il Punto Coldiretti

Una nuova storia per la nostra agricoltura

di Sergio Marini

Si chiude un anno difficile, tra i più difficili per la nostra agricoltura. I prezzi dei prodotti agricoli sono precipitati e con essi la redditività delle nostre imprese. La situazione era ed è troppo pesante per non avviare una profonda riflessione su quale fosse il male vero da combattere. Noi non abbiamo ricercato alibi nella crisi internazionale, non abbiamo attivato lo scaricabarile più comodo per trovare nella politica la causa di tutto, non abbiamo cavalcato le piazze speranzosi che questo gesto da solo potesse allentare  la  tensione nelle campagne.

La grave crisi, la politica, la giusta protesta, tutte questioni  importanti, ma questa volta il malato era troppo grave per non aggredire il problema dei problemi: l’agricoltura non guadagna perché non  ha potere contrattuale nella filiera. Il potere contrattuale è un fatto economico e si recupera con progetti di carattere economico.

Se i prezzi all’origine scendono e quelli al consumo salgono, se il valore del made in italy viene usurpato da chi vende per italiano ciò che di Italia non ha neanche l’incarto, se tutto questo accade allora siamo noi a doverci rimboccare le maniche, perché ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che qui con le buone maniere nessuno intende restituirci nulla di ciò che ci è stato rubato, sia in termini di valore lungo la filiera che  in termini di falsa identità italiana.

Ecco il nostro progetto di filiera agricola italiana: un percorso che traguardando gli interessi di imprese e consumatori deve trovare il sostegno della politica e della società.
Non c’è demagogia, non c’è populismo, non sono possibili strumentalizzazioni; nel nostro modo di fare c’è coerenza, responsabilità e attenzione agli interessi del Paese. Ecco perché gli impegni che la politica si prende con noi, come quelli dello scorso 30 aprile, poi li ha rispettati, perché non può, e, mi piace pensare, non vuole, non rispettarli. 

Il 30 aprile, dobbiamo ricordarlo, è stata una manifestazione di popolo, ma con dietro un progetto e degli impegni, che vive e vivrà per anni, e i fatti stanno lì a dimostrarlo. Altra cosa rispetto a tante iniziative viste in questi mesi, vissute giusto il tempo delle due ore in cui si sono svolte e che hanno raccolto il nulla, quello stesso nulla che hanno seminato; iniziative che vanno rispettate, ma che di fatto hanno depotenziato la credibilità dell’intero mondo agricolo e dalle quali ci siamo tenuti lontani.

Noi stiamo cercando di scrivere una nuova storia per la nostra agricoltura, lo dobbiamo ai nostri soci e al nostro Paese. Compito difficile, vero, ma è lecito chiedersi: chi potrebbe, e dovrebbe, farlo se non noi di Coldiretti?

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