il Punto Coldiretti

Rio+20, un fallimento

Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario! E’ questo il contesto in cui si inserisce l’amara constatazione di Seven Suzuki che venti anni fa, quando ne aveva appena 12, fece un discorso di 6 minuti di fronte ai leader mondiali con l’obiettivo  di agire  sulle loro coscienza, per ricordare loro i loro figli.

Tra l’altro disse: ”Nella mia vita ho sognato di vedere grandi mandrie di animali selvatici, giungle e foreste fluviali piene di uccelli e di farfalle, ma ora mi chiedo se mai esisteranno ancora perché i miei figli possano vederli”. A Rio+20, con amarezza ma con la stessa forza di venti anni orsono dice: ”Se ancora ne parliamo è perché il mondo è disperato e i bambini possono dire la verità, ed e’ quello che abbiamo bisogno di dire oggi”.

Eccola la verità che è emersa al Summit: 20 anni dopo Rio le emissioni globali di anidride carbonica (il principale gas serra) sono aumentate in media del 36%, con i Paesi emergenti (Cina e India in prima fila) che vedono un aumento del 64%. La Terra ha perso il 12% della propria biodiversità (dati Onu).

La scommessa, a cui a dire il vero pochi facevano affidamento, era  di riuscire ad avvicinare le posizioni tra Paesi industrializzati e Paesi emergenti. Tra gli obiettivi: rinnovare l’impegno della politica nei confronti dello sviluppo sostenibile, verificare il progresso fatto negli accordi già presi e individuare nuovi limiti all’inquinamento.

Cento i leader, un numero al di sotto delle aspettative, con grandi assenti come Obama, Merkel, Cameron e Monti, più di 190 governi coinvolti (compresa la Santa Sede) e 50 mila partecipanti. Alla fine dei lavori un documento conclusivo è venuto fuori.

Per i più: da una conferenza mondiale a quanto pare disorganizzata e confusionaria, più caotica di quanto ci si possa immaginare una città come Rio, poco o nulla viene fuori. Pochi e banali i contenuti del documento finale, un compromesso fiacco che non accontenta nessuno, in sostanza nessun accordo per un impegno concreto sullo sviluppo sostenibile. E nessuna agenzia Onu per l’ambiente.

Il summit dei potenti si rivela un flop, soprattutto perché i potenti non si sono fatti vedere. Al n.39 il testo dell’accordo parla di armonia con la Natura, ma la dichiarazione si guarda bene dal fornire cifre, date, obiettivi e programmi. Insomma, decine e decine di pagine di fumo.

Però a livello di singoli paesi qualcosa è venuta fuori. La Cina, ha stanziato milioni di dollari per lo sviluppo di tecnologie sostenibili, comprendenti energie rinnovabili e auto elettriche. Gli stessi  Stati Uniti  finanziano l’Onu con 2 miliardi di dollari per l’efficienza energetica e le rinnovabili. Anche l’Italia per bocca del ministro Clini, ha dichiarato "Nel decreto sviluppo abbiamo inserito norme che prevedono incentivi per le aziende che lavorano nella green economy e che assumono giovani laureati. In tutto 470 milioni di euro nel 2012".

Ma manca l’accordo più importante, quello tra i governi, in grado di influenzare con certezza lo sviluppo economico globale con la garanzia della sostenibilità. Nessuno se l’è sentita, con una crisi economica in atto, di prendere impegni vincolanti, di influenzare in modo unidirezionale le proprie politiche industriali o i propri modelli di consumo. Né i paesi sviluppati, su cui pesa maggiormente la crisi e che non vogliono sostenere i costi di una riconversione verde, né i paesi emergenti, che non vogliono frenare il proprio sviluppo con vincoli ambientali. Con il sostanziale nulla di fatto si rimanda tutto alla ripresa dei negoziati sui gas serra nel 2015, prossimo appuntamento mondiale sulla salute del pianeta.(L.Scarnati su globalist.it)

Per molti la delusione deriva dal fatto che ci si aspettava si prendessero impegni importanti, volti a controbilanciare gli impatti ambientali e gli stili di vita che attualmente si portano avanti. Tante le aspettative … forse troppe!

Padre Renato Gaglianone

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