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I numeri di quota 100: diffusi i dati Inps e Upb

Un numero di adesioni a Quota 100 inferiore alle aspettative, ma che a fine 2025 secondo le proiezioni potrebbe arrivare a contare oltre 450 mila lavoratori con una spesa stimata di 23 miliardi di euro: è quanto emerge dal rapporto “Un bilancio di “Quota 100”, pubblicato il 22 giugno scorso dall’ufficio parlamentare di bilancio unitamente all’Inps.

Lo studio fornisce un quadro dettagliato della misura a tre anni dall’avvio della sperimentazione. In particolare, l’analisi e le previsioni contenute nel documento congiunto vogliono offrire elementi utili per valutare in futuro gli impatti sulla finanza pubblica di eventuali nuove misure pensionistiche in chiave di maggiore flessibilità. E com’è noto, quello della flessibilità in uscita con la previsione di deroghe ai requisiti previsti dalla Legge Fornero è uno dei temi più caldi nel dibattito oggi aperto sulle pensioni tra Governo e Sindacati.

“Quota 100” è il meccanismo per cui per raggiungere il diritto a pensione servono almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi. Lo studio ricorda che soddisfatti questi requisiti entro il 2021, l’uscita può avvenire anche successivamente.
Oltre all’effettiva adesione alla misura rispetto ai potenziali destinatari e ai costi, il report Inps/Upb passa a rassegna quali categorie di lavoratori abbiano fatto maggiore ricorso al beneficio e di quanto il pensionamento sia stato anticipato rispetto ai requisiti di Legge.

Emerge così che le domande di “Quota 100” accolte nel triennio 2019-2021 sono risultate poco meno di 380 mila. La maggioranza proviene da uomini, il 68,8%. Poco meno dell’81% dei richiedenti era impegnato in attività lavorativa, quasi il 9% non lavorava o non percepiva altre prestazioni, poco più dell’8% era destinatario di prestazioni a sostegno del reddito, circa il 2% versava contribuzione volontaria.

Quanto alla distribuzione geografica, l’indagine evidenzia che se in valore assoluto le pensioni con “Quota 100” sono state più concentrate al Nord quando espresse in percentuale della base occupazionale le incidenze maggiori si sono avute al Sud.

I beneficiari hanno per lo più deciso di accedere alla pensione alla prima occasione utile, ad un’età media di poco più di 63 anni, con un anticipo di circa 2,3 anni rispetto ai requisiti ordinari, e con una contribuzione in media di 39,6 anni. Ne ha risentito però l’importo dell’assegno, ridotto in media di circa 4.5% per anno di anticipo per gli autonomi, del 5,2% per i dipendenti pubblici e del 3,8% per i dipendenti privati.

I dati presentati nello studio saranno aggiornati annualmente e daranno conto anche del ricorso alla nuova opzione “Quota 102”, che nei primi cinque mesi del 2022 ha fatto registrare circa 3.860 domande pervenute.

Fiorito Leo

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