il Punto Coldiretti

Si chiude tra le polemiche la conferenza mondiale sul clima di Varsavia

La diciannovesima conferenza delle parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (Cop19), tenutasi  a Varsavia, si è conclusa senza risultati rilevanti. In sostanza, la formulazione degli impegni di riduzione delle emissioni è stata rinviata alla fase di preparazione, che si svolgerà a Lima, della Conferenza di Parigi, prevista per il dicembre del 2015, nell’ambito della quale ci si aspetta la sottoscrizione del nuovo accordo globale sul clima.

Il sostanziale ennesimo fallimento dei negoziati climatici è stato dovuto agli scontri sulle scadenze entro cui i paesi ricchi e quelli poveri devono ridurre i gas ad effetto serra, e sui cosiddetti "aiuti climatici" alle nazioni in via di sviluppo.

Il nocciolo del problema è che i paesi più ricchi vorrebbero introdurre target di riduzione delle emissioni per tutti, mentre le nazioni in via di sviluppo sostengono che dovrebbero essere i paesi industrializzati a dare, per primi, il buon esempio fissando per se stessi obiettivi maggiori (anche in ragione della loro responsabilità storica in termini di emissioni di gas serra).

Fatto sta che l’assenza di progressi rispetto alla definizione di impegni finanziari per la mitigazione dei cambiamenti climatici e per  il risarcimento dei danni e dalle perdite da essi causati ha spazientito numerosi movimenti e sindacati, tanto che, nel corso della conferenza, circa 800 rappresentanti di 13 organizzazioni non governative hanno abbandonato in segno di protesta i negoziati. Si è trattato di una reazione da parte di chi, in sostanza, non vuole sentirsi complice di un vertice che, fin dall’inizio, è stato ribattezzato, provocatoriamente, “polluters’ summit” (il vertice degli inquinatori).

E’ paradossale, tra l’altro, che non siano bastate le tragiche notizie provenienti dalle Filippine per convincere i delegati a sostenere misure di risarcimento dei danni causati dai mutamenti climatici. A questo andrebbe aggiunta anche la vicenda della nostra Sardegna, tragedia che, oltre a rappresentare una ennesima dimostrazione delle conseguenze dei ritardi accumulati nella lotta ai cambiamenti climatici, è anche  il frutto  di una politica irresponsabile nel campo della prevenzione del dissesto idrogeologico.

Il negoziato di Varsavia, quindi, finisce in archivio sotto forma di ennesima tappa di transizione verso il 2015, anche se forse può vantare come successo la conclusione dei negoziati sugli aspetti tecnici e metodologici per la riduzione delle emissioni da deforestazione, che per il settore agroforestale potrebbe rivelarsi un opportunità in relazione alla possibile maggiore diffusione  di forme di mercato volontario dei crediti di carbonio.

Si tratta del cosiddetto Warsaw Redd+ Framework for Action, un pacchetto di 7 decisioni che segna finalmente l’avvio del meccanismo internazionale di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra da deforestazione e degradazione forestale (reducing emissions from deforestation and forest degradation and the role of conservation, sustainable management of forests and enhancement of forest carbon stocks in developing countries – Redd+).

Le emissioni di gas serra causate dalla deforestazione e degradazione forestale, infatti, ammontano a circa al 20% delle emissioni globali e a Varsavia il primo gruppo di lavoro del quinto rapporto Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha confermato che dal 1750 al 2011 le emissioni da deforestazione sarebbero pari a 180 Gt Co₂  (contro i 375 Gt di emissioni da combustibili fossili nello stesso periodo).

Inoltre, il potenziale di riduzione del settore forestale va da 1,3 fino a 4,2 Gt Co₂ e sui 17 Gt totali necessari per chiudere il gap di riduzione necessari a mantenere l’aumento temperatura media globale nell’ambito dei 2 gradi centigradi al 2020 (Unep Emissions Gap Report 2013).

