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Km zero e impronta di carbonio, un’opportunità per le imprese

Le problematiche legate al cambiamento climatico e, più in generale, la necessità di tutelare l’ambiente nelle sue diverse componenti, hanno posto attenzione, in particolare, sugli impatti ambientali che le attività economiche possono determinare. Così è per l’agricoltura, come per il mondo industriale e quello commerciale, tra gli altri. Questa attenzione si è indirizzata sia ai processi produttivi che ai singoli prodotti.

La Comunità europea ha elaborato, in materia ambientale, una Politica Integrata di Prodotto, successivamente rafforzata e perfezionata nella strategia di Produzione e Consumo Sostenibile – stabilita come priorità per il quinquennio 2007-2013 – con l’obiettivo di prevenire, gestire e migliorare gli impatti del ciclo di vita dei prodotti e dei servizi.

La connessione tra modelli di consumo e modalità di produzione rappresenta un passaggio nodale per l’efficacia delle politiche ambientali e, ugualmente, è necessario stimolare la domanda sui mercati nella direzione della sostenibilità, recependo e valorizzando la crescente tendenza della collettività a considerare in modo integrato e inscindibile i diversi aspetti in cui essa si declina, come l’impatto sull’ambiente, la sicurezza per i consumatori, l’etica delle produzioni.

Data l’impossibilità di fare affidamento soltanto sulle risorse pubbliche, è necessario stimolare e mobilitare la volontà di investimento da parte delle imprese sulla base di opportunità da cogliere, ma ciò può avvenire solo se l’obiettivo di trasformare l’ambiente da vincolo a opportunità non rimanga un approccio puramente concettuale e si riesca a dimostrare che migliori prestazioni ambientali producono realmente un contestuale miglioramento nelle performance economiche e competitive.

Nella prospettiva indicata vengono considerati particolarmente efficaci quegli strumenti che, amplificando le possibilità di comunicazione, di segnalazione al mercato e di cooperazione, creano opportunità sia per i produttori che per i consumatori, soprattutto se market-oriented (orientati al mercato).

Gli strumenti di prodotto legati al cambiamento climatico, come quelli appartenenti al concetto di carbon footprint (impronta di carbonio), si rivelano essere uno strumento interessante per rafforzare la competitività dei prodotti agroalimentari, caratterizzati da ridotte emissioni (dirette e indirette) di gas ad effetto serra (espresse in termini di CO2 equivalente).

Inoltre, la possibilità di misurare le proprie emissioni – ed il proprio impatto sul cambiamento climatico –ha delle ottime opportunità di applicazione nelle iniziative di KM 0. Da questo punto di vista, le norme tecniche internazionali possono rappresentare una utile opportunità di conteggio e comunicazione.

Si fa riferimento, in generale, alle norme sulla ciclo di vita dei prodotti – LCA (ISO 14040-44), sulle dichiarazioni ambientali e sulle etichette di prodotto (ISO 14021-24-25) e, più nello specifico, a quelle dirette a misurare il carbon footprint, tanto a livello aziendale (ISO 14064) che di prodotto, come la PAS 2050, elaborata dall’Istituto Britannico di Standardizzazione (BSI), in collaborazione con istituti governamentali e non che si occupano specificatamente della tematica, oltre che di ambiente, di alimentazione ed affari rurali.

A questo proposito, si segnala che è in preparazione uno standard ISO – 14067 – che riguarda il carbon footprint di prodotto (parte 1) e la sua comunicazione (parte 2) e che in Inghilterra è in preparazione la PAS 2060:2010, sulle diciture che possono essere indicate nelle etichette dei prodotti (claims) relative al carbon footprint.

Gli strumenti legati al carbon footprint si sono diffusi rapidamente, in modo particolare in Inghilterra – che ha fatto da apri pista – e si vanno diffondendo a macchia d’olio, trovando, proprio, interessanti applicazioni per i prodotti agroalimentari. Ad esempio, la catena inglese della Grande Distribuzione Organizzata Tesco si è dotata di un vero e proprio sistema di conteggio, etichettatura e comunicazione dei prodotti a basse emissioni di gas serra, tra cui spiccano, ovviamente, i prodotti locali ed a KM 0.

Ma sono molti gli esempi che si possono fare, non soltanto per il settore agroalimentare, ma anche ad altri, come il legno, il tessile, la pelletteria, eccetera. Per quanto riguarda il primo, si vogliono rammentare le esperienze condotte in Francia nella produzione del vino, in Spagna per alcuni prodotti andalusi, negli Stati Uniti per la grande distribuzione organizzata. Si segnala, infine, come anche in Italia inizino a diffondersi iniziative simili, che meritano, una adeguata attenzione.

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