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Covid: nuova stretta sugli agriturismi, in 5mila chiusi nelle regioni a rischio

Oltre 5mila agriturismi sono costretti a chiudere nelle aree classificate di gravità massima o elevata in base al rischio contagio da coronavirus, dove è stata totalmente inibita l’attività di ristorazione per effetto del nuovo Dpcm in vigore dal 6 novembre al 3 dicembre che divide il Paese in tre fasce, rossa, arancione e gialla, in base alla gravità dell’ondata di contagi. Nelle regioni cosiddette rosse (Lombardia, Piemonte, Calabria e Valle d’Aosta) e in quelle arancioni (Puglia e Sicilia) sono, infatti, sospese le attività dei servizi di ristorazione e quindi anche la somministrazione di pasti e bevande da parte degli agriturismi. Resta consentita la sola ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto, e fino alle ore 22:00 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle adiacenze.

Si tratta di un colpo drammatico a più di 1 azienda agrituristica su 5 attiva livello nazionale con la cancellazione di oltre 140mila posti a tavola.
Nelle aree rosse c’è anche il divieto di ogni spostamento in entrata e in uscita (salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità o per motivi di salute). Sono sospese anche le attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità che comprendono la vendita al dettaglio di fiori, piante, bulbi, semi e fertizzanti, sia negli esercizi di vicinato sia nelle medie e grandi strutture di vendita, anche ricompresi nei centri commerciali, purché sia consentito l’accesso alle sole predette attività.

I centri commerciali devono rimanere chiusi nei giorni festivi e prefestivi, a eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, tabacchi ed edicole ivi ubicati. Sono chiusi, indipendentemente dalla tipologia di attività svolta, i mercati, salvo le attività dirette alla vendita di soli generi alimentari. Restano aperte le edicole, i tabaccai, le farmacie e le parafarmacie.

Limitazioni permangono però anche sulla parte del territorio nazionale fuori dalle due fasce più critiche dove le attività di ristorazione sono consentite solo dalle ore 5,00 alle 18,00 con la possibilità sempre della consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 della ristorazione con asporto. La gran parte delle aziende, che si trovano lontano dai centri urbani, la pausa pranzo non è sufficiente per garantire la copertura dei costi e quindi si preferisce chiudere.

Eppure gli agriturismi in aperta campagna sono i luoghi più sicuri in cui le distanze si misurano in ettari e non in metri, in cui gustare il meglio della tradizione locale. Pur di resistere molti agriturismi di Terranostra si stanno tuttavia organizzando per non fare mancare i menu tradizionali della cucina contadina sulle tavole degli italiani con consegne a domicilio e asporto.

L’emergenza Covid colpisce in complesso oltre 24mila aziende agrituristiche che da nord a sud della Penisola stavano tentando una difficile ripartenza dopo il prezzo pagato al primo lockdown di primavera.

“Servono dunque ristori immediati e un piano nazionale che metta in campo tutte le azioni necessarie per non far chiudere per sempre attività che rappresentano un modello di turismo sostenibile grazie ai primati nazionali sul piano ambientale ed enogastronomico” conclude Diego Scaramuzza, presidente degli agriturismi di Terranostra Coldiretti.

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