il Punto Coldiretti

Il fine vita

Il secolarismo ha spazzato via certi valori e si inseguono nuovi significati (esoterici, utopistici, economici etc…), che nulla hanno a che fare con la visione cristiana della vita.
Ci troviamo presi dalla frenesia di pianificare e di programmare tutto: la gioia, il dolore, la vita e la stessa morte che viene, sempre più esorcizzata, eclissata e, al tempo stesso, tecnicizzata.

In tale contesto si è presi da una sorta di indifferenza di fronte al dolore, alla sofferenza e alla morte! Scrive Franco Balzaretti: “Anche perché quando siamo sani nutriamo ogni giorno una sorta di illusione: che la malattia e ancor più la morte siano ombre che toccano la vita degli altri e mai la nostra. E così facciamo fatica a metterci nei panni di chi è veramente ammalato; facciamo fatica a pensarci in una corsia di ospedale ad aspettare una diagnosi infausta o di essere sottoposti ad un intervento. Ma quando poi immaginiamo questi momenti di vita, che presto o tardi toccano quasi a tutti, insorge prepotente un desiderio: quello di essere trattati con umanità, con cuore, con amore”.

In questa contraddittoria stagione “culturale” si inserisce la questione  attuale dei nostri tempi che riguarda la legge di fine vita su cui la Camera dovrebbe votare in questo mese di aprile. Il Card. Bagnasco, nella prolusione all’ultimo Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana inserisce alcune sue considerazioni sull’argomento, nel contesto più ampio dell’analisi della situazione della Società italiana.

“È a partire dall’applicazione alle urgenze congiunturali, che è preferibile recuperare – tessera dopo tessera – il mosaico di una visione, di cui pure si sente la necessità: la visione cioè di dove stiamo andando, e perché dobbiamo affrontare determinati sacrifici. In questa stagione, tuttavia, conviene farsi guidare anzitutto dal criterio della concretezza: essa dà credibilità. Capiremo allora probabilmente che una visione forte non può non includere la sola medicina capace di guarire alle radici: la vita, la sua cura, e la sua promozione. La vita cioè elevata a creazione sociale, dunque a orizzonte di cultura, di bellezza, di arte”.

Una vera riflessione sulla “dichiarazione anticipata di fine vita” (Dat) non può non inserirsi in questa chiave interpretativa e portare a ritenere la necessità di una legge che disciplini tale delicato argomento. Continua il Presule: “Si tratta infatti di porre limiti e vincoli precisi a quella “giurisprudenza creativa” che sta già introducendo autorizzazioni per comportamenti e scelte che, riguardando la vita e la morte, non possono restare affidate all’arbitrarietà di alcuno. Non si tratta di mettere in campo provvedimenti intrusivi che oggi ancora non ci sono, ma di regolare piuttosto intrusioni già sperimentate, per le quali è stato possibile interrompere il sostegno vitale del cibo e dell’acqua”.

Per evitare abusi e un vero far west di libere interpretazioni pseudo etico giuridiche è necessario “adottare regole che siano di garanzia per persone fatalmente indifese, e la cui presa in carico potrebbe un domani – nel contesto di una società materialista e individualista −  risultare scomoda sotto il profilo delle risorse richieste”.

Di qui la necessità di “pensieri non ideologici ma informati a premura e tutela, e ispirati a vera “compassione”. Questa, infatti,  non elimina la vita fragile e indifesa, ma la “com-patisce”, induce cioè a sopportarla insieme all’ammalato, si fa condivisione, sostegno, accompagnamento fino al traguardo terreno. In determinate condizioni, la paura più impertinente scaturisce dalla solitudine e dall’abbandono, mentre l’atteggiamento d’amore trova vie misteriose per farsi percepire e saper medicare. È qui, su questo versante massimamente precario e bisognoso, che una società misura se stessa. Questa mostra la sua umanità specialmente di fronte alla vita quando è troppo debole per affermare se stessa e potersi difendere; altresì quando concepisce la vita di ciascuno non solo come un bene dell’individuo, ma anche – in misura – come un bene che concorre al tesoro comune”.

Per avere le idee più chiare dal punto di vista tecnico-medico, riporto alcuni passaggi di un addetto ai lavori: il medico Franco Balzaretti (Segretario Nazionale AMCI  – Associazione Medici Cattolici Italiani – Il testo completo potete trovarlo su: http://www2.azionecattolica.it/archivio-fattodelgiorno/fine-vita-e-dignita-persona).

