il Punto Coldiretti

Oltre Cancun

Nel 1990, Giovanni Paolo II parlava di «crisi ecologica» e, rilevando come questa avesse un carattere prevalentemente etico, indicava l’«urgente necessità morale di una nuova solidarietà». Questo appello si fa ancora più pressante oggi, di fronte alle crescenti manifestazioni di una crisi che sarebbe irresponsabile non prendere in seria considerazione.

Come rimanere indifferenti di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali?

Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti «profughi ambientali»: persone che, a causa del degrado dell’ambiente in cui vivono, lo devono lasciare – spesso insieme ai loro beni – per affrontare i pericoli e le incognite di uno spostamento forzato? Come non reagire di fronte ai conflitti già in atto e a quelli potenziali legati all’accesso alle risorse naturali?

Sono tutte questioni che hanno un profondo impatto sull’esercizio dei diritti umani, come ad esempio il diritto alla vita, all’alimentazione, alla salute, allo sviluppo. Le tematiche che 20 anni orsono venivano proposta da Giovanni Paolo II, forse non in maniera esplicita, erano sul tavolo del Summit dell’Onu in Messico.

Si sono, infatti, conclusi a  Cancun,  con un accordo unanime, eccetto la Bolivia, i lavori dell’Assemblea sui cambiamenti climatici.  Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, considera l’esito della riunione un grande successo per il mondo:  "I governi sono uniti in una causa comune per il bene comune e hanno concordato su come affrontare la sfida dei nostri tempi”. L’accordo di Cancun «apre una nuova era per la cooperazione internazionale sul cambiamento climatico», ha dichiarato il ministro degli Esteri messicano, Patricia Espinosa.

In attesa di una lettura approfondita ecco alcuni punti importanti con alcune considerazioni comparse sul Web. Il testo sul quale è stato trovato l’accordo è vago su numerosi punti, a conferma della scarsa utilità del vertice tenuto in questi giorni in Messico, ma introduce comunque qualche elemento positivo come l’istituzione di un fondo per aiutare i paesi meno ricchi a sviluppare politiche per ridurre le emissioni nocive.

Nel Green Climate Fund confluiranno circa 100 miliardi di dollari ogni anno fino al 2020 per aiutare le nazioni povere, proteggere le foreste nelle aree tropicali e condividere le soluzioni tecnologiche di ultima generazione per inquinare meno. Come saranno raccolte queste risorse non è dato sapersi.

I paesi sottoscrittori dell’accordo si sono anche impegnati a mantenere l’aumento complessivo della temperatura al di sotto di due gradi rispetto alla temperatura media dell’era preindustriale. Anche in questo caso mancano le indicazioni di percorso “vincolanti” per ottenere questo importante risultato.

La Cina e gli Stati Uniti non hanno mai ratificato il piano relativo al protocollo di Kyoto, temendo di influenzare negativamente le loro economie. Da Cancun non è emerso come e cosa mettere in atto perché il protocollo di Kyoto non finisca definitivamente la sua accidentata corsa nel 2012.

Per molti osservatori i risultati di due settimane di lavoro a Cancun non sono particolarmente incoraggianti. Il Summit ha comunque avuto il merito di mantenere in piedi le negoziazioni sul cambiamento climatico, messe a dura prova dal precedente e altrettanto inconcludente vertice di Copenaghen dello scorso anno. I paesi del mondo torneranno a parlare di cambiamento climatico in Sudafrica, a Durban, alla fine del prossimo anno. L’impressione è che ancora una volta buona parte dei problemi siano stati semplicemente rimandati.

Certo, ci sono intese settoriali su finanza, verifica e accounting delle emissioni, foreste. Ma manca la sostanza: la mitigazione. Senza quella le emissioni contiueranno a crescere e accordi come quello di Cancun saranno solo una risposta parziale e inadeguata.
C’è da sperare questo primo passo e i dubbi e le perplessità per l’effettiva ricaduta positiva dell’accordo di Cancun, responsabilizzi per aprire la strada per un accordo globale a Durban il prossimo anno. E’ solo una speranza? Bisogna crederci!

Non sarà, per caso, che a tutto il discorso manchi un’anima? Si, perché se non si riesce ad affrontare il discorso del cambio climatico nel contesto proprio dell’intero “vivere”, come ho ricordato all’inizio con la citazione di Giovanni Paolo II, cioè  un problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l’intera famiglia umana con al centro l’uomo e il suo sviluppo, il tutto rischia di ridursi alle solite querelle tra scienziati più o meno catastrofisti e/o a questioni di economia, egoismi personali o nazionali e a perduranti sperequazioni nor-sud, paesi ricchi e paesi in via di sviluppo.

Il primo gennaio scorso Benedetto XVI scriveva:” Il rispetto del creato riveste grande rilevanza, anche perché «la creazione è l’inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio» [1] e la sua salvaguardia diventa oggi essenziale per la pacifica convivenza dell’umanità. Se, infatti, a causa della crudeltà dell’uomo sull’uomo, numerose sono le minacce che incombono sulla pace e sull’autentico sviluppo umano integrale – guerre, conflitti internazionali e regionali, atti terroristici e violazioni dei diritti umani –, non meno preoccupanti sono le minacce originate dalla noncuranza – se non addirittura dall’abuso – nei confronti della terra e dei beni naturali che Dio ha elargito”.

Ecco dove sta il problema. Se non si prende coscienza che  lo sviluppo umano integrale è strettamente collegato ai doveri derivanti dal rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale, considerato come un dono di Dio a tutti, il cui uso comporta una comune responsabilità verso l’umanità intera, in special modo verso i poveri e le generazioni future (caritas in veritate), continuerà a mancare “l’anima” a queste Assemblee.

Ecco perché bisogna alimentare la speranza che a Durban ci sarà una sfida urgente da affrontare con rinnovato e corale impegno; una provvidenziale opportunità per consegnare alle nuove generazioni la prospettiva di un futuro migliore per tutti.

Padre Renato Gaglianone

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