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Corte Europea, ok a divulgare i nomi delle industrie che producono “cibo inadatto al consumo”

La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che le autorità nazionali, sotto la propria responsabilità esclusiva, potranno fare menzione non solo dei prodotti destinati al ritiro, ma anche di imprese, marche, trasformatori e distributori.

La decisione scaturisce dalla risoluzione di un caso specifico, condotto in Germania (C636/11), dove un trasformatore di selvaggina è stato accusato di scarse condizioni igieniche e le autorità hanno diramato avvisi pubblici. L’Autorità Bavarese sulla Salute e Sicurezza Alimentare aveva quindi chiesto all’impresa di informare i consumatori ed effettuare il ritiro del prodotto.

L’impresa, al contrario, aveva proposto la restituzione del prodotto al consumatore con semplice sostituzione perché – a suo dire – la presenza di semplici difetti sensoriali non costituiva alcun rischio per la sicurezza alimentare. Vista la mancanza di chiarimenti, le autorità bavaresi hanno diffuso comunicati nei quali si sottolineava come ben 6 campioni su 9 fossero in condizioni di avanzata putrefazione e presentassero odori ripugnanti, in ragione delle condizioni rivoltanti di igiene aziendale.

In seguito, l’azienda avrebbe dichiarato insolvenza, in ragione dei mancati guadagni che voleva imputare ai messaggi delle autorità pubbliche sul suo conto, accusandole di aver dichiarato dannosi i propri prodotti quando in realtà sarebbero stati semplicemente “inadatti al consumo umano”.

Chiamata ad esprimersi sulla questione, la Corte di Giustizia Ue è allora pervenuta alla conclusione che per assicurare la massima protezione possibile dei consumatori, si possano diramare messaggi rivolti anche ad alimenti “non adatti al consumo umano” e non semplicemente “dannosi”. Se quindi il cibo non è adatto al consumo umano, non copre i requisiti richiesti dall’articolo 14 del reg. (CE)178/2002.

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