il Punto Coldiretti

Chiesa e democrazia

La moltitudine dei disperati che bussano alle porte dell’Europa, e che spingono alla rivolta popoli interi, a mio parere, trova la sua ragion d’essere primariamente nelle problematiche vaste e complesse del lavoro, che in alcune aree assumono dimensioni drammatiche.Le istituzioni politiche sono chiamate  ad offrire il loro contributo specifico, tanto importante per la scelta di soluzioni giuste.

La Dottrina sociale della Chiesa sottolinea che “è una responsabilità che richiede loro di evidenziare le occasioni e i rischi che nei cambiamenti si profilano e soprattutto di suggerire linee di azione per guidare il cambiamento nel senso più favorevole allo sviluppo dell’intera famiglia umana. A loro spetta il grave compito di leggere e di interpretare i fenomeni sociali con intelligenza ed amore della verità, senza preoccupazioni dettate da interessi di gruppo o personali. Il loro contributo, infatti, proprio perché di natura teorica, diventa un riferimento essenziale per l’agire concreto delle politiche economiche.(n. 320)

Non si può chiudere gli occhi su gli scenari attuali di profonda trasformazione del lavoro umano che reclamano  ancor più urgente uno sviluppo autenticamente globale e solidale, in grado di coinvolgere tutte le zone del mondo, comprese quelle meno favorite. Giovanni Paolo II, nel Discorso all’Incontro giubilare con il mondo del lavoro (1º maggio 2000), ricordava la necessità di « globalizzare la solidarietà ».

L’avvio, infatti di un processo di sviluppo solidale di vasta portata non solo avrebbe rappresentato una concreta possibilità per creare nuovi posti di lavoro, ma si sarebbe configurato anche come una vera e propria condizione di sopravvivenza per interi popoli.

Gli squilibri economici e sociali esistenti nel mondo del lavoro vanno affrontati ristabilendo la giusta gerarchia dei valori e ponendo al primo posto la dignità della persona che lavora, continua il Compendio: «Mai le nuove realtà, che investono con forza il processo produttivo, quali la globalizzazione della finanza, dell’economia, dei commerci e del lavoro, devono violare la dignità e la centralità della persona umana né la libertà e la democrazia dei popoli. La solidarietà, la partecipazione e la possibilità di governare questi radicali cambiamenti costituiscono, se non la soluzione, certamente la necessaria garanzia etica perché le persone ed i popoli diventino non strumenti, ma protagonisti del loro futuro. Tutto ciò può essere realizzato e, poiché è possibile, diventa doveroso». (Giovanni Paolo II, Omelia alla Santa Messa per il Giubileo dei lavoratori (1º maggio 2000).

Ma tutto questo, per molti popoli, resta solo “un bel discorso” dal momento che presupposto necessario per portare a soluzione le problematiche sopra esposte richiede una vera e autentica “democrazia”. Una “democrazia” che non si esporta e che rischia di non realizzarsi neanche con le rivolte di intere masse di diseredati.

Sono necessarie personalità illuminate che hanno a cuore l’instaurarsi di vere istituzioni democratiche nei termini definiti da Giovanni Paolo II nella Centesimus annus: «La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno. Essa, pertanto, non può favorire la formazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano il potere dello Stato. Un’autentica democrazia è possibile soltanto in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. Essa esige che si verifichino le condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l’educazione e la formazione ai veri ideali, sia della “soggettività” della società mediante la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità». (n.46)

Al numero 407 del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa si sottolinea che “un’autentica democrazia non è solo il risultato di un rispetto formale di regole, ma è il frutto della convinta accettazione dei valori che ispirano le procedure democratiche: la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei diritti dell’uomo, l’assunzione del «bene comune» come fine e criterio regolativo della vita politica. Se non vi è un consenso generale su tali valori, si smarrisce il significato della democrazia e si compromette la sua stabilità.

Importante, poi evidenziare che la dottrina sociale individua uno dei rischi maggiori per le attuali democrazie nel relativismo etico, che induce a ritenere inesistente un criterio oggettivo e universale per stabilire il fondamento e la corretta gerarchia dei valori: « Oggi si tende ad affermare che l’agnosticismo e il relativismo scettico sono la filosofia e l’atteggiamento fondamentale rispondenti alle forme politiche democratiche, e che quanti sono convinti di conoscere la verità e aderiscono con fermezza ad essa non sono affidabili dal punto di vista democratico, perché non accettano che la verità sia determinata dalla maggioranza o sia variabile a seconda dei diversi equilibri politici. A questo proposito, bisogna osservare che, se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia». (c.a. n. 46) 

La democrazia è fondamentalmente «un “ordinamento” e, come tale, uno strumento e non un fine. Il suo carattere “morale” non è automatico, ma dipende dalla conformità alla legge morale a cui, come ogni altro comportamento umano, deve sottostare: dipende cioè dalla moralità dei fini che persegue e dei mezzi di cui si serve». (Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae, 70)

Queste tematiche non sono presenti negli interventi “illuminati” dei sedicenti politologi che riempiono colonne e colonne di “autorevoli” quotidiani. Né, tantomeno, negli interventi dei nostri politici che, oltre che beccarsi come i polli di manzoniana memoria, non sanno vedere altro che le conseguenze del temuto esodo biblico e le ricadute economiche sul nostro benessere. La real politik ancora una volta va alla ricerca di interlocutori che sostituiscano il vecchio apparato nella continuità di “affari” più o meno leciti e, comunque, molto lontani dalla ricerca del bene comune.

Alla Democrazia, così come delineata dalla Chiesa, nessuno fa riferimento. Forse perché risulterebbe troppo scomodo “mettersi in discussione”. Le dimissioni del Ministro degli esteri di Francia non fanno notizia, forse perché le accuse che le vengono rivolte sono troppa poca cosa rispetto a quelle rivolte ad alcuni nostri governanti.

Padre Renato Gaglianone

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