il Punto Coldiretti

Quel tesoro nascosto nel campo

Come riflessione per questa settimana, vi invito a leggere il saluto che Mons. Crociata, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, ha rivolto all’Assemblea della Coldiretti lo scorso 2 luglio al Palalottomatica.

Nel suo intervento il Segretario CEI, alla luce dei principi della Dottrina sociale della Chiesa, richiama alcune criticità dell’Agricoltura italiana. Per il superamento di quelle stesse criticità, la Coldiretti si misura nella “battaglia” per  “una filiera tutta agricola, tutta italiana”.

Nei passaggi dell’intervento di Mons. Mariano Crociata da una parte c’è la riaffermazione dei riferimenti etici per uno sviluppo agricolo al servizio della persona e del bene comune e, dall’altra, la consonanza della Coldiretti con quei riferimenti. E’ un riconoscimento della Chiesa italiana di non poco conto che impegna e richiama alla coerenza e alla responsabilità.

Coerenza e responsabilità a sua volta richiamate, con foga e passione dal Presidente confederale, Sergio Marini. Ma ecco l’intervento di Mons. Crociata.

 “Grazie di questo invito. Con molti di voi – per essere precisi, eravate migliaia…! – ci siamo incontrati lo scorso 16 maggio, in una Piazza S. Pietro gremita di popolo, desideroso di portare affetto e vicinanza al Papa. È quanto oggi, a mia volta, vorrei esprimervi a nome dell’intera Chiesa italiana, la cui attenzione è testimoniata da un costante quanto fecondo insegnamento sociale, mediato dai tanti Consulenti ecclesiastici che condividono il cammino della vostra organizzazione e ribadito anche dal Papa, nell’udienza del settembre scorso, quando rivolgendosi proprio a voi della Coldiretti, ha esortato a «riaffermare i principi etici nell’economia per rianimare la speranza con la solidarietà», incoraggiandovi a «proseguire con impegno il vostro servizio sociale e spirituale nel mondo dell’agricoltura» (9 settembre 2009).

Vengo tra voi forte anche delle mie radici contadine, figlio di un bracciante agricolo e di una generazione che dalla vita dei campi ha appreso pazientemente la lezione di tenacia, di frugalità e di risparmio. Per altri – non dimentichiamolo! – non si è aperta nemmeno questa possibilità: l’unica alternativa ad una vita di stenti è stata la via drammatica dell’emigrazione. In misura ed in forme diverse, tanto per chi è rimasto quanto per chi è dovuto partire, l’attaccamento alla terra ha significato appartenenza profonda ad una famiglia, ad una comunità e ad un Paese, che – con le sue persone e le sue risorse – ha poi saputo, in pochi decenni, raggiungere primati d’eccellenza, che sono simbolo e traino del made in Italy.

Dico questo senza indulgere in sterili trionfalismi. Basta alzare gli occhi per incrociare le ombre di una sempre più invadente crisi alimentare, che – come documenta la Banca Mondiale – almeno in 30 Paesi assume i contorni di una catastrofe umanitaria: e questo avviene, paradossalmente, proprio negli anni in cui le Nazioni Unite si sono date l’obiettivo di ridurre la fame, fino a vincerla.

«C’è spazio per tutti su questa nostra terra – avverte Benedetto XVI –: su di essa l’intera famiglia umana deve trovare le risorse necessarie per vivere dignitosamente, con l’aiuto della natura stessa, dono di Dio ai suoi figli, e con l’impegno del proprio lavoro e della propria inventiva» (Caritas in veritate, n. 50).

So quanto sia complessa e pesante la stagione che anche voi state attraversando. Nella crisi economica generale, il vostro è il settore maggiormente in sofferenza. La difficoltà a stare sul mercato, la frammentazione e la fatica del ricambio generazionale si registrano già nel calo sensibile di aziende perfino in aree considerate fra le più competitive. Chi sopravvive appare spesso gravato dalle logiche della grande distribuzione, per cui gli stessi prodotti per lo più non sono remunerati secondo il costo di produzione, né viene loro riconosciuta quella qualità superiore, che deriva dal rispetto di un preciso protocollo di lavoro, da metodi di coltivazione e di allevamento attenti all’ambiente e al benessere animale.

Si tratta di valori aggiunti, che legittimano pienamente il desiderio di poter vedere garantita la riconoscibilità dei vostri prodotti: tra l’altro, se dall’etichetta il consumatore può capire da dove provengono, più facilmente sarà spinto ad alimentare un consumo responsabile.

Accanto alla crescita di una maggiore sensibilità nella comunità, è decisiva la tenuta di quel tessuto cooperativistico, che ha permesso di concentrare e valorizzare volumi di produzione diversamente dispersi e che costituisce una forma di difesa importante del settore. L’intervento del legislatore rimane l’altro polo di una sinergia che giunga a correggere devianze e speculazioni, da annoverare tra i principali motivi di depressione del settore. Basterebbe qui ricordare quanto la funzione ambientale e di presidio del territorio sia intimamente collegata alla presenza di aziende agricole e zootecniche: chi sfalcerà i prati, pulirà i fossi di scolo, curerà la manutenzione di muretti e di sentieri, una volta dovesse venir meno l’agricoltore? E quali prodotti saranno offerti al turista, sempre più attento a ricercare qualità naturale e tipicità?

Per cogliere i bisogni, le ansie e le fatiche del vostro mondo e ridargli respiro, è necessario rivedere procedure che ancora consentono di importare percentuali elevate, ad esempio, di latte o di pomodori da Paesi in cui la manodopera è sfruttata, arrivando a collocarli sul mercato interno come prodotti nazionali.

Una volta di più emerge quanto il mandato biblico di “coltivare e custodire la terra” abbia una forte valenza unitaria: coltivare e custodire non sono due attività disgiunte, alternative o successive, ma due dimensioni che coniugano il lavoro – quindi lo sviluppo – con la giustizia.

Cari amici, anche in questi tempi difficili avete manifestato una grande capacità di tenuta, che in buona parte vi viene dai valori che hanno nutrito le vostre radici e sui quali ancora sapete riflettere, consapevoli come siete che la rinascita del vostro mondo coinvolge non soltanto il punto di vista economico, ma anche quello culturale e sociale, etico e spirituale, in un orizzonte che abbraccia l’intero bene comune.

Coraggio, dunque! Quello compiuto dall’allevatore o dal contadino è sempre un grande atto di fiducia: si semina, dopo aver preparato il terreno, con la disponibilità comunque ad affrontare anche gli imprevisti della grandine.

Possiate riscoprire nell’appartenenza alla comunità cristiana e nel senso della Provvidenza che innerva il credente la via per la costruzione di un contesto più umano e quindi di crescita effettiva per tutti. La Chiesa, mentre vi assicura la sua vicinanza, si aspetta anche molto da voi: possiate essere esempio di accoglienza rispettosa e giusta nei confronti dell’immigrato che condivide le vostre fatiche; soprattutto, sappiate fecondare il vostro lavoro, le vostre famiglie e le vostre realtà con il seme del Vangelo, con una spiritualità coltivata, con una testimonianza coerente. Il padrone della messe e della vigna, di cui parlano le parabole, il pastore che non si stanca di andare in cerca della pecora perduta sia il riferimento sicuro, al quale non smettere di affidarsi, il tesoro nascosto nel campo da condividere anche con le nuove generazioni.

Padre Renato Gaglianone

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
2008 © Copyright Coldiretti - powered by BLUARANCIO S.p.A. | Redazione contenuti

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi