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Pasqua, il consumatore riscopre la carne di agnello e premia il Made in Italy

Il forte impegno che caratterizza da anni l’attività della Coldiretti per la tutela del made in Italy, anche e soprattutto con una corretta informazione, e per il contrasto delle fake news, che rischiano di mettere all’angolo alcune produzioni tipiche della tradizione nazionale, ha ottenuto i primi risultati. Nella Pasqua 2019 infatti tornerà sulle tavole la carne d’agnello insieme ad altre specialità, dai salumi ai formaggi alle uova, fino ai dolci. L’onda lunga vegana si sta ridimensionando e oggi l’incidenza di chi bandisce tutti i prodotti zootecnici non supera il 3%. Sul 51% delle tavole ci sarà dunque la carne d’agnello secondo i tradizionali menù pasquali. Lo ha certificato l’indagine Coldiretti/Ixè presentata in occasione dell’iniziativa “Qualità e origine in tavola” promossa da Coldiretti in collaborazione con il Codacons. Secondo l’indagine 8 consumatori su 10 scelgono i menù tradizionali e l’88% vuole carne di origine nazionale. E cresce l’esercito di coloro che si indirizzano per gli acquisti direttamente dagli allevatori. O, in alternativa, nei mercati di “Campagna amica”.

Una rete di 1.187 mercati che rappresentano non solo luoghi dove fare la spesa scegliendo prodotti di qualità, del territorio , di stagione e con il prezzo giusto, ma che diventano anche occasioni di incontro con gli agricoltori per acquisire le conoscenze per acquisti consapevoli. I mercati di Campagna amica sono gettonati anche dai giovani: il 70% dei frequentatori è di età compresa tra 35 e 60 anni, il 20% è rappresentato da under 30.

Acquistare la carne di agnello non solo significa soddisfare il gusto, ma anche sostenere un settore importante dell’economia agricola. La maggior parte degli acquisti di carne di agnello si concentra infatti nel periodo pasquale e in quello natalizio. Ogni anno nel periodo pasquale vengono consumati circa 800mila agnelli. La produzione italiana si ferma però a 410mila e dunque la metà dell’offerta arriva dall’estero, in particolare Romania, Grecia e Macedonia con il rischio che tali carni poi “acquisiscano” la carta d’identità italiana. L’offerta italiana è qualificata e nel Centro Sud è caratterizzata da 3 Igp. Oggi sono 1.000.000 i capi certificati con un valore per le tre Igp di 80 milioni di euro.

Un’economia, quella degli allevamenti di pecore, importante, ma che è stata messa a dura prova dal crollo del prezzo del latte. E non solo, in alcune regioni del Centro come l’Abruzzo e il Lazio le aziende hanno dovuto fronteggiare anche l’emergenza del terremoto.
Ma alla vigilia di Pasqua è arrivato un segnale positivo: in Sardegna gli agnelli sono stati venduti, vivi, a 5,80 euro, un prezzo decisamente superiore ai 2,40 di qualche mese fa e comunque – ha detto Battista Cualbo, presidente del Consorzio Agnello sardo -, queste quotazioni non si erano mai viste. Secondo i dati Ismea il prezzo medio 2019 a marzo si è attestato a 2,94euro/kg, in flessione del 16% rispetto ai listini di marzo 2018 (3,5 euro/kg.)

E’ però fondamentale orientarsi sulle carni italiane che provengono da allevamenti sicuri in cui viene rispettato il benessere animale. E dunque non si può fare a meno dell’indicazione in etichetta dell’origine delle produzioni agroalimentari che – ha affermato Carlo Rienzi, presidente del Codacons – deve consentire al consumatore di conoscere la provenienza di quello che porta in tavola.

Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, ha evidenziato i temi di confronto dei prossimi mesi. Corretta informazione anche per contribuire a mantenere la biodiversità, etichetta soprattutto che da 2020 deve diventare un obbligo in tutta la Ue, ma partendo dallo stato membro e poi attenzione ai nuovi accordi internazionali. Prandini condivide l’impegno a rafforzare export e internazionalizzazione, ma senza abbassare la guardia. Ha ricordato, il negoziato con la Nuova Zelanda che favorirà gli acquisti di ovi-caprini neozelandesi. Per il presidente di Coldiretti occorre per questo rafforzare la valorizzazione delle nostre produzioni anche per sostenere le potenzialità dei giovani agricoltura. E la condizione fondamentale è di assicurare loro le giuste soddisfazioni di lavoro e reddito. E proprio per quanto riguarda la zootecnia ha denunciato la redditualità non giusta in stalla e la crisi del settore ovino – ha detto- non riguarda solo il latte, ma anche la carne.

Secondo Prandini se si riuscirà a comunicare in modo corretto i valori della distintività dell’offerta made in Italy e della biodiversità “si può vincere”. Il presidente della Coldiretti ha anche evidenziato l’inversione di tendenza sul consumo delle carni e ha invitato a non fermarsi. Nel futuro c’è anche un impegno sulla ristorazione per puntare a un menù nel quale venga indicata l’origine dei prodotti.

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