L’Umanesimo della responsabilità
Nei giorni scorsi a Verona si è svolto il primo festival della dottrina sociale della Chiesa. Molti interventi hanno trovato spazio sui media nazionali ma la lectio magistralis tenuta domenica 18 settembre a conclusione dei lavori dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, vi ha trovato certamente più eco perchè resta un forte contributo alla riflessione personale e comunitaria. Infatti al di là delle varie interpretazioni che la stampa ne ha voluto dare, il Cardinale si è augurato, soprattutto, che gli elementi e le indicazioni scaturiti da quella Assise, favoriscano, in particolare nei cristiani impegnati nel sociale, una verifica che parta anzitutto da un esame di coscienza personale. Come riporta l’Osservatore Romano (19/09), S.E Card. Bertone cita il poeta Charles Péguy per ricordare che «Gesù non è venuto nel mondo per fare una passeggiata e raccontare storielle edificanti». Richiama l’Umanesimo dell’altro uomo del filosofo ebreo Emmanuel Lévinas per sottolineare l’universalità dell’esigenza etica come fondamento di quell’«umanesimo della responsabilità» che, «illuminato dalla fede e radicato nell’incontro con Cristo», assume per i cristiani il valore fondamentale della testimonianza. Con riferimento a Don Milani richiama i quattro cardini della partecipazione nel sociale: collaborazione, conversione perenne, incarnazione e condivisione. Tre esempi porta il Cardinale per quelli che ambiscono a cambiare il mondo. San Francesco d’Assisi «che riparò la casa di Dio, che era in rovina, incominciando da se stesso, con la sua personale conversione».Vittorio Bachelet e Rosario Livatino, che abbracciando la croce hanno testimoniato «come stare nel mondo per cambiarlo». Anche se si presta a varie interpretazioni, il Porporato ha sottolineato la particolarità della Chiesa «quale mistero di comunione e di missione nel mondo»: concezione che è «alla base della spiritualità cattolica degli ultimi cinquant’anni e quindi anche della dottrina sociale di questa epoca». Da questa deriva l’impegno prioritario di ogni cristiano che intende veramente porsi al servizio del bene comune: cominciare a cambiare se stesso. La “conversione individuale” è la conditio si qua non per un impegno in politica. In questo contesto sono riecheggiate le parole di Benedetto XVI nel corso della sua visita a Cagliari del 7 settembre 2008, quando fu manifestata l’esigenza che «il cristiano, mosso dallo Spirito Santo che vive in lui, sia reso capace “di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibili”». Questo è un concetto molto caro al Segretario di stato vaticano. Non è la prima volta, infatti, che esprime l’auspicio che i laici cristiani «siano testimoni di coerenza tra i principi, la vita spirituale che praticano e i comportamenti». E aggiungendo: «Questa mi sembra che sia una forma di impegno per migliorare la società e la comunità: non solo migliorare se stessi ma dare esempi di credibilità». Padre Renato Gaglianone |
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