il Punto Coldiretti

Pedofilia e realtà deformata

La riflessione di questa settimana è ispirata profondamente dalla preghiera che Benedetto XVI ha elevato davanti alla statua dell’Immacolata Concezione, nel centro di Roma, l’8 dicembre. Il Papa pregava così: “Ogni giorno, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula”.
 
Tutti conoscete l’aforisma: “Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”. Ben si adatta alla nostra società mediatica sempre a rincorrere scandali da gridare in tutti i modi per coprire le buone notizie che pur esistono. Permettetemi di sottoporre alla vostra attenzione alcune considerazioni a proposito del grande risalto dato in questi giorni alle notizie degli abusi sessuali sui minori che in passato sono stati compiuti da appartenenti al clero cattolico. Va ribadita la condanna senza riserve di questi gravissimi e ripugnanti delitti. Crimini gravi ed esecrabili  quando vengono compiuti da persone che rivestono un ruolo nella Chiesa – persone nelle quali viene riposta una speciale fiducia da parte dei fedeli e particolarmente dei bambini.

Ma, nonostante la Chiesa e lo stesso Benedetto XVI abbiano ribadito nei fatti che non si intenda tollerare alcuna incertezza circa la condanna del delitto e l’allontanamento dal ministero di chi risulta essersi macchiato di tanta infamia, insieme alla giusta riparazione verso le vittime, è in atto un volgare accanimento nei confronti della Chiesa cattolica, quasi fosse l’istituzione dove con più frequenza si compiono tali abusi. I preti e religiosi coinvolti sono un numero minimo, circa trecento (questi i casi accertati) negli ultimi cinquant’anni rispetto a quattrocentomila sacerdoti cattolici.

Questo dato non attenua in alcun modo la condanna del fenomeno, né la lotta per estirparlo, in quanto il sacerdozio esige che vi accedano soltanto persone umanamente e spiritualmente mature; ma se non ridimensiona la gravità del gesto, almeno spegne un allarmismo che rischia di diventare inaccettabile.

Il sociologo Introvigne ci suggerisce di  utilizzare come chiave di lettura di quanto sta accadendo – considerata dal punto di vista del sociologo – come un tipico esempio di “panico morale”. Il concetto è nato negli anni 70 per spiegare come alcuni problemi siano oggetto di una “ipercostruzione sociale”. Più precisamente, i panici morali sono stati definiti come problemi socialmente costruiti caratterizzati da una amplificazione sistematica dei dati reali, sia nella rappresentazione mediatica sia nella discussione politica. Altre 2 caratteristiche sono state citate come tipiche dei panici morali.

In primo luogo, problemi sociali che esistono da decenni sono ricostruiti nelle narrative mediatiche e politiche come “nuovi”, o come oggetto di una presunta e drammatica crescita recente. In secondo luogo, la loro incidenza è esagerata da statistiche folkloriche che, benché non confermate da studi accademici, sono ripetute da un mezzo di comunicazione all’altro e possono ispirare campagne mediatiche persistenti. Philip Jenkins ha sottolineato il ruolo nella creazione e gestione dei panici di “imprenditori morali” le cui agende non sono sempre dichiarate.

Intendiamoci, continua lo Studioso: i panici morali hanno ai loro inizi condizioni obiettive e pericoli reali. Non inventano l’esistenza di un problema, ma ne esagerano le dimensioni statistiche. Introvigne ricorda che in una serie di pregevoli studi lo stesso Jenkins ha mostrato come la questione dei preti pedofili sia forse l’esempio più tipico di un panico morale. Sono presenti infatti i 2 elementi caratteristici: un dato reale di partenza, e un’esagerazione di questo dato ad opera di ambigui “imprenditori morali”.

Anzitutto, il dato reale di partenza. Esistono preti pedofili. Alcuni casi sono insieme sconvolgenti e disgustosi, hanno portato a condanne definitive e gli stessi accusati non si sono mai proclamati innocenti. Questi casi – negli Stati Uniti, in Irlanda, in Australia – spiegano le severe parole del Papa, nella lettera alla Chiesa d’Irlanda, e la sua richiesta di perdono alle vittime.

