il Punto Coldiretti

Controllo selvatici, al parco inadempiente si sostituisce la Regione

La Corte costituzionale ha salvato la legge regionale del Veneto che disciplina gli interventi di contenimento della fauna selvatica nei territori esclusi dall’attività di caccia, attraverso la previsione di metodi ecologici e piani di abbattimento, nonché l’esercizio del potere sostitutivo in caso di inerzia degli enti titolari delle funzioni di gestione faunistica. La legge regionale è perfettamente in linea con le norme statali in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema di cui alla l. 157 del 1992 e con la legge quadro sulle aree protette, ai sensi della l. n. 394 del 1991 perché interviene nei limiti e nel rispetto delle competenze attribuite ad un ente nazionale come l’ISPRA chiamato a verificare l’efficacia dei metodi ecologici ai fini del contenimento della fauna selvatica. I piani di abbattimento possono infatti essere autorizzati dalla Provincia solo se l’ISPRA ha dichiarato tali metodi non efficaci.

Inoltre, bene ha fatto la legge regionale a riconoscere un potere sostitutivo al Presidente della Giunta regionale nelle ipotesi in cui gli enti titolari delle funzioni di gestione faunistica non adottino i provvedimenti opportuni per limitare la presenza della fauna selvatica in aree non ammesse alla caccia. La regione non ha agito con l’intenzione di ampliare la propria sfera di competenza in ambiti nei quali la legge statale espressamente vieta l’esercizio venatorio, come nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali, ma ha disposto un proprio intervento nelle ipotesi di inerzia degli organi appositamente addetti a controllare e gestire la fauna selvatica nel territorio regionale.

Il fattore “tempo” riveste un ruolo fondamentale nel rapporto tra imprenditori agricoli e fauna selvatica: cinghiali, lupi, faine, procioni ed altri ungulati, come pure i volatili, sono in grado di distruggere in tempi rapidissimi tutte le produzioni agricole e zootecniche, le strutture aziendali agricole, le infrastrutture agricole e gli impianti produttivi nei quali si imbattono. Se si pensa ai costi ingenti che gli agricoltori sono obbligati a sostenere per provvedere alla rimozione delle colture danneggiate, alla raccolta prematura delle produzioni distrutte, al loro trasporto in discarica, e, in generale, alle attività di rimessione in pristino, si comprende l’importanza che riveste la necessità di agire in via preventiva.

E proprio alla luce di tali considerazioni, la Corte, realizzando un corretto bilanciamento degli interessi in gioco, ha riconosciuto alla Regione il potere di agire sostituendosi al titolare delle funzioni di gestione faunistica con lo scopo di evitare che il decorso del tempo senza l’adozione di un provvedimento efficace possa nuocere agli agricoltori. La decisione della Corte consente, inoltre, di riflettere sulla scelta di dichiarare illegittima la disposizione regionale che include tra le persone idonee ad eseguire gli interventi di contenimento della fauna selvatica anche i cacciatori residenti nei relativi ambiti territoriali di caccia e comprensori alpini, essendo competente lo Stato e non la Regione, nella individuazione dei soggetti abilitati. Tuttavia, la legge 157 del 1992 consente alle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali di avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani di contenimento, quando siano muniti di licenza per l’esercizio venatorio, e la legge sulle aree protette consente ai cacciatori residenti di partecipare a piani e programmi venatori. Il carattere speciale di tale normativa e la tassatività delle persone individuate dalla l. 157 del 1992 non avrebbero dovuto rappresentare un ostacolo al riconoscimento dei cacciatori quali soggetti abilitati, considerato che il possesso della licenza costituisce il presupposto anche per le altre categorie di ammessi e che la norma regionale richiamava i soli residenti, i quali, per la conoscenza approfondita del territorio e delle problematiche ad esso collegate, avrebbero potuto fornire il loro contributo nella lotta al contenimento della fauna selvatica e nella tutela delle attività agricole.

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