il Punto Coldiretti

Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici, via alla consultazione pubblica

E’ stato presentato dal Ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, il documento dal titolo “Elementi per una strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici”. Il processo per l’elaborazione della strategia – avviato dal Ministero già dal 2012, grazie al coinvolgimento di rappresentanti del mondo accademico e scientifico e delle amministrazioni centrali e locali – si è concretizzato con la predisposizione di un documento che,  al fine di acquisire anche i punti di vista di tutti i portatori di interesse, è ora sottoposto ad una consultazione pubblica che si concluderà il 31 dicembre prossimo. (per partecipare è necessario collegarsi al seguente link: http://cmcc.annotate.co/cmportal/php/login.php).

La predisposizione di una strategia nazionale per l’adattamento climatico risulti particolarmente importante in un Paese come l’Italia, in cui il livello di vulnerabilità risulta particolarmente elevato. Se l’intera comunità scientifica internazionale concorda, ormai, su uno scenario di prospettiva che vede l’intero pianeta doversi confrontare con gli impatti dei cambiamenti climatici, alcuni già in corso ed altri che potranno accadere in futuro (questo indipendentemente dal successo delle politiche di riduzione delle emissioni), è anche certo che, purtroppo, nei prossimi decenni, proprio la regione europea, ed in particolare l’area Mediterranea, sarà una di quelle maggiormente colpite dal problema.

I principali fattori di questa vulnerabilità si individuano nell’innalzamento eccezionale delle temperature medie e massime (soprattutto in estate), nell’aumento della frequenza di eventi meteorologici estremi (ondate di calore, siccità ed episodi di precipitazioni piovose intense) e nella riduzione delle precipitazioni annuali medie e dei flussi fluviali, con conseguente possibile calo della produttività agricola e perdita di ecosistemi naturali.

In questo contesto, il documento di indirizzo strategico presentato dal Ministero prova ad evidenziare i potenziali impatti dei cambiamenti climatici e le principali vulnerabilità per l’Italia. E’ possibile un peggioramento delle condizioni già esistenti di forte pressione sulle risorse idriche,  con conseguente riduzione della qualità e della disponibilità di acqua, soprattutto in estate nelle regioni meridionali e nelle piccole isole. Possibili anche alterazioni del regime idrogeologico che potrebbero aumentare il rischio di frane, flussi di fango e detriti, crolli di roccia e alluvioni lampo. Le zone maggiormente esposte al rischio idrogeologico comprendono la valle del fiume Po (con un aumento del rischio di alluvione) e le aree alpine ed appenniniche (con il rischio di alluvioni lampo);

Esiste anche il pericolo di un degrado del suolo e rischio più elevato di erosione e desertificazione del terreno, con una parte significativa del Sud del Paese classificato a rischio di desertificazione e diverse regioni del Nord che mostrano condizioni preoccupanti. Si prefigura pure un maggior rischio di incendi boschivi e siccità per le foreste italiane, con la zona alpina e le regioni insulari (Sicilia e Sardegna) che mostrano le maggiori criticità.

Nel documento si lancia l’allarme anche sul maggior rischio di perdita di biodiversità e di ecosistemi naturali, soprattutto nelle zone alpine e negli ecosistemi montani, e di inondazione ed erosione delle zone costiere a causa di una maggiore incidenza di eventi meteorologici estremi e dell’innalzamento del livello del mare (anche in associazione al fenomeno della subsidenza*, di origine sia naturale sia antropica).

Preoccupa pure la potenziale riduzione della produttività agricola soprattutto per le colture di frumento, ma anche di frutta e verdura; la coltivazione di ulivo, agrumi, vite e grano duro potrebbe diventare possibile nel nord dell’Italia, mentre nel Sud la coltivazione del mais potrebbe peggiorare e risentire ancor più della scarsa disponibilità di acqua irrigua.

Sono possibili ripercussioni sulla salute umana, specialmente per i gruppi più vulnerabili della popolazione, per via di un possibile aumento di malattie e mortalità legate al caldo, di malattie cardio-respiratorie da inquinamento atmosferico, di infortuni, decessi e malattie causati da inondazioni e incendi, di disturbi allergici e cambiamenti nella comparsa e diffusione di malattie di origine infettiva, idrica ed alimentare.

