il Punto Coldiretti

Esercizio di intelligenza (intus legere)

Chi ha avuto la possibilità di vivere l’Assemblea al Palalottomatica di Roma lo scorso 5 luglio, non potrà non convenire con me che soltanto un quadro di valori ben definiti può produrre quella esaltante esperienza. Prendiamoci per mano e avventuriamoci in una operazione che, per alcuni che guardano dall’esterno, potrebbe risultare azzardata. Per chi, invece, avrà la pazienza di leggere il contenuto di questo numero de “il puto” riconoscerà che di azzardo poi c’è ne ben poco. Proviamo, cioè, a nominare alcuni concetti declinati dai relatori e, in particolare, dal presidente Marini.

Nell’ascoltare il presidente Marini ho fatto un tuffo nei miei trascorsi scolastici, e mentre snocciolava dati, evocava situazioni particolari, chiamava per nome fatti e misfatti, mi è venuto in mente un famoso pedagogista brasiliano.  Egli sosteneva che si è consapevoli che soltanto all’interno di un processo di coscientizzazione si realizza un processo di liberazione.

Paulo Freire, nell’ambito del suo progetto pedagogico, sosteneva che se il popolo analfabeta non si mette all’interno di un processo di liberazione, non può neanche imparare a leggere. Se non ci si chiede di chi é la terra, chi é il padrone, che cosa è un latifondo, a che serve il lavoro e chi sono i servi e chi sono i signori, e perché ci sono i servi e perché ci sono i signori, non si può nemmeno imparare a scrivere e a leggere quelle parole e nessun’altra parola.

L’operazione compiuta da Marini, spinge a cogliere quegli elementi che sottolineano il rapporto strettissimo, di reciproca necessità, che intercorre tra conoscenza e libertà. Solo essendo libero l’uomo può nominare il mondo, e dunque padroneggiarlo. E solo conoscendo può liberarsi. Perciò la conoscenza è stata negata per secolo ai poveri, perché il mondo fosse solo degli altri, sicché conoscenza e ricchezza e potere sono state la stessa cosa. Operazione, a sentire gli applausi, pienamente riuscita.

Una seconda suggestione la si ricava quando aleggiano le parole di Petrini che, facendo il paio con quanto dirà successivamente il Presidente a proposito della necessità della diversa misurazione del pil, accreditano la Coldiretti come “comunità” che va oltre il semplice essere “società”.  Scomodando Ferdinand Toennies (trad. it. 1964) Comunità e Società  indicano due modi di vita, e due tipi di rapporti interindividuali, che stanno in contrapposizione reciproca.

«Tutto ciò che è fiducioso, intimo, vivente esclusivamente insieme è compreso come la vita in comunità. La società  è  il mondo. Si entra nella società come in terra straniera» . Con questo non ci si vuole minimamente tacere di quelle, forse troppe, realtà Coldiretti che persistono nel voler rimanere “terra straniera” di società e temono il salto di qualità verso la “comunità”.

Ma è risultato chiaro che tutte le componenti la “comunità umana”, tra queste è da annoverare a pieno titolo  la Coldiretti, devono offrire il loro contributo  perché la società diventi sempre più “comunità”, un terreno favorevole alla crescita integrale della persona umana. Favorendo, inoltre, condizioni e stili di vita sani e rispettosi dei valori, è possibile promuovere lo sviluppo integrale della persona, educare all’accoglienza dell’altro e al discernimento della verità, alla solidarietà e al senso della festa, alla sobrietà e alla custodia del creato, alla mondialità e alla pace, alla legalità, alla responsabilità etica nell’economia e all’uso saggio delle tecnologie. (cfr. Educare alla vita buona del Vangelo n. 50)

E’, in fondo, la concretizzazione dell’«amore sociale»  che si trova agli antipodi dell’egoismo e dell’individualismo: senza assolutizzare la vita sociale, non si può dimenticare che lo sviluppo integrale della persona e la crescita sociale si condizionano vicendevolmente. L’egoismo, pertanto, è il più deleterio nemico di una società ordinata: la storia mostra quale devastazione dei cuori si produca quando l’uomo non è capace di riconoscere altro valore e altra realtà effettiva oltre i beni materiali, la cui ricerca ossessiva soffoca e preclude la sua capacità di donarsi. (Cfr. n. 581 del Compendio della DSC)

Padre Renato Gaglianone

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