il Punto Coldiretti

Il vino “laetificat cor hominis”

Da un’analisi Coldiretti presentata al Vinitaly di Verona apprendiamo che il vino dà lavoro a 1,2 mln di persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche in attività connesse e di servizio, con ogni grappolo raccolto in campagna che è in grado di attivare ben 18 diversi settori.

In particolare lo studio della Coldiretti evidenzia la crescita esponenziale delle attività indotte che si sono estese negli ambiti più diversi: dall’industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle assicurazioni, da quella degli accessori, come cavatappi e sciabole, dai vivai agli imballaggi, dalla ricerca e formazione alla divulgazione, dall’enoturismo alla cosmetica e al mercato del benessere, dall’editoria alla pubblicità, dai programmi software fino alle bioenergie ottenute dai residui di potatura e dai sottoprodotti della vinificazione (vinacce e raspi) che potenzialmente possono offrire da 2,4 a 3,2 milioni di tonnellate di biomasse ogni anno.

Ovviamente non è compito di questo spazio de “il punto” entrare nel merito delle questioni legate a questo importante settore dell’economia. Vi propongo invece alcune notazioni storiche e un excursus  attraverso le religioni e, in particolare, attraverso la Bibbia per saperne di più sul vino che: “laetificat cor hominis” (Sal 103,15).

Storicamente un calice di vino racconta millenni di storia umana. Gli specialisti affermano che il vino è stato prodotto per la prima volta, forse casualmente, tra 9 e 10.000 anni fa nella zona del Caucaso. Sembra, infatti, che il primo vino sia stato prodotto del tutto per caso (come è avvenuto per il pane lievitato) per la fermentazione accidentale di uva dimenticata in un recipiente.

Tutte le culture apprezzano il vino come bevanda piacevole.
E non soltanto bevanda che spegne la sete. Il vino è qualcosa di più: non solo spegne la sete ma è anche la bevanda della gioia, della vita, della festa.  Ecco perché è quasi sempre materia per sacrifici e atti di culto come ad esempio il culto a Dionisio in Grecia e a Roma. Buona parte di noi, che alle medie hanno incontrato Omero, ricordano gli dei dell’Olimpo che occupano parte del loro tempo a bere il frutto della vite in coppe dorate, ed i suoi eroi epici celebrare sempre le loro vittorie con lauti banchetti nei quali il vino scorre a fiumi.

In un intervento all’Accademia della vite e del vino”, il Card. Giovanni Battista Re ricordava che “Orazio fa elogi del vino della Sabina e descrive la gioia che dà il vino bevuto caldo dal camino nelle giornate in cui il Soratte si copre di neve (Ode 1,9)”. E’ risaputo che l’Impero Romano dà impulso alla produzione del vino, e che in questo periodo le colture della vite si diffondono su gran parte del territorio e, con l’aumentare della produzione, crescono anche i consumi.

Ricorda ancora il Card. Re che: “Con il crollo dell’Impero Romano, la viticoltura entra in una crisi dalla quale uscirà solo nel Medioevo, grazie soprattutto all’impulso dato dai Monaci Benedettini e Cistercensi. Non poteva essere diversamente, in quanto San Benedetto occupa l’intero capitolo XL (De censura potus) della celebre Regola monastica per spiegare la misura del vino destinata ai Monaci: “Credimus heminam vini per singulos sufficere per diem”, cioè “Crediamo che a tutti possa bastare un quarto di vino a testa”.

Proprio nel corso del Medioevo nasceranno tutte quelle tecniche di coltivazione e di produzione che arriveranno praticamente immutate fino al XVIII secolo. Uno dei migliori vini della regione di Bordeaux di Francia, il Pétrus, è dedicato a San Pietro, avendo nell’etichetta la figura del Principe degli Apostoli. È poi noto che all’Abate Benedettino Dom Pérignon viene attribuito di essere l’inventore dello champagne”.

Il vino ha anche una valenza religiosa simbolica. Presso gli antichi ebrei il vino era considerato una bevanda di vita e di immortalità. Per i mussulmani è la bevanda dell’amore divino, il simbolo della vita piena, della conoscenza di Dio, dell’eternità. Inoltre era molto importante nel culto dei morti: era offerto nel giorno della morte e nel giorno destinato al ricordo dei morti. 
Il vino nella Bibbia. Nell’Antico testamento il vino era considerato il simbolo di tutti i doni provenienti da Dio, era la bevanda della vita che sa donare consolazione e gioia e curare la sofferenza dell’uomo.