Possibili inoltre  danni per l’economia italiana nel suo complesso, dovuti alla possibilità di un ridotto potenziale di produzione di energia idroelettrica; a un’offerta turistica invernale ridotta (o più costosa) e minore attrattività turistica della stagione estiva; a un calo della produttività nel settore della pesca; ad effetti sulle infrastrutture urbane e rurali con possibili interruzioni o inaccessibilità della rete di trasporto con danni agli insediamenti umani e alle attività socio-economiche.

Rispetto ai rischi menzionati, la strategia nazionale si pone come obiettivo principale quello di elaborare una “visione nazionale” su come affrontare il problema, individuando un set di azioni ed indirizzi al fine di proteggere la salute e il benessere e i beni della popolazione, preservare il patrimonio naturale, mantenere o migliorare la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici, nonché trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare dall’attuazione delle azioni di adattamento.

La bozza di documento, dunque, offre un quadro di riferimento per l’adattamento alle conseguenze dei cambiamenti climatici ponendo le basi per un processo finalizzato essenzialmente a: migliorare le conoscenze sui cambiamenti climatici e sui loro impatti; descrivere le opportunità eventualmente associate, la vulnerabilità del territorio, le opzioni di adattamento per tutti i sistemi naturali ed i settori socio-economici rilevanti;  promuovere la partecipazione ed aumentare la consapevolezza dei portatori di interesse nella definizione di strategie e piani di adattamento attraverso un ampio processo di comunicazione e dialogo, anche al fine di integrare l’adattamento all’interno delle politiche di settore in maniera più efficace; supportare la sensibilizzazione e l’informazione sull’adattamento attraverso una capillare attività di comunicazione sui possibili pericoli, i rischi e le opportunità derivanti dai cambiamenti climatici; identificare le migliori opzioni per le azioni di adattamento, coordinare e definire le responsabilità per l’attuazione, elaborare ed attuare le misure.

Nell’elaborare il presente documento, le azioni e gli indirizzi sono stati individuati facendo riferimento ai settori e alle tematiche, di particolare rilevanza socio-economica e ambientale, maggiormente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Tra questi, molti risultano  strettamente collegati al settore agricolo, come nel caso delle risorse idriche, della desertificazione, del degrado del territorio, della siccità, del dissesto idrogeologico e delle foreste.

Rinviando ad una lettura integrale del documento per le numerose ed approfondite analisi che dimostrano, nel campo degli effetti dei cambiamenti climatici,  l’elevato grado di interconnessione esistente tra diverse aree e settori interessati dal problema, si ritiene utile riportare una sintesi del capitolo specificatamente dedicato all’agricoltura e alle produzioni alimentari.

L’agricoltura italiana, come quella di tutti i Paesi dell’area mediterranea, è, infatti,  particolarmente esposta e vulnerabile agli effetti dei cambiamenti climatici, sia in termini di quantità che di qualità. A seguito di ciò, è molto probabile che l’agrosistema italiano sarà soggetto a diminuzioni della produttività delle principali colture, allo spostamento di determinati areali di coltivazione verso nord ed a quote più elevate, ed alla diminuzione delle risorse idriche e della qualità del suolo.

Per colpa del cambiamento climatico, quindi, il settore agricolo, e conseguentemente quello agro-alimentare, andrà incontro ad un generale calo sia delle capacità produttive, sia delle caratteristiche qualitative del prodotto, con particolare ricadute negative nelle produzioni tipiche di qualità.

Particolare preoccupazione desta, infatti, il futuro di quello che è uno dei principali punti di forza dell’agricoltura italiana, e cioè l’elevata presenza di prodotti Dop (Denominazione di Origine Protetta), Igp (Indicazione Geografica Protetta) ed Igt (Indicazione Geografica Tipica). Tutte queste produzioni, infatti, sono caratterizzate da processi produttivi che risultano particolarmente sensibili a cambiamenti del regime delle temperature e delle precipitazioni.

