il Punto Coldiretti

La responsabilità verso le generazioni future

Nell’ultimo fine settimana, ormai rientrato a Roma, ero alla ricerca dello spunto di riflessione da proporvi per questo numero de “il punto” al rientro dopo la “ri-creazion”e estiva. L’attualità, a volte anche nella sua drammaticità, offre numerosi potenziali argomenti. Gli incendi in Russia, la mobilitazione in Sardegna, la questione Ogm in Friuli, la celebrazione della “Giornata del creato” del prossimo 1° settembre ecc.

Confuso tra la folla di pellegrini che affollava il cortile del Palazzo apostolico di Castelgandolfo, ieri 29 agosto, ascoltando le parole del Papa del dopo angelus, mi sono convinto che a partire da queste avrei potuto offrirvi un quadro di riferimento che può aiutare una profiqua riflessione per i temi sopra accennati. Il richiamo, infatti alla responsabilità verso le generazioni future non deve lasciarci indifferenti anche quando andiamo ad affrontare tematiche (Russia, Friuli ecc.) apparentemente lontane da questa problematica. Non possiamo perdere di vista come ogni problema per la sua soluzione ha bisogno di un riferimento etico unitario.

Ecco le parole del Papa: “Il 1° settembre si è celebrata in Italia la Giornata per la salvaguardia del creato, promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana. E’ un appuntamento ormai abituale, importante anche sul piano ecumenico. Quest’anno ci ricorda che non ci può essere pace senza rispetto dell’ambiente. Abbiamo infatti il dovere di consegnare la terra alle nuove generazioni in uno stato tale che anch’esse possano degnamente abitarla e ulteriormente conservarla.”

Partiamo dall’affermazione che ogni buona pratica non può prescindere dal riferirsi ai diritti delle generazioni future. II problema del rapporto con le generazioni future è di grande rilevanza. Si tratta fondamentalmente di un problema di giustizia, che si pone fin da ora in termini meno esigenti, e tuttavia già drammatici: sulla base di una uguaglianza fondamentale tra gli esseri umani occorre trovare il modo di stabilire una misura di benessere cui tutti possano pervenire e che sia sostenibile così da non esaurire né impoverire le risorse disponibili alle future generazioni.

Sulla responsabilità verso le future generazioni non mancano prese di posizioni estreme come quelle che sostengono che chi non esiste non può neppure avere diritti, in quanto non è possibile sapere con certezza né quanti saranno i nostri discendenti, né quali esigenze o preferenze avranno. Rispetto a questa posizione estrema pare tuttavia che anche il ragionamento filosofico debba sostenere il buon senso. Indubbiamente chi non è non ha ancora diritti, ma li avrà quando ci sarà. E se è vero che non è possibile stabilire quante generazioni ci seguiranno, è certo invece che ancora oggi la popolazione della terra è in aumento direttamente proporzionale alla richiesta di risorse naturali.

Ma. può l’uomo odierno assumersi la responsabilità dell’uomo futuro, che, per definizione, non esiste? Con qualche citazione dal “Magistero”, vediamo di chiarirci un po’ le idee. Rimando ad un eventuale intervento successivo il richiamo dei fondamenti filosofici ed etici.

E’ da ricordare che benché tardivi, dalla fine degli anni ’60 non sono mancati interventi magisteriali, dapprima quasi incidentali e frammentari e poi sempre più articolati e organici. In questo corpus ecologico del Magistero spiccano alcuni testi di papa Giovanni Paolo II ed in particolare il numero 34 dell’enciclica Sollicitudo Rei Socialis (SRS) del 1987, sui rapporti fra sviluppo e ambiente, la splendida sintesi contenuta nei numeri 37-40 dell’enciclica Centesimus Annus (CA) del 1990, sul legame fra consumismo e crisi ecologica, le profonde rifessioni intorno alla signoria umana sul cosmo del numero 42 dell’enciclica Evangelium Vitae (EV) del 1995 e infine il Messaggio per la Giornata mondiale della Pace del 1990, intitolato Pace con Dio creatore. Pace con tutto il creato.in ultimo gli interventi di Benedetto XVI riassunti nella sua ultima enciclica Caritas i Veritate.

