il Punto Coldiretti

Dalla Grecia un monito

La crisi economica della Grecia, ha evidenziato, ove ve ne fosse bisogno, i limiti di una Comunità Europea più “Federazione di Stati” che “Comunità di Stati”. Alla fine si è sbloccatala la situazione perché l’aiuto alla Grecia si dimostra un affare e non un gesto di “solidarietà” per una Comunità in difficoltà.

Lo dimostrano gli interessi richiesti per il prestito (anche se dicono che siano molto al di sotto di quelli di mercato) ma che non dovrebbero nemmeno esistere in un contesto di solidarietà. Perché solo la “solidarietà”, ci ricorda la Dottrina sociale della Chiesa, deve essere riconosciuta come criterio fondamentale per giudicare qualsiasi sistema sociale.

Al Governo greco, oltre agli interessi a livello monetario, sono richiesti una serie di “aggiustamenti strutturali” che peseranno sulla popolazione già pesantemente penalizzata dalla crisi. I “grandi” dell’Europa “vigileranno”, hanno dichiarato, che questi “aggiustamenti” siano effettivamente attuati, e poco importa se gran parte della popolazione sarà ridotta allo stremo. Sarà cosi anche il “federalismo all’italiana”?

Quando si decise che le “radici cristiane” non dovessero entrare nei preambula del Trattato europeo, forse si intendeva liberarsi dei limiti etici che essi pongono alla base dell’agire umano.

"Perché essi costringono a riprogettare il cammino guardando ai criteri generali e obiettivi con cui giudicare le strutture, le istituzioni e le decisioni concrete che guidano e orientano la vita economica". Infatti se i principi etici avessero dovuto essere alla base del salvataggio della Grecia avrebbe comportato che: "Piuttosto che una spirale di produzione e consumo in vista di necessità umane definite in modo molto limitato, la vita economica dovrebbe essere considerata in maniera adeguata come un esercizio di responsabilità umana, intrinsecamente orientato alla promozione della dignità della persona, alla ricerca del bene comune e allo sviluppo integrale, politico, culturale e spirituale, di individui, famiglie e società". (Benedetto XVI alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, 30 aprile 2010)

Ecco allora che la crisi finanziaria mondiale ha dimostrato la fragilità dell’attuale sistema economico e delle istituzioni a esso collegate, mostrando l’erroneità dell’idea secondo la quale il mercato sarebbe in grado di autoregolarsi, indipendentemente dall’intervento pubblico e dal sostegno dei criteri morali interiorizzati.

Quest’idea, ha spiegato il Papa, "si basa sulla nozione impoverita della vita economica come una sorta di meccanismo che si autocalibra guidato dal proprio interesse e dalla ricerca del profitto", e "trascura la natura essenzialmente etica dell’economia come attività di e per gli esseri umani".

E ancora non si può sottacere che la Dottrina sociale della Chiesa sottolinea come  fra i "principi indispensabili" che plasmano l’approccio etico integrale alla vita economica, deve essere presente "la promozione del bene comune, basata sul rispetto per la dignità della persona umana e riconosciuta come scopo primario dei sistemi di produzione e di commercio, delle istituzioni politiche e del benessere sociale". Si può affermare che i “sacrifici” chiesti alla Grecia si muovono in questa linea?

Come ricorda la Caritas in veritate, infatti, "senza la verità, senza fiducia e senza amore per il vero, non c’è coscienza e responsabilità sociale, e l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società" (n. 5).

Padre Renato Gaglianone

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