il Punto Coldiretti

Benedetto XVI in Calabria

Il viaggio pastorale del Papa in Calabria segna il riconoscimento della grande opera di riscatto delle popolazioni calabresi dai suoi antichi mali. Un invito alla perseveranza e un sostegno alla speranza. Nelle parole del Papa, in continuità con quelle pronunciate da Giovanni Paolo II, in occasione della sua visita in Calabria nel 1984, non c’è un tentativo per eludere i problemi antichi e nuovi che riguardano il vissuto dei calabresi, quanto, piuttosto, l’incoraggiamento per affrontarli in modo adeguato.

La soluzione, infatti, non può venire solo dall’esterno, perciò “esorto in particolare voi, fedeli laici, a non far mancare il vostro contributo di competenza e di responsabilità per la costruzione del bene comune”.

Giovanni Paolo II, 17 anni fa si rivolgeva ai calabresi, ai giovani in particolare, con queste parole (vedi “il punto” del 02/05/2011): “Conosco le vostre preoccupazioni per il presente e le inquietudini per il futuro, conosco i problemi della vostra terra, che sono tanti e da lungo tempo irrisolti… So che uno dei problemi che angustia il vostro animo, e che talvolta è anche motivo di scoraggiamento, è quello della disoccupazione di tanti giovani e in particolare di quelli ancora in cerca della prima occupazione, nonostante che siano forniti delle necessarie competenze e siano animati da tanta buona volontà… desidero ribadire che il lavoro è un diritto, oltre che un dovere, e che la società deve creare le condizioni perché tutti possano usufruire di questo diritto… E’ necessario che la società garantisca il diritto al lavoro, che in certo senso è prioritario rispetto allo stesso diritto del lavoro.

Per far eco al suo Predecessore, bella è l’immagine usata dal Papa per descrivere la Calabria: “Se osserviamo questa bella regione, riconosciamo in essa una terra sismica non solo dal punto di vista geologico, ma anche da un punto di vista strutturale, comportamentale e sociale; una terra, cioè, dove i problemi si presentano in forme acute e destabilizzanti; una terra dove la disoccupazione è preoccupante, dove una criminalità spesso efferata, ferisce il tessuto sociale, una terra in cui si ha la continua sensazione di essere in emergenza”.

Benedetto XVI prende atto che i calabresi, anche se non compiutamente, hanno saputo dare corso all’invito di Papa Wojtyla: “Senza lavoro e senza speranza per il futuro si è esposti a ogni genere di tentazione: mi riferisco in particolare alle tentazioni della violenza e della droga.

Voi, giovani carissimi, in questo campo dovete dare una testimonianza forte e coraggiosa. Non cedete mai alla tentazione della violenza criminosa e mafiosa, anzi dovete essere la forza morale più determinante per sconfiggere ogni mentalità che porta alla prepotenza, all’oppressione e alla vendetta”. Il Papa a Lamezia riconosce: “All’emergenza, voi calabresi avete saputo rispondere con una prontezza e una disponibilità sorprendenti, con una straordinaria capacità di adattamento al disagio”.

Indica quindi il rimedio per non cedere  alla tentazione del pessimismo e del ripiegamento su se stessi. Con forza invita: “Fate appello alle risorse della vostra fede e delle vostre capacità umane; sforzatevi di crescere nella capacità di collaborare, di prendersi cura dell’altro e di ogni bene pubblico, custodite l’abito nuziale dell’amore; perseverate nella testimonianza dei valori umani e cristiani così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione”.

La visita del Papa alla suggestiva e bella Certosa di Serra San Bruno offre, anche, l’occasione per spaziare oltre le contingenze della Calabria. Nel Discorso fatto prima dell’ingresso nella Abazia, riconosce la valenza positiva dei Monasteri che “ieri sono stati centri di bonifica dei territori paludosi” e oggi sono chiamati a bonificare l’ambiente. Infatti, “il clima che si respira nelle nostre società non è salubre, è inquinato da una mentalità che non è cristiana, e nemmeno umana, perché dominata dagli interessi economici, preoccupata soltanto delle cose terrene e carente di una dimensione spirituale”.

Qui ritorna il tema che lo ha indotto all’istituzione del Pontificio Consiglio per la nuova Evangelizzazione. Nella lettera apostolica ubicunque et semper (http://www.vatican.va/), riprendendo il n. 32 della  Christifideles laici scrive "Interi paesi e nazioni, dove la religione e la vita cristiana erano un tempo quanto mai fiorenti e capaci di dar origine a comunità di fede viva e operosa, sono ora messi a dura prova, e talvolta sono persino radicalmente trasformati, dal continuo diffondersi dell’indifferentismo, del secolarismo e dell’ateismo.

Si tratta, in particolare, dei paesi e delle nazioni del cosiddetto Primo Mondo, nel quale il benessere economico e il consumismo, anche se frammisti a paurose situazioni di povertà e di miseria, ispirano e sostengono una vita vissuta «come se Dio non esistesse». Ora l’indifferenza religiosa e la totale insignificanza pratica di Dio per i problemi anche gravi della vita non sono meno preoccupanti ed eversivi rispetto all’ateismo dichiarato”.

E, richiamando quanto detto più volte nel suo recente viaggio in Germania, sottolinea: “In questo clima non solo si emargina Dio, ma anche il prossimo, e non ci si impegna per il bene comune”. Da qui la valenza positiva di luoghi come la Certosa.  “Il monastero, invece, è modello di una società che pone al centro Dio e la relazione fraterna. Ne abbiamo tanto bisogno anche nel nostro tempo”.

Padre Renato Gaglianone

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