Florovivaismo, record export 2019 ma settore a rischio per Coronavirus
E’ record per il florovivaismo italiano, ma, paradossalmente, è a rischio la sua sopravvivenza. Lo afferma la Coldiretti sulla base dell’analisi dell’import-export di prodotti florovivaistici negli ultimi 20 anni. Il 2019 appena concluso ha fatto segnare il record per le esportazioni florovivaistiche del nostro paese, con ben 904 milioni di euro di piante, fiori e fronde, a fronte di 526 milioni di euro di importazioni, con un saldo positivo pari a 378 milioni di euro, in crescita rispetto al 2018 (+3%). Le principali destinazioni dei prodotti florovivaistici italiani sono la Francia (188 milioni di euro), la Germania (159 milioni di euro) e l’Olanda (153 milioni di euro). Le importazioni italiane arrivano da Olanda (375 milioni di euro), Germania (23 milioni di euro), Spagna (18 milioni di Euro). Analizzando le serie storiche si osserva come 10 anni fa l’Italia esportasse prodotti florovivaistici per 657 milioni di euro, con un import pari a 563 milioni di euro, per un saldo attivo pari a 94 milioni di euro, mentre 20 anni fa l’export florovivaistico era pari a 492 milioni di euro e l’import 437 milioni di euro, per un saldo positivo pari a 55 milioni di euro. Nel corso degli anni il florovivaismo italiano ha saputo reinventarsi a causa delle crisi determinate dalla globalizzazione degli scambi, perdendo terreno sui fiori recisi, a causa della concorrenza spesso sleale di produzioni che non rispettano le stringenti normative ambientali nazionali e poco etiche, inventandosi nuovi percorsi nelle piante in vaso, da esterni, nelle fronde, etc., riemergendo come paese protagonista nello scenario delle produzioni florovivaistiche, nonostante le difficoltà provocate al settore dalla chiusura di molte destinazioni per pretestuose motivazioni fitosanitarie legate alla Xylella. Oggi l’emergenza Coronavirus sta mettendo in ginocchio uno dei settori più belli e amati del made in Italy, con una stima di un miliardo (di pezzi) di fiori e piante che nell’ultimo mese sono appassiti e andati distrutti a causa del divieto di cerimonie come battesimi, matrimoni, lauree e funerali, dell’obbligo di chiusura di fioristi, garden, cimiteri, mercati, ma anche per il blocco della mobilità delle persone, in conseguenza delle misure di prevenzione sanitaria per contrastare la diffusione del virus Covid-19, adottate in Italia, con diversi decreti, a partire dall’8 di marzo. In difficoltà sono anche le esportazioni con i blocchi al confine ed in dogana di diversi paesi, UE ed extra-UE, i ritardi e gli ostacoli al trasporto su gomma, con la richiesta di tanti paesi di quarantena per gli autisti, anche se loro concittadini, mentre i controlli causano decine di km di code alla frontiera. In Italia sono crollati gli acquisti di fiori recisi, di fronde e fiori in vaso, le produzioni tipiche della primavera e si sono fermate anche le vendite e l’export di alberature e cespugli, in un periodo in cui, per molte aziende, si realizza oltre il 75% del fatturato annuale, grazie ai tanti appassionati dal pollice verde che con l’aprirsi della stagione riempiono di piante e fiori case, balconi e giardini. Proprio per dare una prima risposta al problema la Coldiretti ha chiesto e ottenuto dal Governo di consentire la vendita di semi, piante e fiori ornamentali, piante in vaso, fertilizzanti, ammendanti e di altri prodotti simili in supermercati, mercati, punti vendita e vivai. Una prima stima, approssimativa, calcola in circa 1 miliardo di pezzi, tra fiori recisi e piante non commercializzate/distrutte. Il danno totale dipenderà ovviamente dal numero di mesi di blocco, considerando che la primavera è totalmente a rischio e che, vista la stagionalità del settore e degli acquisti, per il ritorno ad un mercato normale si dovrà probabilmente attendere almeno settembre. Il rischio è quello che, senza interventi specifici di sostegno per un settore che paga non situazioni di mercato o errate programmazioni colturali, ma decisioni assunte nell’ottica di tutelare la salute della popolazione, alla ripresa delle normali attività non ci sia più un florovivaismo italiano, completamente cancellato dalla crisi. Se non ci saranno interventi drastici, la prospettiva è quella di non avere più una produzione nazionale di fiori, piante e fronde. |
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