Per capire come da un dato tragicamente reale si è passati a un panico morale è allora necessario chiedersi quanti sono i preti pedofili. I dati più ampi sono stati raccolti negli Stati Uniti, dove nel 2004 la Conferenza Episcopale ha commissionato uno studio indipendente al John Jay College of Criminal Justice della City University of New York, che non è un’università cattolica ed è unanimemente riconosciuta come la più autorevole istituzione accademica degli Stati Uniti in materia di criminologia. Questo studio ci dice che dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti americani (su oltre 109.000) sono stati accusati di relazioni sessuali con minorenni. Di questi poco più di un centinaio sono stati condannati da tribunali civili. Ma bisogna pur trovare una risposta a una domanda sgradevole.

Una domanda sgradevole – perché il semplice porla sembra difensivo, e non consola le vittime – ma importante è se essere un prete cattolico sia una condizione che comporta un rischio di diventare pedofilo o di abusare sessualmente di minori  più elevato rispetto al resto della popolazione.

Rispondere a questa domanda è fondamentale per scoprire le cause del fenomeno e quindi per prevenirlo. Secondo gli studi di Jenkins se si paragona la Chiesa Cattolica degli Stati Uniti alle principali denominazioni protestanti si scopre che la presenza di pedofili è – a seconda delle denominazioni – da 2 a 10 volte più alta tra i pastori protestanti rispetto ai preti cattolici.

La questione è rilevante perché mostra che il problema non è il celibato: la maggior parte dei pastori protestanti è sposata. Nello stesso periodo in cui un centinaio di sacerdoti americani era condannato per abusi sessuali su minori, il numero di professori di ginnastica e allenatori di squadre sportive giovanili – anche questi in grande maggioranza sposati – giudicato colpevole dello stesso reato dai tribunali statunitensi sfiorava i 6.000.

Gli esempi potrebbero continuare, non solo negli Stati Uniti. E soprattutto secondo i periodici rapporti del governo americano 2/3 circa delle molestie sessuali su minori non vengono da estranei o da educatori – preti e pastori protestanti compresi – ma da familiari: patrigni, zii, cugini, fratelli e purtroppo anche genitori. Dati simili esistono per numerosi altri Paesi. E’ quanto ha ribadito la Merkel al Parlamento Tedesco.

Le polemiche di queste ultime settimane , partite dal N.Y. Times, e rimbalzate in Germania e Austria mostrano una caratteristica tipica dei panici morali: si presentano come “nuovi” fatti risalenti a molti anni or sono, in alcuni casi a oltre 30 anni fa, in parte già noti. Perché un quotidiano tedesco decida di riesumare questo caso e sbatterlo in prima pagina 24 anni dopo la sentenza dovrebbe essere la vera questione.

Sorge spontaneo un sospetto, e forse più di un semplice sospetto: Gli “imprenditori morali” che organizzano il panico hanno un’agenda che emerge sempre più chiaramente, e che non ha veramente al suo centro la protezione dei bambini.

La lettura di certi articoli ci mostra come – alla vigilia di scelte politiche, giuridiche e anche elettorali che un po’ dovunque in Europa e nel mondo mettono in questione la somministrazione della pillola RU486, l’eutanasia, il riconoscimento delle unioni omosessuali, in cui quasi solo la voce della Chiesa e del Papa si leva a difendere la vita e la famiglia – lobby molto potenti cercano di squalificare preventivamente questa voce con l’accusa più infamante e oggi purtroppo anche più facile, quella di favorire o tollerare la pedofilia. Queste lobby manifestano il sinistro potere della tecnocrazia evocato dallo stesso Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate e la denuncia di Giovanni Paolo II, nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1985 (dell’8-12-1984), a proposito di “disegni nascosti” – accanto ad altri “apertamente propagandati” – “miranti a soggiogare tutti i popoli a regimi in cui Dio non conta”.

E’ sconsolante comunque il fatto che: dinanzi a questo violento e generico attacco, pochi hanno il coraggio di ricordare il bene che la stragrande maggioranza dei sacerdoti ogni giorno compie, sopratutto verso i bambini. Quanti tra quest’ultimi, nel corso dei secoli, hanno trovato rifugio in parrocchia dai pericoli della strada ed a volte delle proprie famiglie? Quanti minori oggi avrebbero preso una strada sbagliata se non ci fosse stato un prete sensibile, caritatevole, comprensivo, disposto ad accoglierli, ad educarli, come padre nei momenti più difficili della loro vita?

Padre Renato Gaglianone

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