Ogni uomo, scriveva Paolo VI, è membro della società: appartiene all’umanità intera. Non è soltanto questoo quell’altro uomo, ma tutti gli uomini sono chiamati a  tale sviluppo plenario (…) Eredi delle generazioni passate e beneficiari del lavoro dei nostri contemporanei, noi abbiamo degli obblighi verso tutti, e non possiamo disinteressarci di coloro che verranno dopo di noi ad ingrandire la cerchia della famiglia umana. La solidarietà universale, che è un fatto e per noi un beneficio, è altresì un dovere” (PP. n. 17)

Il Papa Giovanni Paolo II, nell’ultima assemblea ecclesiale della Chiesa Italiana svoltasi a Palermo diceva: “Ci sono valori dai quali i cristiani non possono scostarsi, se non tradendo la loro visione della vita, e ci sono pure alcuni grandi temi su cui sarebbe necessario trovare nuove convergenze". Temi, come la pace, lo sviluppo dei popoli, la solidarietà, la famiglia, la vita, la giustizia sociale, il primato dell’uomo sul lavoro, l’etica pubblica, e tanti altri richiedono una rinnovata attenzione da parte dei credenti.

Infatti, lavorare al bene di un paese, o di una provincia, o di una città, o di una classe sociale è fare del bene al prossimo. Tutto sta nel modo di lavorare, nello scopo e nei mezzi. In ogni nostra attività, noi incontriamo il prossimo: chi mai può vivere isolato? E i nostri rapporti con il prossimo sono di giustizia e di carità.

La terra è un dono di Dio per l’uomo, il quale la deve usare rispettando l’intenzione originaria per cui il bene gli è stato donato; anche l’uomo è per se stesso un dono di Dio e, pertanto, deve rispettare la struttura naturale e morale del quale è stato dotato (CA 38a).

L’uomo con la propria azione può essere creatore e nello stesso tempo distruttore del bene che è stato donato all’umanità. L’adeguata relazione con il mondo cosmico dipende da una adeguata antropologia: la scoperta della verità ontologica dell’essere umano. L’ecologia d’altra parte è un problema morale (ecoetica) che richiede un cambiamento del modo di agire e la sconfitta delle cosiddette strutture di peccato (SRS).

"E’ da noi stessi che dobbiamo cominciare. Per questo, nell’Enciclica Centesimus Annus, accanto ai temi dibattuti dalla problematica ecologica, ho additato l’urgenza di una ‘ecologia umana. Con questo concetto si vuol ricordare che ‘non solo la terra è stata data da Dio all’uomo, che deve usarla rispettando l’intenzione originaria di bene, secondo la quale gli è stata donata; ma l’uomo è donato a se stesso da Dio e deve, perciò, rispettare la struttura naturale e morale, di cui è stato dotato (CA, 38).

Richiamando la Caritas in veritate, Benedetto XVI, nel Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2010,  sottolinea come lo sviluppo umano integrale è strettamente collegato ai doveri derivanti dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale, considerato come un dono di Dio a tutti, il cui uso comporta una comune responsabilità verso l’umanità intera, in special modo verso i poveri e le generazioni future. Quando la natura e, in primo luogo, l’essere umano vengono considerati semplicemente frutto del caso o del determinismo evolutivo, rischia di attenuarsi nelle coscienze la consapevolezza della responsabilità. Ritenere, invece, il creato come dono di Dio all’umanità ci aiuta a comprendere la vocazione e il valore dell’uomo.

Mi pice concludere con Giovanni Paolo II che ci diceva: “Se l’uomo perde il senso della vita e la sicurezza degli orientamenti morali smarrendosi nelle nebbie dell’indifferentismo, nessuna politica potrà essere efficace nel salvaguardare congiuntamente le ragioni della natura e quelle della società. E’ l’uomo, infatti, che può costruire e distruggere, può rispettare e disprezzare, può condividere o rifiutare. Anche i grandi problemi posti dal settore agricolo, in cui voi siete direttamente impegnati, vanno affrontati non solo come problemi ‘tecnici’ o ‘politici’, ma, in radice, come ‘problemi morali’. (Giubileo del Mondo Agricolo)

Padre Renato Gaglianone

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