il Punto Coldiretti

Prandini: “Dai vermi al vino, basta con questa Europa ostaggio delle multinazionali”

“La salute non c`entra nulla, qui si parla di soldi, di lobby che imperversano a Bruxelles e di un`Europa che è ostaggio delle multinazionali, altro che di un bicchiere di vino». E’ l’attacco lanciato dal presidente della Coldiretti Ettore Prandini in un’intervista al quotidiano La Verità dove spazia a tutto campo, dal via libera alle etichette allarmistiche sul vino agli attacchi alla zootecnia, dalla strategia Farm to Fork a Big Pharma, fino agli insetti a tavola.

«I vermi nel piatto – dice il presidente di Coldiretti – sono la manifestazione più evidente che Bruxelles è totalmente fuori sintonia con la gente. Gli italiani li rifiutano, ma così gran parte degli europei M`interessa però fare chiarezza sul vino. Per noi significa 14 miliardi di fatturato, di cui oltre la metà all`estero. Vendiamo circa 3,5 miliardi di vino in Europa e oltre 4 nel resto del mondo, con gli Usa che sono il nostro miglior cliente e dove abbiamo costruito una cultura della qualità, del bere responsabile. Siamo il primo produttore mondiale, secondi dietro la Francia per valore dell`export, ma siamo il Paese che ha il più consistente accrescimento del valore della produzione. Difendere il settore vitivinicolo è difendere l`economia e la cultura italiane. L`Irlanda non produce vino, ma ospita grazie al suo regime fiscale che fa dumping al resto d`Europa le multinazionali del bere che stanno spendendo miliardi in comunicazione e che vogliono erodere quote di mercato. Per loro è conveniente promuovere bevande che con la chimica magari riproducono anche gli aromi del vino ed è indispensabile togliere dal mercato un concorrente come l`Italia».

Una scienziata diventata famosa grazie al Covid, la professoressa Antonella Viola, applaude all`Irlanda, peraltro già imitata dal Canada, e dice che il vino come tutto l`alcol fa malissimo. Chi beve vino ha il cervello piccolo…
«Mi dispiace per la professoressa Viola, ma ci sono migliaia di studi che dicono il contrario. Magari lei sa tutto sui virus, però dovrebbe ascoltare e studiare la mole gigantesca dei pareri dei nutrizionisti che dicono che un consumo moderato di vino, come peraltro è nella cultura nostra, fa bene. Il vino è un tratto identitario, è un prodotto culturale che deriva dalla storia della nostra civiltà: dai greci, dai romani. Osservo, ma è per far capire che certi giudizi buttati lì magari per fare notizia contrastano con la realtà, che in Italia ci sono migliaia di centenari e tutti dichiarano di aver sempre bevuto vino e di continuare a consumarlo. Vorrei sapere perché gli stessi allarmi che si lanciano sul vino non li sento per i cibi ultraprocessati, pieni di sostanze chimiche, di cui si fa fatica a riconoscere gli ingredienti e che l`Europa vuole imporci».

Il Parlamento di Strasburgo aveva però bocciato il documento europeo sul cancro in cui si accennava al vino come rischioso. Perché la Commissione ha dato il via libera all`Irlanda per le etichette terroristiche?
«È la prima volta che accade che il Parlamento venga scavalcato e questa Commissione è particolarmente sensibile alle istanze dei lobbisti. A Bruxelles la pressione delle multinazionali della nutrizione è fortissima. Il Parlamento aveva escluso che si potesse equiparare la nocività del fumo, da cui le etichette dissuasive sui pacchetti di sigarette, con il vino, di cui è dimostrato che un consumo moderato è salutare. È chiaro che l`abuso va combattuto, ma ogni abuso fa male, anche quello di succo di pomodoro che piace alla professoressa Viola. Invece la Commissione ha dato il via libera all`Irlanda. Come daranno via libera alla carne, al pesce, al latte sintetici. Perché a Bruxelles comandano i lobbisti delle multinazionali».

Sembra uno scenario da Qatargate…
«E’ peggio. La corruzione del Qatar incide su dichiarazioni di principio politico, qui si sta giocando con la salute di centinaia di milioni di persone. La sete di guadagno delle multinazionali della distribuzione e della nutrizione in stretto collegamento con Big Pharma sta condizionando le scelte della Commissione: i guadagni folli di una ventina di persone condizionano i destini degli europei. Servirebbe il primato della politica e invece le lobby hanno stretto d`assedio Bruxelles. Pensiamo al Nutriscore, l`etichetta a semaforo che non è affatto un pericolo scampato. Hanno solo preso tempo per far calmare le acque, ma le multinazionali che lo sostengono insistono perché gli energy drink, le patatine fritte, gli alimenti Frankenstein prendano il posto dei cibi sani, agricoli, dell`olio extravergine di oliva. E la Commissione le ascolta con attenzione».

