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Verso la ratifica europea dell’Accordo di Parigi sul clima

Nell’ambito della seduta del Consiglio Ambiente del 30 settembre, i Ministri europei hanno adottato la decisione relativa alla conclusione dell’accordo di Parigi sul clima. Si ricorda che l’intesa – adottata in occasione della 21ma Conferenza delle Parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) nel dicembre 2015 – ha come obiettivo a lungo termine il mantenimento dell’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 °C, rispetto ai livelli pre-industriali e di perseverare negli sforzi per mantenerlo al di sotto dell’1,5 °C.

In particolare, l’Accordo di Parigi prevede il controllo dell’aumento della temperatura entro i 2°. Alla conferenza sul clima che si è tenuta a Copenaghen nel 2009, i circa 200 paesi partecipanti si diedero l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale rispetto ai valori dell’era preindustriale. L’accordo di Parigi stabilisce che questo rialzo va contenuto “ben al di sotto dei 2 gradi centigradi”, sforzandosi di fermarsi a +1,5°. Per centrare l’obiettivo, le emissioni devono cominciare a calare dal 2020.

All’Accordo ha inoltre aderito tutto il mondo, compresi i quattro più grandi inquinatori: oltre all’Europa, anche la Cina, l’India e gli Stati Uniti si sono impegnati a tagliare le emissioni. Previsti anche controlli ogni cinque anni. Il testo contempla un processo di revisione degli obiettivi che dovrà svolgersi ogni cinque anni. Ma già nel 2018 si chiederà agli stati di aumentare i tagli delle emissioni, così da arrivare pronti al 2020. Il primo controllo quinquennale sarà quindi nel 2023 e poi a seguire.
 
Ancora, verranno stanziati fondi per l’energia pulita. I paesi di vecchia industrializzazione erogheranno cento miliardi all’anno (dal 2020) per diffondere in tutto il mondo le tecnologie verdi e decarbonizzare l’economia. Un nuovo obiettivo finanziario sarà fissato al più tardi nel 2025. Potranno contribuire anche fondi e investitori privati. Infine, sono previsti rimborsi ai paesi più esposti. L’accordo dà il via a un meccanismo di rimborsi per compensare le perdite finanziarie causate dai cambiamenti climatici nei paesi più vulnerabili geograficamente, che spesso sono anche i più poveri.

Con riferimento alle strategie climatiche, si rileva anche come, a livello europeo – in linea con le scoperte scientifiche del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPPC) – sono stati già stabiliti obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra dell’80-95% rispetto al 1990 entro il 2050, nell’ambito delle necessarie riduzioni da parte dei paesi sviluppati come gruppo. Nel marzo 2015, infatti, l’Unione europea è stata la prima tra le maggiori economie ad indicare il proprio contributo previsto al nuovo accordo, stabilendo misure per attuare il suo obiettivo di ridurre le emissioni almeno del 40% entro il 2030.

Per quanto riguarda la ratifica dell’accordo di Parigi, L’Ue ha approvato ad aprile la Decisione (UE) 2016/590 del Consiglio, relativa alla firma, e a giugno è stata approvata la Proposta di Decisione del Consiglio, votata ed approvata definitivamente venerdì scorso.
La decisione del Consiglio, quindi, costituisce un passo concreto nel processo di ratifica dell’accordo da parte dell’UE. Ora si attende il consenso Parlamento per poi procedere formalmente alla ratifica.

A livello mondiale, l’accordo, finora, è stato ratificato da 61 Paesi, che rappresentano il 48% delle emissioni a livello globale. Fra gli Stati Membri dell’UE, Francia, Germania, Austria, Ungheria, Portogallo e Malta hanno già espletato le procedure di ratifica a livello nazionale.
Si ricorda, al proposito, che l’accordo di Parigi entrerà in vigore il trentesimo giorno dopo che almeno 55 Paesi tra quelli aderenti alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) lo abbiano ratificato e che questi, in ogni caso, raggiungano complessivamente una quota di almeno il 55% delle emissioni serra globali.

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