il Punto Coldiretti

Il giusto rapporto con la politica

di Sergio Marini

Da qualche giorno Giancarlo Galan è il nuovo ministro dell’agricoltura. Non siamo abituati a dare giudizi preventivi, mi piace solo riconoscere che lo stesso Galan ha molto ben operato per il settore agricolo nella Regione che ha governato.

Inoltre, ricordo con molto piacere che è stato l’unico presidente di Regione che ha partecipato alla nostra grande manifestazione a Bologna del luglio 2007 contro le politiche dell’allora ministro De Castro. Noi di Coldiretti siamo ancora quelli e continuiamo a combattere le battaglie di allora; sono sicuro che altrettanto è per il nuovo ministro al quale vanno tutti i nostri migliori auguri e la nostra leale, piena e trasparente collaborazione.

Dopo le elezioni regionali abbiamo assistito  anche ad un rinnovato quadro politico regionale con riconferme importanti, ma anche nuovi Governi, nuovi Presidenti e nuovi Assessori, a tutti naturalmente un buon lavoro fiduciosi che sapranno interpretare al meglio le aspettative degli agricoltori e dei territori che rappresentano.

Dal canto nostro, cercheremo di fare al meglio la nostra parte mettendo a disposizione il nostro bagaglio di proposte e di idee con l’obiettivo di creare un sistema agroalimentare utile alle imprese, utile al Paese e apprezzato dalla gente.

Noi abbiamo fatto della concretezza, della correttezza e della coerenza un dogma del nostro agire, peraltro, riteniamo che questi siano i presupposti per essere compresi sempre e da tutti. Dai nostri soci, dalla società e dalla politica. Il nostro è un percorso che non prevede  sorprese, perché tutto comincia da un progetto che è  politico, prima ancora che economico ed imprenditoriale, perché cibo, salute e trasparenza, etica di impresa, ambiente, socialità, territorio, democrazia economica sono temi e comportamenti compresi, ma non compressi nella sola filiera agricola italiana.

E’ su come la politica sostiene o ostacola questo progetto che noi poniamo il nostro giudizio, ed è su questi giudizi che la nostra gente, e non solo, applaude o scende in piazza o, magari, orienta il suo voto.

Siamo convinti che chiarezza, coerenza e memoria lucida, possano troncare sul nascere qualsiasi esercizio teso a confondere in opportunismo politico o collateralismo ciò che è invece esercizio libero, pieno e motivato del consenso o del dissenso di una forza  sociale.

Se è all’interno di questo alveo interpretativo che “il voto agricolo” è ridiventato determinante, come molti leader e commentatori e analisti politici in queste settimane sostengono, allora benvenuta questa nuova coscienza.

Io posso solo dire che è proprio questo il rapporto giusto che Coldiretti vuole avere con la politica, è quello che vogliamo essere ed è quello che dobbiamo essere sempre di più e con maggiore determinazione.

Chiarezza, coerenza e libertà di giudizio di una organizzazione però non si inventano; il peso del voto agricolo e di ciò che esso imbriglia è strettamente legato alla autorevolezza ed alla serietà che la stessa organizzazione riesce a trasmettere.

Voglio dire che se una rappresentanza agricola magari si trova a contestare ripetutamente il proprio interlocutore politico istituzionale , e poi questo, alla prima occasione di voto, fa il pieno di consensi proprio nelle campagne, allora quella rappresentanza ha politicamente fallito; lo stesso avverrebbe naturalmente se le parti fossero concordi, ma il risultato invertito, e questo naturalmente a prescindere dalle appartenenze politiche.

Ha fallito  non solo  perché non è stata capace di interpretare il pensiero e i bisogni dei propri associati, ma soprattutto perché una correlazione inversa tra giudizio associativo e libero comportamento degli associati nel voto attesterebbe di fatto l’infermità  sindacale e di conseguenza la negazione assoluta della autorevolezza politica.

Mi sembra evidente che  questo tipo di riflessione è utile, ma non riguarda noi.  Coldiretti  l’esame di coerenza  e di serietà rappresentativa lo ha superato da un pezzo; il fatto che molti ci riconoscano una “forte correlazione” tra giudizio associativo e comportamento degli associati è la premessa a quella autorevolezza politica che meritiamo.

Ma qui mi fermo. E’  il momento di tornare alle nostre cose. Sono già troppi infatti quelli impegnati nell’interpretazione del pensiero altrui e noi, a dire il vero, ci sentiamo già sufficientemente “interpretati”.

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