il Punto Coldiretti

Riprendiamoci il nostro futuro

di Sergio Marini

Si chiude un anno tra i più difficili per il Paese. All’instabilità economica che attraversa l’intera Europa si aggiungono instabilità politica e sociale che non aiutano certo l’Italia a circondarsi di fiducia. Coldiretti, da parte sua, sta caparbiamente portando avanti il progetto di filiera agricola italiana, un’oasi di speranza in un deserto dove demagogia e qualunquismo sembrano regnare incontrastati.

Siamo una forza sociale che prova  a dire e a fare qualcosa di più della sterile denuncia. Quella denuncia che ormai è diventata il luogo comune, politicamente corretto quanto miserabilmente inutile, che attraversa inesorabilmente buona parte della rappresentanza italiana.

I primi risultati raggiunti dal nostro progetto ci fanno ben sperare sul fatto che un nuovo protagonismo agricolo nello scenario economico sociale del Paese sia possibile. Intanto, anche sul piano normativo e fiscale, soprattutto in questo ultimo periodo, i segnali positivi non sono mancati: dal blocco del fronte pro ogm alla legge sull’etichettatura, dalla stabilizzazione della fiscalizzazione degli oneri sociali agli sgravi fiscali per la piccola proprietà contadina, dall’ampliamento delle attività connesse soggette a redditi catastali sino ai fondi per i settori in crisi. Il prossimo anno, poi, sarà decisivo per la riforma della Pac e noi siamo pronti a giocare, come sempre, la nostra partita.

Ma noi dobbiamo essere coscienti che tutto questo non potrà mai bastare. Le risorse pubbliche in futuro caleranno perché il Paese avrà bisogno di soldi per fare quadrare i propri conti e noi dovremo essere bravi a difendere ciò che ci spetta e che già abbiamo. Voglio dire che non dobbiamo illudere nessuno: se vogliamo recuperare competitività e reddito per mandare avanti le nostre imprese non è tanto sulla politica, ma nella capacità di recuperare valore sul mercato che dobbiamo puntare. Non possiamo distrarci, nessuna nuova Pac potrà risarcirci di quanto in questi anni il mercato ci ha derubato, in termini di valore, di identità e di strutture organizzate.

È su questo fronte che dovremo continuare e continueremo a batterci. Il fronte più difficile, quello del rapporto con il mercato e la società, quello da cui scaturisce la filiera agricola italiana, l’unica cosa nuova e vera che c’è e che potrebbe essere risolutiva per i bilanci delle nostre imprese e per le aspettative che la gente ripone su di noi. Ricordiamoci che, soprattutto in tempo di crisi, nessuno ci regalerà niente, tutto dovremo sudarcelo, ma ne varrà la pena, in gioco non c’è infatti l’elemosina che ci fa tirare avanti un anno in più, ma la dignità di un settore e di un popolo che ha deciso di riprendersi il proprio futuro. Un popolo che vuole bene all’Italia e che lo sa dimostrare con le parole e con i fatti, gente che merita di essere ascoltata e che ha voglia di dire la sua. Questo è il nostro impegno per il 2011, un impegno che sapremo mantenere.

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