il Punto Coldiretti

Bio Made in Italy da record, ora serve l’etichetta d’origine

Una scommessa vinta. Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, rivendica la lungimiranza della scelta  dell’organizzazione di puntare sul biologico quando ci credevano in pochi. E così oggi il racconto è di una storia diversa rispetto ai pochi ettari coltivati  qualche anno fa che sono diventati quasi 2 milioni.  Ma  resta ancora molta strada da percorrere per le imprese agricole impegnate sul biologico. E una priorità – ha  spiegato il presidente di Coldiretti – è  l’obbligo di indicare l’origine della materia prima anche sui cibi biologici, una scelta obbligata per garantire la tutela del consumatore ed esaltare l’italianità dando così  più valore aggiunto alle imprese agricole italiane. Prodotti bio senza  etichette trasparenti sull’origine sono a rischio. Il tema è stato al centro dell’incontro promosso dalla Coldiretti  con le istituzioni, il ministro delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, il segretario generale della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, il direttore generale di Ismea, Raffaele Borriello,  una nutrita rappresentanza di parlamentari e  il direttore generale dell’ente Fiere di  Verona, Giovanni Mantovani.

Proprio Gesmundo ha espresso la sensazione che non tanto il Governo nel suo complesso, ma le burocrazie che  lo sostengono non abbiano capito appieno il senso compiuto che il meccanismo del biologico ha nella strategia  Strategia Farm to Fork, mentre in Francia un terzo del programma è intestato alla transizione ecologica con un ruolo importante del bio nella narrazione.

I numeri  del  report Ismea Bio in cifre 2020  scattano la fotografia di un settore in crescita sul fronte delle superfici, degli operatori (oltre 80.000), del valore della produzione  (5,6 miliardi) e dei consumi  che, sotto la spinta della svolta green degli italiani, favorita dall’emergenza Covid 19  hanno raggiunto  la cifra record di 3,3 miliardi. La leadership dell’Italia è indiscussa,  ma si avverte il pressing delle importazioni soprattutto dai Paesi extra comunitari che non rispettano i rigidi disciplinari applicati dai nostri agricoltori. I controlli  che garantiscono lo stesso trattamento in tutti gli Stati membri sono fondamentali, ma è importante, secondo Prandini, investire sulla formazione per comunicare alle nostre imprese le opportunità che si aprono e le possibilità di crescita sui mercati.  La domanda  di prodotti bio  è intensa  ed è dunque possibile rafforzare l’export  in  molti settori a partire dal vino.

L’agricoltura italiana anche convenzionale  è un’eccellenza con un livello molto più basso di emissioni rispetto ai partner comunitari, ma manca ancora una corretta comunicazione  e questo,  secondo il presidente della Coldiretti, vale per l’agricoltura tradizionale, per quella biologica e per la biodinamica. Serve anche – ha aggiunto – un cambio di passo sul piano della burocrazia perché oggi un terzo del tempo di lavoro i nostri imprenditori lo impegnano sulle carte e spesso si tratta di richieste di documenti duplicati di quelli presenti nel fascicolo aziendale che racconta tutto quello che fanno le nostre imprese.  Occorre poi riconoscere agli agricoltori il giusto reddito. Altrimenti si rischia di perdere opportunità per garantire uno sviluppo sostenibile e  aprire  spazi ai giovani.

Il ministro Bellanova  ha ricordato che è in corso una consultazione sul piano di azione Ue per il biologico che ha l’obiettivo di arrivare al 25% della sau  coltivata. Per  individuare quale  modello di biologico puntare – ha detto Bellanova – è importante il confronto promosso dalla Coldiretti. La ministra ha insistito molto sulle regole: il biologico made in Italy è la punta di diamante della biodiversità e sostenibilità e abbassare l’asticella significa favorire i competitor. Sì quindi  l’aumento delle produzioni bio, ma tendendo conto delle peculiarità. Ha auspicato un aumento dei consumi bio nelle mense con un obiettivo  salutistico ed educativo.

Bellanova ha battuto il tasto dei controlli e ha annunciato l’impegno dell’Italia a modificare la normativa con l’introduzione del principio di conformità. Per  essere venduti in Italia i prodotti dovranno rispettare  le nostre regole: bene i mercati aperti ma con norme chiare e rispettate da tutti.   La ministra ha lanciato un appello ad approvare il Testo unico  per dare più slancio e opportunità al settore.

“L’agricoltura biologica rappresenta un tassello sempre più importante dell’agroalimentare italiano di qualità –  ha affermato il direttore generale dell’Ismea, Raffaele Borriello –  promuovere il ricorso a materia prima italiana certificata riducendo i volumi delle importazioni potrà inoltre fornire un ulteriore stimolo di crescita al comparto e concorrere al raggiungimento del target del 25% di superficie investita a coltivazioni biologiche, indicato nella strategia Farm to Fork, uno dei pilastri del New Green Deal. Un’occasione – ha concluso-  – da non perdere, visto anche il boom di domanda di prodotto 100% italiano a cui abbiamo  assistito negli ultimi anni”.

Azioni sui controlli,  digitalizzazione, formazione e  semplificazione sono state le questioni al centro del dibattito animato dai parlamentari della commissione Agricoltura della Camera, Maria Chiara Gadda,  Susanna Cenni e della Commissione Agricoltura del Senato Francesco Battistoni  e dal presidente di Federbio, Maria Grazia Mammuccini.

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