La Chiesa e l’Ici
Ci risiamo, la manovra, al di la della sua sostanziale "iniquità" , come ho cercato di spiegare nella riflessione della scorsa settimana, da fiato ad alcune "trombe" che altrimenti emetterebbero esili "rumorii", espressione di quel becero anti cattolicesimo sempre latente nella società del Paese europeo più cattolico d’Europa. Il fiato alle trombe di cui sopra, questa volta, arriva dalle "esenzioni" dal pagamento dell’Ici (ora Imu). Si grida allo scandalo perché i beni ecclesiastici sarebbero stati esentati a differenza dei "poveri" cittadini. Che la tassa sia iniqua così come si pensa di applicarla non giustifica l’accanimento, soprattutto di certi personaggi, nei confronti della Chiesa. Anche perché si parla senza conoscere né la legge né il problema. Il guaio poi è che la disinformazione contagia tanta gente che si fida di quel che dicono certi personaggi. Alla fine, anche cristiani dall’alta frequentazione di Chiese e cose di Chiesa ti vengono a dire che è giusto che la Chiesa paghi l’Ici. E dicono che anche il Cardinal Bagnasco è d’accordo. Inutile ogni tentativo di fare chiarezza e giusta informazione. Ci provo almeno con voi, assidui lettori de "Il Punto". “E’ altrettanto giusto – ha aggiunto –, se vi sono dei casi concreti nei quali un tributo dovuto non è stato pagato, che l’abuso sia accertato e abbia fine. In quest’ottica non vi sono da parte nostra preclusioni pregiudiziali circa eventuali approfondimenti volti a valutare la chiarezza delle formule normative vigenti, con riferimento a tutto il mondo dei soggetti non profit, oggetto dell’attuale esenzione”. Risulta allora evidente che "i beni ecclesiastici" non sono, in quanto tali, esenti dalla tassa, ma lo sono, eventualmente, solo in ragione del loro utilizzo.Per chiarirci le idee riporto un passaggio dell’Avvenire che presenta la normativa in questione. Perché un’unità immobiliare sia esente, quindi, occorre che si verifichino contestualmente due condizioni: l’unità immobiliare deve essere utilizzate da enti non commerciali e deve essere destinata totalmente all’esercizio esclusivo di una o più tra le attività individuate; inoltre, come stabilito dopo le modifiche apportate al testo originario, l’esenzione «si intende applicabile alle attività […] che non abbiano esclusivamente natura commerciale». (cfr. c. 2-bis dell’art. 7 del D.L.. n. 203/2005, come riformulato dall’art. 39 del D.L. 223/2006). Quest’ultima condizione è da valutare sulla base della Circolare n. 2 del 2009 con la quale il Ministero delle finanze stabilisce come devono essere svolte le attività perché possa affermarsi che esse «non abbiano esclusivamente natura commerciale». Questo l’insieme delle disposizioni che regolano l’esenzione. Il loro esame consente di collocare correttamente l’agevolazione e di illuminare le presunte "zone grigie". L’articolista continua portando qualche esempio, scegliendoli tra quelli più "gettonati" negli ultimi interventi mediatici. Non è vero che le unità immobiliari che gli enti non utilizzano e che affittano ad altri soggetti (abitazioni, uffici, negozi…) sono esenti. Pagano l’Ici (e pagheranno l’Imu) semplicemente perché questa previsione di esenzione non esiste. Per lo stesso motivo non vi è dubbio che non sono esenti le unità immobiliari nelle quali gli enti svolgono alcune attività non comprese tra quelle stabilite dalla legge (i casi sempre citati sono le librerie, i negozi di oggetti sacri, i ristoranti, i bar): l’esenzione non esiste, l’imposta si paga. Non è vero che basta inserire un’attività non commerciale in un immobile in cui si svolgono attività che non godono del regime di favore per sottrarre all’imposizione tutto l’immobile (il caso di solito citato è quello di un luogo di culto, che sarebbe esente, all’interno di un albergo, che invece non è esente); la legge infatti richiede che ciascuna unità immobiliare sia utilizzata per intero per l’attività agevolata, altrimenti tutto l’immobile perde l’esenzione, compreso il luogo di culto. Non è vero, inoltre, che non è possibile discriminare se un’attività che rientra tra quelle previste dalla norma di esenzione sia effettivamente svolta in maniera non esclusivamente commerciale e quindi usufruisca legittimamente dell’esenzione. Ad esempio, utilizzando la Circolare per quanto riguarda le attività assistenziali si può precisare che fra queste rientrano solo quelle riconducibili ai servizi sociali e che vi sono comprese sia quelle prestazioni rese gratuitamente o con compenso simbolico, sia quelle svolte in convenzione con l’ente pubblico, a condizione che le rette previste siano quelle fissate dalla convenzione; ciò, afferma la Circolare, serve a garantire che le attività siano svolte «con modalità non esclusivamente commerciali (…) assicurando che tali prestazioni non sono orientate alla realizzazione di profitti». Oppure, con riferimento alle attività culturali, la Circolare stabilisce che vi rientrano i teatri, ma limitatamente a quelli «che si avvalgono solo di compagnie non professionali». Gli esempi potrebbero continuare e la lettura della Circolare, che consigliamo a chiunque voglia comprendere di cosa si discute, è quanto mai utile per capire che la modalità richiesta, non esclusivamente commerciale, garantisce che le unità immobiliari favorite dall’esenzione vengano effettivamente utilizzate per rendere servizi di rilevante valore sociale da parte di enti che non hanno fine di lucro e che pertanto il vantaggio ricade sui loro "utenti". In conclusione, sempre dall’Avvenire di oggi: "Basta uno sguardo alla storia e alla geografia sociale del nostro Paese. Basta una minima onestà di sguardo. Basterebbe solo un poco di onestà, in questi tempi di crisi, per riconoscere il valore – incalcolabile, altro che Ici! – di una presenza sociale generosa e contagiosa che non dipende dai poteri degli Stati e del Mercato. Ma si sa, in tempi di rovina spuntano sempre i cercatori di capri espiatori, e anche le peggiori razze di sciacalli". È proprio così difficile capire che non ci sarà mai abbastanza denaro per comprare il "riposo" che tanta gente ritrova davanti ad una Icona, o la vita del bambino strappato alla fogna dell’aborto dopo uno spazio di riflessione e silenzio offerto alla mamma? Tutto il resto – denaro, studi, strutture – sono solo strumenti per realizzare tutto questo. «La Chiesa – scriveva Bernanos – dispone della gioia, di tutta la parte di gioia riservata a questo triste mondo. Quello che avete fatto contro di essa, l’avete fatto contro la gioia…». E anche contro la povera gente, si può senz’altro aggiungere. Padre Renato Gaglianone |
Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni
Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.