La ragione viene espressa sottolineando che esso tocca l’intimità dell’uomo e permea la sua stessa vita perché influisce sul piano psicologico del bevitore. Per questo motivo nei banchetti non poteva mai mancare il calice del vino, sul quale si pronunciava poi una preghiera di ringraziamento. Per indicare la gioia della vita futura la Bibbia dice che nel banchetto finale il Signore offrirà agli ospiti vini raffinati, nelle nozze di Cana, l’acqua diventa ottimo vino è segno della gioia che il regno di Dio porta con sé. Gesù dà inizio definitivo a questo regno offrendo il vino che è il suo sangue versato per noi, e che ci unisce a Lui in una Alleanza eterna.

Con il Card. Re (vedi intervento citato sopra, dello scorso 27 ottobre) inoltriamoci nella Sacra Scrittura. In particolare l’Antico Testamento ci presenta Noè, padre della nuova umanità, come il primo vincitore e il primo bevitore di vino. (Gen 9,20). Nel tempo dei Patriarchi è affermazione costante che l’abbondanza del vino è segno della benedizione di Dio.Il vino è uno degli elementi essenziali della cena pasquale del popolo eletto.

Il Siracide esalta il vino da cui dipendono gioia e allegria, in quanto “è succo vitale per l’uomo che lo beve con moderazione” (Sir 31,27). Questo “succo vitale” ravviva l’esistenza umana e le dà senso, infatti – continua il Siracide – “che vita è mai quella in cui manca il vino?”. E conclude con una saggia regola di vita : “Allegria del cuore e gioia dell’anima è il vino a tempo e con moderazione”.

Il Siracide pone il vino tra le cose indispensabili all’uomo: “Prime necessità dell’uomo sono l’acqua, il fuoco, il sale, il fior di farina, il latte, il miele, il succo dell’uva, l’olio e il vestito” (Sir 39,26). E in una scala di valori il Siracide pone il vino prima dell’arte, ma dopo la sapienza: “Vino e musica rallegrano il cuore, ma più ancora lo rallegra l’amore della sapienza” (Sir 40,20). Tra i consigli del Siracide vi è anche il consiglio di lasciare invecchiare il vino: “Se il vino regge ad un lungo invecchiamento vi è certezza della sua qualità”. (Sir 9,10). I libri sapienziali tuttavia oltre a cantare la bontà e i pregi del vino, ci mettono anche in guardia sul suo abuso: “ Il vino è rissoso, il liquore è tumultuoso, chiunque si inebria non è saggio”(Prov 20,1)

Nel nuovo Testamento vengono rafforzate sia le particolari proprietà del vino per l’uomo che la valenza simbolica dello stesso. A differenza di Giovanni Battista, che non bevevo vino, Gesù beveva vino (Mt 11,19; Lc 8,34). La ragione è perché “mentre c’è lo sposo, bisogna far festa”. Gesù, inoltre, ci parla della sua dottrina e della sua opera come di “vino nuovo” che va messo non in otri vecchi, ma in otri nuovi (Mc 2,22): perché è qualcosa di trasformante ed ha la forza della fermentazione del vino novello. San Paolo,scrivendo al suo caro discepolo Timoteo, gli dà anche questo consiglio: “ Non bere solo acqua, ma prendi anche un po’ di vino” (1Tim 5,23).

L’episodio più significativo sul vino è la vicenda delle nozze di Cana. Il regalo di nozze di Gesù ai novelli sposi è un miracolo che possiamo dire “molto umano”: una splendida scorta di 6 tinozze con una capienza di circa 40 litri cadauna, parti a 240 litri! Ed è vino della miglior qualità: “Tutti servono da principio il vino buono e quando sono un po’ brilli quello meno buono, tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono”.

Ma è soprattutto nell’Ultima Cena che il vino in mano a Gesù raggiunge il suo più alto e bel significato: quando trasforma il vino nel suo sangue donato e versato per il perdono dei peccati di tutti. Inoltre, Gesù, con questo meraviglioso gesto ha voluto che, da qual momento in poi, quell’ azione si ripetesse con il medesimo effetto in ogni Messa: “Fate questo in memoria di me!”. Cristo ha voluto fare del vino un simbolo sacramentale – “perché il vino è più appropriato all’effetto di questo sacramento che è la letizia spirituale” (San Tommaso, S.Th III 24,5) – e una realtà ontologica dell’offerta che l’uomo fa a Dio della sua vita e del suo lavoro.

E’ un’affermazione grandiosa, un ideale a cui tendere.

Padre Renato Gaglianone

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