il Punto Coldiretti

Settimo: non rubare!

Si legge sul volto di molti, l’indignazione per quanto sta venendo alla luce sul modo di sperperare i soldi pubblici, a fronte dell’aumento della povertà, della disoccupazione, all’aumento dell’ansia per il futuro. Quello che sgomenta di più è la protervia e l’arroganza, unita alla sicura impunità, che accompagna ogni intervento di personaggi, chi più chi meno, coinvolti in operazioni di malaffare coperti da un sistema politico che sarebbe ora venga azzerato. Possibile che si possa tranquillamente allungare i tempi per una legge anti corruzione? Possibile non si riesca a rimandare a casa tutti coloro che hanno fatto della politica lo strumento per portare avanti inconfessabili “mal’affari” personali”.

Buona parte di questi “personaggi” si dichiarano cristiani e, forse, vanno anche a messa la domenica e magari fanno pure parte di qualche Consiglio pastorale. Eppure, il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2401 recita: “Il settimo comandamento proibisce di prendere o di tenere ingiustamente i beni del prossimo e di arrecare danno al prossimo nei suoi beni in qualsiasi modo. Esso prescrive la giustizia e la carità nella gestione dei beni materiali e del frutto del lavoro umano. Esige, in vista del bene comune, il rispetto della destinazione universale dei beni e del diritto di proprietà privata. La vita cristiana si sforza di ordinare a Dio e alla carità fraterna i beni di questo mondo”.

Qualcuno ha anche la sfrontatezza di affermare che non si è fatto nulla contro la legge. Il Catechismo ricorda: “Ogni modo di prendere e di tenere ingiustamente i beni del prossimo, anche se non è in contrasto con le disposizioni della legge civile, è contrario al settimo comandamento” (n. 2409).

Anche in caso di rimorso di coscienza e si ricorresse al Sacramento della Confessione il n. 2412 ricorda: “In forza della giustizia commutativa, la riparazione dell’ingiustizia commessa esige la restituzione al proprietario di ciò di cui è stato derubato. Gesù fa l’elogio di Zaccheo per il suo proposito: “Se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto” (Lc 19,8 ).

Coloro che, direttamente o indirettamente, si sono appropriati di un bene altrui, sono tenuti a restituirlo, o, se la cosa non c’è più, a rendere l’equivalente in natura o in denaro, come anche a corrispondere i frutti e i profitti che sarebbero stati legittimamente ricavati dal proprietario. Allo stesso modo hanno l’obbligo della restituzione, in proporzione alla loro responsabilità o al vantaggio avutone, tutti coloro che in qualche modo hanno preso parte al furto, oppure ne hanno approfittato con cognizione di causa; per esempio, coloro che l’avessero ordinato, o appoggiato, o avessero ricettato la refurtiva.

Non bisogna però lasciarsi prendere dallo sconforto. L’intervento del Card. Bagnasco alla periodica Assise dei Vescovi Italiani, denuncia sì ma apre anche alla Speranza, nella consapevolezza che la Società italiana ha forze sufficienti per superare questo momento difficile che, riprendendo il pensiero di Benedetto XVI, “siamo in presenza di una crisi di spiritualità prima ancora che crisi, economica, finanziaria e/o morale”.

Il Presule, nella sua Prolusione al Consiglio Permanente della Cei denuncia: “Che l’immoralità e il malaffare siano al centro come in periferia non è una consolazione, ma un motivo di rafforzata indignazione, che la classe politica continua a sottovalutare. Ed è motivo di disagio e di rabbia per gli onesti. Possibile che l’arruolamento nelle file della politica sia ormai così degradato?” E continua: “Da tempo parliamo di una nuova generazione di politici cristianamente ispirati; chiediamoci se ci siamo adeguatamente preoccupati di sostenerne la vita spirituale, affinché sia continuamente irrorata, capace di ispirare la testimonianza di comportamenti coerenti.”… Non si tratta solo di saper porgere il buon esempio – e già questo è gran cosa – ma di provocare le coscienze, di mettere in crisi uno stile di vita quasi collettivo attraverso scelte personali coerenti e controcorrente. Solo allora non si mercanteggerà con ciò che non è mercanteggiabile, e lo stratagemma del compromesso, talora non evitabile, diventa arte nobile e alta, non resa al ribasso”.

“È l’ora di una solidarietà lungimirante, della concentrazione assoluta – senza distrazioni – sui problemi prioritari dell’economia e del lavoro, della rifondazione dei partiti, delle procedure partecipative ed elettive, di una lotta penetrante e inesorabile alla corruzione: problemi tutti che hanno al centro la persona e ne sono il necessario sviluppo. Quando – per interessi economici – sull’uomo prevale il profitto, oppure – per ricerca di consenso – prevalgono visioni utilitaristiche o distorte, le conseguenze sono nefaste e la società si sfalda”.

Di qui l’invito ai Vescovi e quindi a tutta la Chiesa Italiana; “Vogliamo essere gli araldi del Vangelo, e dunque della speranza.  «La Chiesa – diceva di recente il Papa alla Coldiretti (Discorso all’Assemblea nazionale, 22 giugno 2012) – non è mai indifferente alla qualità della vita delle persone». «L’Italia reagisca alla tentazione dello scoraggiamento», diceva con accoratezza il Papa in visita ad Arezzo (Saluto al Regina Caeli, 13 maggio 2012). Noi, per quel che possiamo, siamo qui per questo”.

Padre Renato Gaglianone

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