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Nitrati, chiesta al Governo una revisione delle aree vulnerabili

La Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, con una risoluzione parlamentare firmata dall’on. Fogliato ed altri, ha chiesto al Governo una ridefinizione in senso meno estensivo delle aree vulnerabili da nitrati. La richiesta è stata avanzata sulla base  del fatto che alcune disposizioni della direttiva non tengono in sufficiente considerazione le specificità dell’agricoltura, con particolare riferimento ai limiti imposti per lo spandimento dei nitrati nelle aree vulnerabili, in particolare nell’area della pianura padana.

L’individuazione delle cosiddette «zone vulnerabili» non può, come purtroppo è stato finora, essere limitata alla sola considerazione di parametri riguardanti il carico agricolo e zootecnico, ma deve essere effettuata in riferimento al complesso delle fonti di inquinamento, incluse, dunque, le acque reflue dei depuratori e gli scarichi industriali.

I risultati di recenti studi hanno, infatti, chiaramente validato l’ipotesi che indica il carico zootecnico come fattore non determinante nell’inquinamento da nitrati, evidenziando come la vulnerabilità di una determinata zona a tale forma d’inquinamento non sia riconducibile solo ad aspetti settoriali agricoli, ma riguardi il complesso degli aspetti che ne determinano le particolarità idrogeologiche in riferimento al contesto socio-economico della zona medesima.

L’ultima relazione elaborata dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sull’applicazione della direttiva, evidenzia come la situazione delle acque superficiali sia senz’altro rassicurante, posto che oltre il 97 per cento appartiene alla classe migliore, mentre per quanto riguarda le acque sotterranee il valore medio superiore al limite di 50 milligrammi per litro è misurato per il 12 per cento dei punti di monitoraggio, con un’evidente contraddizione rispetto all’assoluta ampiezza delle designazioni di zone vulnerabili.

In relazione alla comunicazione di infrazione n. 2006/2163 della Commissione europea, le Regioni italiane, e in particolare quelle del bacino padano, hanno, invece, ampliato le zone vulnerabili da nitrati, delimitando in quest’ultimo caso più del 65 per cento della superficie agricola. Detta procedura, come noto, è stata archiviata nel giugno 2008 e ciò ha consentito all’Italia di inoltrare, in data 20 gennaio 2010, una richiesta di deroga in riferimento alle regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, a supporto della quale è seguita, il 29 aprile 2010, l’approvazione del nuovo Piano strategico nazionale sui nitrati che, tra le altre cose, pone particolari ed ulteriori vincoli alle aziende agricole.

Risultano, in particolare, onerosi gli investimenti volti al riordino dei processi produttivi e all’utilizzo e al trattamento delle deiezioni, anche a fini energetici. In tale ambito, quindi, appare evidente anche la necessità di prevedere iniziative volta a favorire e sostenere progetti che consentano la realizzazione d’impianti per la trasformazione, la depurazione delle deiezioni e dei liquami zootecnici e la riconversione o l’adeguamento delle aziende interessate dalla direttiva.

A fronte di tale situazione, la Commissione Agricoltura ritiene preoccupante il pericolo di un forte ridimensionamento numerico delle imprese agricole, specie zootecniche e soprattutto nella pianura padana, con le conseguenti ripercussioni sull’intera filiera, sull’economia nazionale e sull’occupazione, senza trascurare l’impatto su molte produzioni Dop.

Si chiede pertanto al Governo l’introduzione di adeguate misure in grado di coniugare, nel migliore dei modi, gli inderogabili principi della tutela delle aree vulnerabili con la necessità di mantenere un sistema agricolo efficiente ed aziende capaci di generare reddito, approfondendo, con maggiori dettagli, i criteri attuativi delle vigenti norme sulla protezione delle acque dai nitrati, anche verificando se vi siano altre cause, oltre le deiezioni zootecniche, che possano provocare danni alle risorse idriche, in particolare i concimi chimici, e in tali circostanze mettendo in gioco tutti i fattori che interessano la questione.

E’ stato evidenziato come attraverso l’introduzione di specifici provvedimenti, si potrebbe conseguentemente procedere ad una revisione nonché ad una semplificazione, in particolare delle disposizioni recate dal DM 7 aprile 2006, che stabilisce criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento,  con particolare riferimento alle misure relative ai periodi di spandimento, visto che le stesse non tengono conto, ad esempio, dei mutamenti climatici ed idrogeologici che si stanno verificando nel Nord Italia, ai divieti di spandimento, ai limiti tecnici e temporali imposti per lo stoccaggio, ai limiti relativi alle aziende soggette agli obblighi amministrativi, alle procedure concernenti la comunicazione, il piano di utilizzazione aziendale (Pua) ed il trasporto degli effluenti, alle tipologie di allevamento (a tal proposito, occorrerebbero maggiori semplificazioni in relazione al tipo di effluente prodotto, all’organizzazione dell’allevamento, brado semibrado, e altro), al permesso di utilizzare i fertilizzanti chimici a supporto dello spandimento degli effluenti zootecnici.

Con la risoluzione  è stato chiesto, quindi, al Governo: di promuovere, anche attraverso una valutazione congiunta in sede di Conferenza Stato Regioni, una revisione delle zone vulnerabili in riferimento ai dati sulle qualità delle acque superficiali e sotterranee, già disponibili presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla base della realizzazione di nuovi studi finalizzati a fornire metodi e criteri per la corretta designazione delle zone vulnerabili in riferimento al complesso delle fonti di inquinamento presenti sul territorio; di avviare un processo di verifica dei contenuti del Dm 7 aprile 2006, al fine di renderlo più facilmente applicabile agli allevamenti, attraverso una semplificazione degli adempimenti dal punto di vista tecnico e amministrativo; di prevedere, nell’ambito di una possibile modifica del Dm 7 aprile 2006 disposizioni minime omogenee per tutto il territorio nazionale, consentendo alle amministrazioni regionali di prevedere integrazioni, laddove possibile meno restrittive, in relazione alla specificità degli allevamenti presenti sul proprio territorio.

La risoluzione parlamentare costituisce un atto importante in quanto rispetto al Piano Nazionale nitrati fornisce un ordine di priorità diverso delle azioni da intraprendere ponendo al primo posto la questione della revisione delle aree vulnerabili rispetto alla quale al momento esiste un orientamento del tutto negativo da parte del Ministero dell’Ambiente che continua a privilegiare nettamente il ricorso alla deroga.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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