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Terreni: prezzi stabili, ma l’accesso per i giovani resta difficile

I prezzi della terra restano stabili con leggeri aumenti nell’ordine dello 0,2% a eccezione di Umbria, Campania, Basilicata e Veneto. Più rilevanti gli incrementi delle quotazioni dei terreni destinati a colture di pregio, in particolare vigneti per i quali la domanda supera l’offerta e i listini si impennano. Particolarmente vivace il mercato degli affitti. Lo evidenzia l’annuale rapporto del Crea sull’andamento del mercato fondiario e degli affitti in Italia nel 2018.

A parte l’exploit dei vigneti di pregio, l’andamento stabile dei prezzi rimane stagnante. Anche per i terreni il rapporto registra un andamento vivace delle compravendite che dal 2014 viaggiano con aumenti del 3-4%. Un altro elemento messo in luce dal Crea è il livello dei prezzi inferiore ai redditi che si realizzano su quei terreni, escludendo le produzioni di pregio. Anche per quanto riguarda il futuro non si prevedono cambiamenti. Dai valori fondiari medi rilevati dallo studio emerge che i prezzi più alti li spuntano i terreni del Nord-Est (circa 43mila euro a ettaro) al traino delle quotazioni della collina interna e della pianura che però sono anche quelli che hanno segnato l’unico calo dello 0,1%. L’aumento maggiore dello 0,7% è del Nord-ovest. A fronte di una media di 20mila euro/ettari le quotazioni più basse si rilevano delle Isole ,con poco meno di 9mila euro, a seguire il Mezzogiorno con 13mila euro.

I picchi sono appannaggio delle aree di pregio come i vigneti Docg di Valdobbiadene che nella media arrivano a 450mila euro per ettaro, o i vigneti Docg di Montalcino che sfondano quota 700mila euro, ma al top, secondo i dati Crea, si collocano i vigneti Barolo Docg della bassa Langa di Alba che svettano a 1.500.000 euro. Quotazioni elevate anche per i terreni investiti a ortofloricoltura nella piana di Albenga che arrivano a 500mila euro.

Trend decisamente positivo per il mercato degli affitti soprattutto per le terre di pregio il cui acquisto è molto oneroso. Secondo l’ultima indagine Istat del 2016 sono 5,7 milioni gli ettari utilizzati in affitto, il 46% della superficie agricola totale con un incremento dal 2010 del 18 per cento. E così dal 2010/2016 si rileva un calo del 20% della superficie solo in proprietà, quella solo in affitto cresce del 14,9%, mentre quella mista (proprietà e affitto) del 12,1 per cento. I canoni si sono mantenuti complessivamente stabili con adeguamento ai titoli Pac nel caso di rinnovi e comunque, secondo il Crea, a prevalere sono i contratti in deroga con una durata ridotta rispetto al passato.

Il mercato degli affitti è comunque condizionato dalle politiche agricole e soprattutto dalle nuove aziende dei giovani anche per l’attivazione delle misure dei Piani di Sviluppo Rurale che potrebbero riavviare le operazioni fondiarie nelle aree marginali. E proprio questo rappresenta un elemento di criticità a causa dei ritardi e dell’eccesso di burocrazia delle regioni che bloccano le domande dei giovani. La Coldiretti ha denunciato che non è stato accolto il 78% delle domande di insediamento presentate dagli under 40 al Sud con il rischio di restituire le risorse dei Piani di sviluppo rurale 2014-2020 delle regioni del Mezzogiorno a Bruxelles.

Lo studio rileva infine che la riduzione degli incentivi per le agroenergie, in particolare per il fotovoltaico, ha fatto perdere interesse per i terreni finalizzati alle coltivazioni agroenergetiche.

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