaggio condotto in Irlanda (un altro paese che sta valutando l’ipotesi di introdurre la tassa sui soft drink), oltre la metà degli intervistati hanno dichiarato che – anche se la tassa fosse solo del 10 per cento sul prezzo di una bibita – sarebbero comunque meno propensi all’acquisto. Il sondaggio avrebbe anche mostrato come le donne siano più sensibili alla tassa rispetto agli uomini, e che la fascia di età che si è dimostrata più influenzabile dall’imposta è quella tra i 25 e i 54 anni.

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