“Si parte da una domanda: Quali sono i presupposti per una buona legge sul tema delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento di prossima discussione alla Camera?
Di fronte alle spinte eutanasiche di un’ideologia relativista e di economie disumane, la legge sul fine vita che verrà discussa nell’aula della Camera dovrà, da salvaguardare la professionalità del medico orientata alla salute e alla vita del paziente, rispettandone la dignità e tenendo conto delle sue indicazioni, come previsto dalla Convenzione di Oviedo e dall’articolo 32 della Costituzione.

Innanzi tutto la nuova legge dovrà tener conto di un dato scientifico inequivocabile e cioè che alimentazione e nutrizione –  là dove siano utili, proporzionate e adeguate alle condizioni cliniche – sono atti di sostegno vitale. Anche perché, risulta evidente che, quando interrotte (o non instaurate), diventano esse stesse causa diretta della morte, sostituendosi alla malattia. Anche perché ciò che va sempre garantito ad un ammalato è il sostentamento ordinario di base: la nutrizione e l’idratazione, sia che siano esse fornite per vie naturali che per vie non naturali o artificiali.
Nutrizione e idratazione vanno sempre considerati atti dovuti eticamente (oltre che deontologicamente e giuridicamente) in quanto indispensabili per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere.

Anche perché alimentarsi o dissetarsi da soli, o tramite altri, non costituiscono elementi di differenziazione nella valutazione scientifica ed etica. Inoltre, per la dignità e la deontologia professionale, il medico e sempre tenuto a prendersi cura del paziente, in ogni condizione clinica.

Dobbiamo poi ricordare anche il riconoscimento giuridico e morale dell’obiezione di coscienza del medico; una vera e propria conquista civile. Essa implica che quando una legge prevede comportamenti che causano direttamente – o possono concorrere a causare – la soppressione della vita umana (come per aborto ed eutanasia) il medico può legittimamente rifiutarsi di applicarla.

È importante anche sottolineare che si corre un rischio molto maggiore per l’abbandono, piuttosto che per l’accanimento, nella realtà concreta della professione medica ed oltretutto il medico, in base alle norme in vigore ed al codice deontologico, è sempre e tassativamente tenuto ad astenersi da pratiche di accanimento terapeutico.

Vorrei poi ribadire che le Dat non possono mai costituire un testamento vincolante per il medico curante il quale, ben attento alla relazione umana che lo lega al suo paziente, saprà sempre rispettare l’alleanza terapeutica, fondamento della professione medica, tenendo conto, nell’assunzione delle proprie inalienabili responsabilità, delle volontà espresse dal paziente.

Un altro punto controverso riguarda il ruolo del fiduciario; a mio avviso, permangono alcuni legittimi dubbi sulla figura del fiduciario, che ancora aspetta di essere ben definita dal diritto e dalla morale e che, nei Paesi che già applicano forme di testamenti biologici (living will o forme simili), ha mostrato evidenti limiti, creando ancor più confusione. Per cui è indispensabile che il parere del fiduciario non sia mai vincolante per il medico curante.

Anche perché il medico deve poter tenere conto del progresso della scienza, che si è verificato dopo la redazione delle dichiarazioni anticipate, cosa che non sarebbe possibile con la “vincolatività”.
In base a tali considerazioni si ritiene quindi che l’impianto generale della proposta di legge, già approvata dal Senato, rappresenti di per sé una base accettabile.

E dobbiamo comunque considerare particolarmente prezioso ed apprezzabile lo sforzo del relatore alla Camera on. Di Virgilio, per apportare alcuni significativi miglioramenti e adeguamenti alla legge stessa (ad es. divieto assoluto di eutanasia, la non “vincolatività” delle dichiarazioni anticipate, l’estensione della legge a tutti gli incapaci di intendere etc…). Si auspica quindi di poter contare, in Parlamento, su una solida maggioranza a favore di questa proposta legge, per scongiurare significativi stravolgimenti nel corso del dibattito in aula; e questo al fine di evitare che si possa introdurre, nella legislazione italiana, una possibile tentazione di deriva eutanasica.

Ed infine vorrei rivolgere l’invito ad uno sguardo un po’ più elevato. Perché chi ha il dono della fede sa bene che l’ammalato è un segno particolare della presenza dei Cristo sofferente e, alla fine della vita, non ci stupiremo di aprire gli occhi sul volto di Cristo, ma ci stupiremo forse di scoprire la sua identità e la sua presenza nei panni degli ultimi, dei più poveri ed ammalati "Ero malato e mi avete visitato"”.

Padre Renato Gaglianone

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