il Punto Coldiretti

Ancora sugli Ogm

Lo spunto di riflessione per questa settimana mi viene offerto dal mio “passaggio” a Pordenone per la Festa del Ringraziamento lo scorso 21 novembre. Ho registrato le difficoltà ad un confronto “libero” sul problema Ogm. E’ della settimana scorsa la pronuncia della Corte costituzionale della Germania che rigetta il ricorso avverso la normativa che disciplina  la “coesistenza” tra colture tradizionali e colture Ogm. Un ricorso del governo della Sassonia contro le restrizioni federali relative alla coltivazione di organismi geneticamente modificati (distanze minime di coltivazione, responsabilità finanziaria di chi coltiva gli Ogm in caso di contaminazione accidentale dei campi vicini).

Secondo la corte, le restrizioni sono giustificate, considerata la mancanza di certezza sui rischi delle coltivazioni transgeniche per l’ambiente. Ovviamente non è compito mio entrare nel merito della questione. Ritengo, però utile richiamare alcune sottolineature etiche, tratte dalla Dottrina Sociale della Chiesa (DSC), per dare forza e gambe alle nostre posizioni avverse alle colture di Ogm.

Una prima sottolineatura dalla Sollicitudo rei socialis (SRS)dove si dice che l’uomo con la propria azione può essere creatore e nello stesso tempo distruttore del bene che è stato donato all’umanità. L’adeguata relazione con il mondo cosmico dipende da una adeguata antropologia: la scoperta della verità ontologica dell’essere umano. L’ecologia d’altra parte è un problema morale (ecoetica) che richiede un cambiamento del modo di agire e la sconfitta delle cosiddette strutture di peccato.

Una seconda sottolineatura per constatare che il modello dell’homo oeconomicus appare in crisi di identità e in via di superamento. La ricchezza è data oggi soprattutto dal capitale umano e sociale. Come diceva Giovanni Paolo II nell’Enciclica Centesimus Annus: "la principale risorsa è l’uomo". Sparsi nella Caritas in veritate di Benedetto XVI altri richiami significativi. A creare ricchezza non sono infatti "tanto le risorse materiali quanto quelle immateriali, come l’intelligenza, la creatività, il lavoro disciplinato, la capacità di lavorare insieme con fiducia reciproca e disponibilità all’innovazione e al cambiamento".

Da qui la necessità di una regolazione del mercato, "perché ci sono esigenze umane importanti che sfuggono alla sua logica e beni che per loro natura non si possono e non si debbono vendere e comprare, primo fra tutti la persona umana", e perché "esistono bisogni umani che non hanno accesso al mercato, sempre tenendo presente che prima ancora della logica dello scambio esiste qualcosa che è dovuto all’uomo perché è uomo, in forza della sua eminente dignità". Guida al mercato sarà in primo luogo "la trasparenza, la conoscenza, la fiducia, la concorrenza lecita, la democrazia economica", ma anche l’"etica degli imprenditori e degli operatori economici" e la "cultura" e la "tradizione di un popolo, compresa la religione".

Per dare un’anima al mercato sono inoltre necessari "i legami sociali di solidarietà, i modelli di comportamento ereditati dal passato, i vincoli morali e religiosi che orientano la coscienza personale e professionale". Un ordine economico eticamente orientato a servizio della persona nel momento attuale "non è più procrastinabile".

Non possiamo dimenticare come nella prospettiva cristiana, la nostra responsabilità etica nei confronti della «dimora della nostra esistenza», trova le sue radici in una profonda comprensione teologica della creazione visibile e del nostro posto al suo interno. Giovanni Paolo II, richiamando questa responsabilità, nell’Evangelium vitae ha scritto: «Chiamato a coltivare e custodire il giardino del mondo (cfr Gn 2,15), l’uomo ha una specifica responsabilità sull’ambiente di vita, ossia sul creato che Dio ha posto al servizio della sua dignità personale. […] È la questione ecologica — dalla preservazione degli habitat naturali delle diverse specie animali e delle varie forme di vita alla ecologia umana propriamente detta — che trova nella pagina biblica una luminosa e forte indicazione etica per una soluzione rispettosa del grande bene della vita, di ogni vita […]. Nei confronti della natura visibile, siamo sottomessi a leggi non solo biologiche, ma anche morali, che non si possono impunemente trasgredire» (n. 42).

Nella DSC si sottolinea, poi, come gli scienziati sono chiamati a lavorare in modo intelligente e perseverante per risolvere i problemi relativi all’alimentazione e alla salute, essi dovrebbero anche tenere a mente che le loro attività riguardano materiali, viventi e non, che appartengono al patrimonio dell’umanità, destinato anche alle generazioni future. Il testo raccomanda agli imprenditori e agli enti pubblici che si occupano delle biotecnologie, che oltre a preoccuparsi del loro legittimo profitto, essi devono tenere a mente anche il bene comune. Questo principio diventa particolarmente importante per i Paesi più poveri e per la salvaguardia dell’ecosistema.

Approcciarsi, allora, alla questione “Ogm” non può ridursi ad una mera espressione di un aggiornamento di fronte ad una problematica che periodicamente si ripropone. Abbiamo qui un problema di grande spessore, che rimanda, però, anche ad una dimensione teologica forte: solo nella pace con Dio creatore, l’uomo può realizzare la pace col creato. La rivisitazione del tema, da correlarsi necessariamente  con l’attenzione per la salvaguardia del creato, rivela  intrecci forti con temi importanti della fede cristiana, ricevendo da essa una profondità nuova.

E’ vero che la teologia non potrà offrire una soluzione tecnica; tuttavia la teologia può aiutarci a vedere questo ambito dell’attività umana così come lo vede Dio, come lo spazio di una comunione personale in cui gli esseri umani, creati a  immagine di Dio, devono ricercare la comunione reciproca e la perfezione finale dell’universo visibile.

La teologia cristiana della creazione vi contribuisce in modo diretto affermando la verità fondamentale che la creazione visibile è essa stessa un dono divino, il «dono originario», che fissa uno «spazio» di comunione personale. In effetti si potrebbe dire che una corretta impostazione cristiana del tema è data dall’applicazione della teologia della creazione. “La relazione dell’uomo con il mondo è un elemento costitutivo dell’identità umana. Si tratta di una relazione che nasce come frutto del rapporto, ancora più profondo, dell’uomo con Dio” (Compendio DSC n. 452).

Per concludere, ricordo che nel n. 451 del “Compendio”  si esorta a guardare al futuro con speranza, “grazie alla promessa e all’alleanza che Dio rinnova continuamente”. Israele ha vissuto la fede in un ambiente percepito come dono di Dio. “La natura, opera dell’azione creatrice divina, non è una pericolosa concorrente”.

Padre Renato Gaglianone

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