Ci sono dei fatti che lo dimostrano?
«È opportuno che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen vada a rendere omaggio a Bill Gates, che è il primo produttore e sponsor della carne sintetica ed è anche il maggior finanziatore privato dell`Oms? L`Organizzazione mondiale della sanità dove Big pharma ha dimostrato di essere molto ascoltata – e Gates ha interessi anche nel settore dei vaccini – dovrebbe essere un organismo terzo, indipendente. Ebbene, dall`Oms arrivano allarmi sulla carne rossa – che per fortuna sono stati rintuzzati – e arrivano inviti ai novel food, che sono soltanto prodotti della chimica. Poi la Commissione dà il via libera alla finta carne e agli insetti importati dal Vietnam, Paese sul quale per quel che riguarda la salubrità alimentare è lecito avere dei dubbi. Frans Timmermans, olandese che politicamente conta più della Von der Leyen, vicepresidente della Commissione in Olanda le multinazionali prosperano grazie a tasse da paradisi fiscali che dovrebbero essere incompatibili con un`idea di Europa unita – vuole azzerare la zootecnia per fare posto ai bioreattori che il suo Paese ospita insieme alla Danimarca, dove si producono le bistecche sintetiche. Con la scusa dell`ambiente ci dicono che dobbiamo mangiare gli insetti quando i bioreattori che producono la finta carne, il finto latte, il finto pesce usano enormi quantità di acqua e hanno emissioni record. La verità è che si vuole togliere dal mercato l`eccellenza agroalimentare, e quella italiana in particolare, per fare posto a questo tipo di alimentazione. Che ha una sola finalità: omologare il gusto per consentire alle multinazionali di guadagnare indisturbate».

Dunque la zootecnia non ha un impatto ambientale drammatico?
«La zootecnia italiana ha un impatto valutato nel 5% di tutte le emissioni, ma anche quella europea è virtuosa. In Europa però – lo testimonia il Farm to Fork che incoraggia e finanzia la produzione e il consumo di novel food e di insetti – si è scelta la strada di non produrre per importare da altri Paesi dove spesso gli standard di sicurezza alimentare sono bassissimi. Questo per non impattare sull`ambiente. La scelta giusta sarebbe: investo perché le mie produzioni siano le più sostenibili possibili. Peraltro il Farm to Fork è stato concepito prima della sciagurata invasione dell`Ucraina. Che ha dimostrato che dobbiamo invece puntare all`autosufficienza alimentare per una doppia sicurezza: economica e alimentare. E però l`Europa con la Pac paga le aziende per non produrre. A Bruxelles spira un vento ideologico per cui bisogna educare il consumatore, bisogna fargli fare le scelte che la Commissione ritiene giuste».

L`Italia che può fare?
«Quello che sta facendo. Si è molto ironizzato sul ministero della sovranità alimentare e invece è quello che ci vuole. Il ministro Francesco Lollobrigida sta tessendo a Bruxelles alleanze significative. Lo abbiamo visto col Nutriscore. Anche la premier Giorgia Meloni fa sentire il peso dell`Italia in queste scelte: In Italia bisogna continuare ad affermare, come peraltro sta avvenendo, la centralità dell`agricoltura. Il futuro passa da noi».

I consumatori però non ce la fanno. Non c`è il rischio che il made in Italy vada fuori mercato?
«I prezzi alimentari sono aumentati meno del resto. A pesare sulla spesa sono i prodotti per la casa, per l`igiene. Sul caro vita incidono le bollette, i trasporti, l`elettronica. È evidente che dobbiamo riunire tutta la filiera, dal campo alla trasformazione alla distribuzione, per cercare di contenere i prezzi. Ma si deve dire ai consumatori che per troppo tempo il cibo è stato considerato non un valore, si pagava troppo poco. E ci si è abituati a sprecare con impatti negativi sull`ambiente e sull`economia. Bisogna per prima cosa lottare contro lo spreco alimentare. Poi va sostenuto il potere di acquisto. Ma bisogna restituire al cibo il valore che ha, e nel paniere della famiglia spostare le opzioni di acquisto sulla qualità alimentare. Altrimenti quei soldi si spenderanno sulla sanità. Un centesimo di aumento nel cibo di qualità è un euro risparmiato negli ospedali. Bisognerebbe pensarci quando si fanno allarmi a vuoto e invece si tollera l`invasione della chimica a tavola».

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