il Punto Coldiretti

Fede e Ambiente

Da qualche hanno la Coldiretti sta “investendo”, a livello formativo, nel rigenerare il modello identitario del suo “popolo”, non più costituito soltanto dalla componente agricola o ittica ma anche dei cittadini consumatori, anche attraverso la celebrazione, a livello nazionale, della Giornata per la salvaguardia del Creato. Dopo aver richiamato, la scorsa settimana, il Messaggio dei Vescovi per la 7a Giornata, in vista della celebrazione del prossimo 22/23 settembre, mi sembra opportuno richiamare il quadro di riferimento di quanto andremo a celebrare.

La crisi ambientale è soprattutto un problema morale. Ciò significa che non si può pensare di risolvere il problema dell’ambiente, senza un profondo cambiamento culturale e senza una capillare educazione per la formazione di una nuova coscienza ecologica. La questione ecologica è una questione morale. Giovanni Paolo II, nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1990, scriveva giustamente che “non pochi valori etici, di fondamentale importanza per lo sviluppo di una società pacifica, hanno una diretta relazione con la questione ambientale” (n. 2).

E, in un discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze, ha chiaramente indicato i limiti etici che l’uomo deve osservare nel rapporto con le altre creature: “Il primo limite è l’uomo stesso. Egli non deve far uso della natura contro il proprio bene, il bene dei suoi vicini esseri umani, e il bene delle future generazioni. Il secondo limite sono gli esseri creati o, piuttosto, la volontà di Dio come espressa nella loro natura. L’uomo non è libero di fare con le creature che lo circondano ciò che egli desidera e come desidera”. (Giovanni Paolo II, Ai partecipanti della Settimana di studio sugli ecosistemi tropicali, L ‘Osservatore Romano, 19 maggio 1990,  p. 4,  n. 4)

Nonostante la gravità dei problemi, i cristiani guardano al futuro con speranza e fiducia. Questa speranza non è un ottimismo facile, ma la certezza che se sapremo convertire il nostro cuore al rispetto per la vita, per ogni vita, alla solidarietà e alla responsabilità per l’altro, una primavera dello Spirito potrà sigillare di nuovo l’alleanza fra l’uomo e la terra. È questa la testimonianza che i cristiani sono impegnati a dare a tutti gli uomini di buona volontà.

Affrontare questa tematica, quindi,  non è la mera espressione di un aggiornamento di fronte ad una problematica recentemente impostasi. Abbiamo, nelle questioni che riguardano l’ambiente (la salvaguardia del creato), un problema morale di grande spessore, che rimanda, però, anche ad una dimensione teologica forte: solo nella pace con Dio creatore, l’uomo può realizzare la pace col creato. L’attenzione per l’Ambiente, nel contesto dei credenti, rivela,  intrecci forti con temi importanti della fede cristiana, ricevendo da essa una profondità nuova.

Benedetto XVI nella Caritas in veritate al n. 48, collegando la questione ambientale allo sviluppo, ci ricorda: “Il tema dello sviluppo è oggi fortemente collegato anche ai doveri che nascono dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale. Questo è stato donato da Dio a tutti, e il suo uso rappresenta per noi una responsabilità verso i poveri, le generazioni future e l’umanità intera. Se la natura, e per primo l’essere umano, vengono considerati come frutto del caso o del determinismo evolutivo, la consapevolezza della responsabilità si attenua nelle coscienze. Nella natura il credente riconosce il meraviglioso risultato dell’intervento creativo di Dio, che l’uomo può responsabilmente utilizzare per soddisfare i suoi legittimi bisogni — materiali e immateriali — nel rispetto degli intrinseci equilibri del creato stesso. Se tale visione viene meno, l’uomo finisce o per considerare la natura un tabù intoccabile o, al contrario, per abusarne. Ambedue questi atteggiamenti non sono conformi alla visione cristiana della natura, frutto della creazione di Dio.

E’ pur vero che la teologia non potrà avere la pretesa di offrire una soluzione tecnica alla crisi ambientale; tuttavia la teologia può aiutarci a vedere il nostro ambiente naturale così come lo vede Dio, come lo spazio di una comunione personale in cui gli esseri umani, creati a  immagine di Dio, devono ricercare la comunione reciproca e la perfezione finale dell’universo visibile. Sempre nella Caritas in Veritate viene sottolineato: “La natura è espressione di un disegno di amore e di verità.

Essa ci precede e ci è donata da Dio come ambiente di vita. Ci parla del Creatore (cfr Rm 1, 20) e del suo amore per l’umanità. È destinata ad essere «ricapitolata» in Cristo alla fine dei tempi (cfr Ef 1, 9-10; Col 1, 19-20). Anch’essa, quindi, è una «vocazione» . La natura è a nostra disposizione non come «un mucchio di rifiuti sparsi a caso», bensì come un dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci, affinché l’uomo ne tragga gli orientamenti doverosi per “custodirla e coltivarla”. (Gn 2,15)

La teologia cristiana della creazione, quindi, contribuisce in modo diretto alla risoluzione della crisi ecologica, affermando la verità fondamentale che la creazione visibile è essa stessa un dono divino, il «dono originario», che fissa uno «spazio» di comunione personale. In effetti si potrebbe dire che una corretta teologia cristiana dell’ecologia è data dall’applicazione della teologia della creazione.

La cristologia e l’escatologia possono insieme illuminare ulteriormente questa verità. Poiché Dio ha voluto benignamente elevare persone create alla partecipazione dialogica alla sua vita, egli deve, per così dire, abbassarsi al livello della creatura. In questa prospettiva cristologica, la «ominizzazione» di Dio è un atto di solidarietà, non solo con persone create, ma con l’intero universo creato e il suo destino storico. Non solo, ma nella prospettiva escatologica, la seconda venuta di Cristo può essere vista come l’evento in cui Dio prende fisicamente dimora nell’universo perfezionato che porta a compimento il piano originale della creazione.

Da qui il dovere gravissimo “di consegnare la terra alle nuove generazioni in uno stato tale che anch’esse possano degnamente abitarla e ulteriormente coltivarla. Ciò implica l’impegno di decidere insieme, dopo aver ponderato responsabilmente la strada da percorrere, con l’obiettivo di rafforzare quell’alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino”. (CV n. 50)

Padre Renato Gaglianone

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