Il tema della lotta alla deforestazione era stato introdotto nel 2005 nella fitta agenda del negoziato per l’accordo internazionale sul clima post-2012, mentre a Bali, nel 2007, il Redd+ è divenuto, di fatto, uno dei pilastri delle azioni globali di mitigazione dei cambiamenti climatici.

Il risultato ottenuto a Varsavia indica chiaramente che il Redd+ può finalmente assumere un ruolo fondamentale nella lotta al riscaldamento globale e nel futuro accordo internazionale sul clima. Con la decisione di Varsavia, i paesi in via di sviluppo con foreste tropicali possono ora disporre di  tutte le regole necessarie per iniziare la vera e propria lotta alla deforestazione.

Il Warsaw Redd+ Framework for Action, infatti,  contiene decisioni dettagliate sulle metodologie che i governi dei paesi tropicali dovranno applicare a livello nazionale per coordinare e garantire l’attuazione di politiche e progetti di protezione delle foreste. Si tratta di regole molto precise e dettagliate: dal sistema nazionale di monitoraggio forestale, alle procedure per la misurazione e verifica delle emissioni; dal sistema di informazioni sulle  misure di salvaguardia (safeguards), ai livelli di emissioni base.

Il rischi è, però, che il tutto si possa tradurre in un sistema complicato di regole e vincoli per i paesi più poveri, in contrapposizione con le regole, molto più blande e permissive, che possono essere utilizzate dai paesi sviluppati nell’ambito del protocollo di Kyoto per scontare parte degli obblighi internazionali di riduzione attraverso la contabilizzazione di attività di utilizzo del suolo e delle foreste (il cosiddetto Lulucf).

Si ricorda che in Italia, ad esempio, l’assorbimento di carbonio ad opera delle superfici forestali è attualmente contabilizzato con un approccio inventariale (senza, peraltro, tener conto dei diritti dei gestori privati) attraverso il Registro Nazionale dei crediti di carbonio forestale ed inserito, come voce positiva, nel bilancio nazionale delle emissioni. Il risultato è che, senza nessun investimento in misure mirate al sequestro di carbonio nel settore agroforestale, questi assorbimenti vengono utilizzati per “scontare” le emissioni del settore industriale.

A fronte della definizione delle regole, tuttavia, Il pacchetto Redd+ di Varsavia contiene una decisione sulle risorse finanziarie da destinarsi ai paesi in via di sviluppo che rappresenta una grande delusione per molti paesi tropicali in quanto, in termini quantitativi, il sostegno finanziario concordato non sembra in grado di cambiare la situazione per la maggior parte dei paesi tropicali dove resta urgente iniziare un cambiamento radicale nelle politiche nazionali e delle condizioni di vita di molte comunità locali e indigene che basano la loro sussistenza proprio sul taglio e la vendita del legno delle foreste. Particolarmente  deludente, su questo tema, è risultato l’impegno dei paesi sviluppati (Stati Uniti e Unione Europea in particolare).

Altro tema interessante, destinato a continuare ad animare il dibattito  ma su cui non si è ancora trovato un vero accordo,  è  quello della cosiddetta agricoltura ‘intelligente’. Ossia come assicurare che clima, cibo, ambiente e lotta alla povertà possano integrarsi in strategie in grado anche di preservare i territori. Non resta, allora,  che augurarci maggiori progressi del dibattito internazionale, in vista di Parigi, per la nascita di una politica internazionale sui cambiamenti climatici effettivamente fondata sui diritti umani, sociali, economici ed ambientali.

Ecco i prossimi appuntamenti del negoziato: nel 2014 a New York si svolgerà il vertice straordinario sul clima, promosso dal Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki Moon, per poi spostarsi tutti in Venezuela, dove si svolgerà  la sessione preliminare della Cop20 di Lima. ma il tutto probabilmente sarà vissuto e gestito in preparazione della Conferenza di Parigi del 2015, dove vedremo i risultati finali del negoziato e conosceremo la vera risposta che, in termini globali, la comunità internazionale saprà dare a quel grande problema, purtroppo sempre più protagonista nelle cronache dei disastri in numerose aree del pianeta, che  va sotto il nome di cambiamento climatico.

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