il Punto Coldiretti

Ancora “schiavitù”!

Secondo un nuovo rapporto dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, sono quasi 21 milioni nel mondo le vittime del lavoro forzato ovvero 3 persone su 1000. L’espressione “lavoro forzato” è utilizzata dalla comunità internazionale per descrivere situazioni in cui le persone coinvolte — donne e uomini, bambine e bambini — sono costrette a lavorare contro la loro volontà, obbligate dal loro reclutatore o datore di lavoro tramite, ad esempio, la violenza o minaccia di violenza, oppure tramite mezzi più subdoli come i debiti accumulati, la confisca dei documenti di identità o la minaccia di denuncia alle autorità responsabili per l’immigrazione.

Queste situazioni possono anche comprendere casi di tratta di essere umani o pratiche simili alla schiavitù, che sono simili ma non identiche dal punto di vista giuridico. Secondo la legislazione internazionale l’imposizione di lavoro forzato costituisce un crimine che deve essere perseguito con pene proporzionate alla gravità del reato.

Beate Andrees, responsabile del Programma Ilo di azione speciale per combattere il lavoro forzato, nel presentare il rapporto ha detto: «Abbiamo fatto parecchia strada negli ultimi sette anni da quando presentammo le prime stime sul numero di persone vittime di lavoro o di servizi forzati nel mondo. Progressi incoraggianti sono stati registrati anche nell’assicurare che la maggior parte dei paesi adottassero una legislazione contro il lavoro forzato, la tratta di esseri umani e la pratiche simili alla schiavitù».

Tuttavia, alla luce di dati tanto impressionanti sul persistere del fenomeno, invita ad incrementare gli sforzi. «Non vengono tuttora perseguiti in modo adeguato gli individui responsabili di tante sofferenze inflitte a un numero così alto di persone. Dobbiamo anche far sì che il numero delle vittime non aumenti durante l’attuale crisi economica che rende le persone maggiormente vulnerabili a queste abominevoli pratiche  Ci vuole un cambiamento».

Dal rapporto emerge che: 18,7 milioni (il 90%) vengono sfruttati nell’economia privata da individui o imprese. Di questi, 4,5 milioni (22%) sono vittime di sfruttamento sessuale e 14,2 milioni (68%) sono vittime di sfruttamento lavorativo in attività economiche come l’agricoltura, le costruzioni, il lavoro domestico e l’industria manifatturiera. Inoltre, 2,2 milioni (10%) sono sottoposti a forme di lavoro forzato imposte dallo Stato, ad esempio in carcere in condizioni che violano le norme dell’ILO, oppure da eserciti nazionali o da forze armate ribelli. Il documento Ilo ricorda ancora che 5,5 milioni (26%) dei lavoratori forzati hanno meno di 18 anni.

Nella lettura del rapporto è possibile cogliere la distribuzione geografica del fenomeno.  Il tasso di prevalenza, cioè il numero di lavoratori forzati per 1.000 abitanti, è più elevato in Europa centrale e sudorientale e nella Comunità degli Stati Indipendenti (Csi), con un rapporto di 4,2 per 1000 abitanti, e in Africa con un rapporto di 4,0 per 1.000 abitanti. Il tasso è più ridotto, 1,5 per 1000 abitanti, nelle economie industrializzate e nell’Unione Europea.

La prevalenza relativamente alta in Europa centrale e sudorientale e nella Csi deriva dal fatto che la popolazione è meno numerosa rispetto, ad esempio, all’Asia mentre, allo stesso tempo, risultano essere numerosi nella regione i casi di tratta (trafficking) per lavoro e per sfruttamento sessuale e casi di di lavoro forzato imposto dalla Stato.

La regione Asia-Pacifico conta il maggior numero di lavoratori forzati nel mondo — 11,7 milioni (56%) del totale mondiale. Al secondo posto l’Africa con 3,7 milioni (18%), seguita dall’America Latina con 1,8 milioni di vittime (9%). I paesi sviluppati e l’Unione Europea contano 1,5 milioni (7%) di lavoratori forzati, mentre i paesi dell’Europa centrale e sudorientale e della Csi ne contano 1,6 milioni (7%). Si stimano in 600.000 le vittime nel Medio Oriente.

Nell’Unione europea c’è quasi un milione di persone, in maggioranza donne, in condizione di schiavitù, sfruttate sessualmente (270.000) o costrette a lavori forzati (670.00). Lo denuncia una ricerca dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo). Per quanto riguarda lo sfruttamento sessuale si tratta in prevalenza di donne provenienti dall’Asia, dall’Africa e dall’Europa centrale e sudorientale, mentre le vittime del lavoro forzato, secondo l’analisi dell’Ilo, sono soprattutto cittadini comunitari. La ricerca dell’Ilo riporta anche molti casi di adulti e di bambini costretti a esercitare attività economiche illecite o informali, in particolare l’accattonaggio. Che tristezza!

Padre Renato Gaglianone 

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