Eucaristia e quotidianità
Reduci dalla bella “fatica” di Ancona, con ancora negli occhi la folla gioiosa che accoglie Benedetto XVI nel piazzale della Fincantieri, pazientemente esposta all’inclemenza dei raggi di un sole che, almeno a me, appariva caldo oltre misura, vi rilancio alcuni passaggi degli interventi del Papa. Il Papa non si è sottratto alla fatica di operare una sorta di sintesi di quanto accaduto durante la celebrazione del XXV Congresso eucaristico nazionale. Nelle sue parole sono riassunti tutte le suggestioni, i messaggi, le ansie e le speranze che nei diversi luoghi delle Diocesi della Metropolia di Ancona sono echeggiati. Il concetto di fondo del ragionamento del Papa si sostanzia nell’affermazione che un modello di organizzazione sociale che punta solo sul benessere materiale prescindendo da Dio e dalla sua rivelazione in Cristo, finisce per "dare agli uomini pietre al posto del pane". Ricorda Benedetto XVI: “E’ anzitutto il primato di Dio che dobbiamo recuperare nel nostro mondo e nella nostra vita, perché è questo primato a permetterci di ritrovare la verità di ciò che siamo, ed è nel conoscere e seguire la volontà di Dio che troviamo il nostro vero bene. Dare tempo e spazio a Dio, perché sia il centro vitale della nostra esistenza”. Riprendendo il brano evangelico in cui fa bella mostra l’incredulità e la difficoltà dei discepoli di fronte alle parole di Gesù che si dichiara pane di vita, il Santo Padre articola il suo discorso in maniera che nessuno può far finta di niente. “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” (Gv 6,60). Perché accogliere veramente questo dono vuol dire perdere se stessi, lasciarsi coinvolgere e trasformare, fino a vivere di Lui, come ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella seconda Lettura: “Se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore” (Rm 14,8). “Questa parola è dura!”; è dura perché spesso confondiamo la libertà con l’assenza di vincoli, con la convinzione di poter fare da soli, senza Dio, visto come un limite alla libertà. E’ questa un’illusione che non tarda a volgersi in delusione, generando inquietudine e paura e portando, paradossalmente, a rimpiangere le catene del passato: “Fossimo morti per mano del Signore nella terra d’Egitto…” – dicevano gli ebrei nel deserto (Es 16,3), come abbiamo ascoltato. In realtà, solo nell’apertura a Dio, nell’accoglienza del suo dono, diventiamo veramente liberi, liberi dalla schiavitù del peccato che sfigura il volto dell’uomo e capaci di servire al vero bene dei fratelli. “Questa parola è dura!”; è dura perché l’uomo cade spesso nell’illusione di poter “trasformare le pietre in pane”. Dopo aver messo da parte Dio, o averlo tollerato come una scelta privata che non deve interferire con la vita pubblica, certe ideologie hanno puntato a organizzare la società con la forza del potere e dell’economia. La storia ci dimostra, drammaticamente, come l’obiettivo di assicurare a tutti sviluppo, benessere materiale e pace prescindendo da Dio e dalla sua rivelazione si sia risolto in un dare agli uomini pietre al posto del pane. Il pane, cari fratelli e sorelle, è “frutto del lavoro dell’uomo”, e in questa verità è racchiusa tutta la responsabilità affidata alle nostre mani e alla nostra ingegnosità; ma il pane è anche, e prima ancora, “frutto della terra”, che riceve dall’alto sole e pioggia: è dono da chiedere, che ci toglie ogni superbia e ci fa invocare con la fiducia degli umili: “Padre (…), dacci oggi il nostro pane quotidiano” (Mt 6,11). Nell’intervento al XXXVII Convegno dei Consiglieri ecclesiastici della Coldiretti, Mons. Edoardo Menichelli ha auspicato che dall’Eucaristia nasca una nuova e intensa assunzione di responsabilità a tutti i livelli della vita comunitaria, nasca quindi uno sviluppo sociale positivo, che ha al centro la persona, specie quella povera, malata o disagiata. Quasi a voler anticipare le parola del Papa, nel Convegno “Eucaristia, terra e cibo . nostalgia di futuro”, gli interventi del Presidente Marini, dei professori Kanakapally e Parisi, con il contributo del presidente dei Pensionati Mansueto, Don Paolo Bonetti, P; Ermolao Portella e Sergio Marelli, hanno ribadito che non si può restare estranei o indifferenti alle sorti dei fratelli. Per poter far questo, afferma il Papa, “è necessario entrare nella stessa logica di amore e di dono del sacrificio della Croce; chi sa inginocchiarsi davanti all’Eucaristia, chi riceve il corpo del Signore non può non essere attento, nella trama ordinaria dei giorni, alle situazioni indegne dell’uomo, e sa piegarsi in prima persona sul bisognoso, sa spezzare il proprio pane con l’affamato, condividere l’acqua con l’assetato, rivestire chi è nudo, visitare l’ammalato e il carcerato (cfr Mt 25,34-36)”. La capacità di aprirsi con “compassione” al fratello, soprattutto al fratello nel bisogno, afferma il Papa, risiede nella spiritualità eucaristica. Una spiritualità eucaristica è via per restituire dignità ai giorni dell’uomo e quindi al suo lavoro, nella ricerca della sua conciliazione con i tempi della festa e della famiglia e nell’impegno a superare l’incertezza del precariato e il problema della disoccupazione. Una spiritualità eucaristica ci aiuterà anche ad accostare le diverse forme di fragilità umana consapevoli che esse non offuscano il valore della persona, ma richiedono prossimità, accoglienza e aiuto. Dal Pane della vita trarrà vigore una rinnovata capacità educativa, attenta a testimoniare i valori fondamentali dell’esistenza, del sapere, del patrimonio spirituale e culturale; la sua vitalità ci farà abitare la città degli uomini con la disponibilità a spenderci nell’orizzonte del bene comune per la costruzione di una società più equa e fraterna”. Padre Renato Gaglianone |
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