Se è vero, infatti, che la produzione agricola, per sua natura, è portata da sempre ad adattarsi alle mutevoli condizioni meteorologiche, la portata e l’incertezza dei cambiamenti climatici, nonché la velocità del cambiamento rispetto all’attuale condizione operativa, rendono, tuttavia, necessario un aumento della capacità di adattamento da parte degli operatori del settore.

Gli agricoltori saranno, dunque, chiamati sempre più a conoscere e a gestire gli elementi di cambiamento dello scenario climatico nel quale hanno storicamente costruito la loro esperienza professionale, fortemente legata alla pianificazione dell’uso delle risorse.

Per questo è importante che il monitoraggio dell’instabilità di alcuni fenomeni meteorologici e la consapevolezza che questa si stia evolvendo in direzione di un nuovo assetto climatico, sia in grado di orientare la pianificazione locale delle attività annuali e degli investimenti in campo agricolo. Senza una crescita della consapevolezza circa la direzione nella quale sta andando “l’instabilità meteorologica”, che prelude al cambiamento climatico vero e proprio, si potrebbe incorrere, infatti, nel rischio che gli agricoltori adottino soluzioni gestionali di respiro temporale sempre più corto e di maggiore impatto sulle risorse naturali meno tutelate o, addirittura, abbandonino le aree più esposte all’instabilità dei fenomeni, favorendo la desertificazione.

Sarà importante, inoltre, la diffusione di una maggiore flessibilità del sistema produttivo, al fine di rendere meno vulnerabili le imprese davanti a situazioni nuove o la cui frequenza è alterata rispetto alla norma. Va segnalato, tra l’altro, che, in generale, l’eccesso di specializzazione produttiva può implicare una minore flessibilità di azione e quindi una maggiore vulnerabilità, mentre la diversificazione nell’ambito della singola impresa o di un distretto produttivo, può offrire maggiori garanzie di sopravvivenza, produttiva ed economica, soprattutto nel caso in cui le imprese agricole siano parte integrante di una rete rurale organizzata.

La formulazione di opzioni di adattamento praticabili a scala territoriale possiede numerose implicazioni che interessano non solo gli aspetti tecnici relativi ai singoli sistemi colturali, ma anche interventi finalizzati a connettere in modo più interattivo il mondo operativo con i decisori politici e la ricerca scientifica. L’adozione di strategie di adattamento, infatti, implica necessariamente l’innovazione e quindi investimenti in ricerca e sviluppo non solo tecnologico, ma anche a livello di filiera della conoscenza.

Per quanto riguarda le azioni di adattamento in agricoltura, queste possono essere suddivise in quelle di breve (es. variazione della data di semina e delle cultivar, pratiche per conservare l’umidità) e di lungo periodo (cambiamenti strutturali come la variazione dell’uso del suolo, l’aumento dell’efficienza dell’irrigazione, la modifica dei sistemi agricoli, ecc.).

Per le prime, le barriere all’applicazione sono spesso di tipo formativo/informativo, pertanto rivestono un ruolo fondamentale i servizi di consulenza aziendale; mentre, per le seconde (oltre all’importanza della consulenza), gli ostacoli maggiori all’attuazione sono di tipo economico e organizzativo, per cui risultano utili e necessarie politiche di incentivazione e pianificazione, tipicamente territoriali.

Per quanto riguarda l’attuazione della strategia, il documento fa riferimento alla predisposizione di strumenti nuovi per affrontare tale problematica, da affiancare a quelli già esistenti, come quelli individuati dalla Politica Agricola Comune (PAC). Tra questi ultimi, quelli che hanno un maggiore potenziale di sviluppo, in termini di adattamento climatico, sono le regole e gli standard della eco-condizionalità, le misure agro ambientali e forestali, i sistemi di gestione del rischio e i sistemi di supporto alle scelte degli agricoltori (in particolare quelli in campo meteorologico e fitosanitario).

Il documento riporta un elenco delle azioni di adattamento individuate dalla strategia come potenzialmente più efficienti per il settore agricolo, suddivise per tipologia di intervento (leggi).

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