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Rapporto Fao, entro il 2050 dovremo produrre il doppio del cibo

La Fao, con il secondo Rapporto sullo Stato delle Risorse fitogenetiche mondiali per l’alimentazione e l’agricoltura, presentato a Roma il 26 ottobre 2010, pone al centro dell’attenzione alcuni temi di fondamentale importanza per l’agricoltura.

L’allarme è chiaro: entro il 2050, dovremmo produrre il doppio del cibo prodotto nel 2000 e lo dovremmo fare sullo stesso quantitativo di terra ed usando meno acqua ed altri input. Inoltre, il cambiamento climatico sta modificando l’ambiente in cui le piante crescono, mettendo gli agricoltori davanti a nuove sfide.

Secondo la Fao una migliore conservazione e l’uso della diversità genetica delle piante che coltiviamo e di cui ci alimentano, oltre che dei loro “parenti selvatici”- che rischiano di andare perduti – potrebbe aiutare a risolvere efficacemente questi problemi. La diversità genetica dei cereali, dei legumi, dei vegetali e della frutta che coltiviamo e di cui ci nutriamo sono, infatti, alla base della produzione di cibo e rappresentano la base biologica per la sicurezza alimentare, la sopravvivenza e lo sviluppo economico. E’ lampante come sia cruciale conservare questa diversità e incrementarne l’uso in un modo sostenibile ed efficiente.

Le risorse fitogenetiche per l’alimentazione è l’agricoltura sono materie naturali essenziali per sostenere l’agricoltura ad affrontare il cambiamento climatico. Perciò, è necessario rafforzare la capacità delle piante di crescere e svilupparsi ed espandere i programmi esistenti per sviluppare le varietà che posseggono le caratteristiche utili ad affrontare questa sfida. La perdita di tali risorse, poi, ha ridotto le possibilità di scelta del settore agricolo.

Le principali cause dell’erosione genetica sono l’urbanizzazione, il disboscamento, la pressione demografica, il sovrapascolamento, il degrado ambientale ed il cambiamento delle pratiche agricole. Purtroppo, la diversità di risorse presenti nelle imprese agricole è ancora gestita e documentata, per lo più, in maniera inadeguata. La consapevolezza in ordine all’importanza di questa diversità ed al contributo che può dare alla sicurezza alimentare locale sta, per fortuna, crescendo.

Il Rapporto evidenzia, inoltre, come il commercio internazionale delle sementi sia incrementato, dominato da cinque compagnie che rappresentano il 30% circa del mercato globale. Anche il mercato delle sementi transgeniche è cresciuto drammaticamente, passando da 280 milioni di dollari americani nel 1996 a 7 bilioni nel 2007. Mentre, gli investimenti del settore pubblico nella produzione di sementi sono diminuiti in maniera significativa.

Secondo la Fao sta aumentando il riconoscimento dell’importanza del ruolo dei sistemi informali di sementi nel mantenere la biodiversità agricola, ma occorrono più sforzi per sostenere le produzioni locali, migliorare l’accesso a sementi di qualità e sviluppare l’imprenditoria a piccola scala. Inoltre, lo sviluppo delle piante e la produzione di semi sono sempre più isolate l’una dall’altra. Un uso sostenibile delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e agricoltura può essere realizzato solo mediante un pieno coordinamento tra la ricerca sulle coltivazioni, la produzione di semi ed un effettivo sistema di distribuzione che assicuri agli agricoltori di ottenere semi di qualità in maniera tempestiva.

Il Rapporto sottolinea la necessità si sviluppare strategie nazionali integrate per la gestione di queste risorse, occorrendo, a tali fini, rafforzare il legame tra gli stakeholders coinvolti nella conservazione, nel miglioramento genetico, nella produzione e nella distribuzione di sementi; migliorare la formazione e le opportunità educative per rafforzare i programmi nazionali in materia, soprattutto sugli aspetti normativi e politici; migliorare il coordinamento tra i finanziamenti per assicurare il supporto a lungo termine delle azioni connesse al Trattato Fao sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura.

Per quanto riguarda l’Italia, il Rapporto chiarisce come in agricoltura, spesso, siano introdotte cultivar moderne, altamente produttive e standardizzate, in sostituzione di varietà adattate naturalmente alle condizioni locali. Questa erosione genetica rappresenta un serio fenomeno relativo a tutti gruppi di coltivazioni primarie di importanza agricola. Si stanno, comunque, sviluppando programmi per la conservazione on-farm di specie locali per prevenire l’erosione del germoplasma che ancora sopravvive. Fino ad  ora, come sottolinea la Fao, in Italia non è stato approntata una strategia comprensiva a livello nazionale per la valutazione, il monitoraggio e la conservazione sostenibile in situ. Anche se, negli ultimi anni, hanno preso avvio alcuni programmi per l’identificazione e l’uso di varietà tradizionali.

Sono reperibili, infatti, informazioni su alcune attività regionali, condotte insieme alle aree protette, come, per esempio in Abruzzo, in collaborazione con il Parco Nazionale della Maiella, o nel contesto di specifiche ricerche. Per esempio, grazie ad uno studio condotto dall’Agenzia per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio, iniziato nel 2003, insieme al  Cra-Fru e all’Università di Viterbo, è stato possibile individuare ben 128 tipi diversi di alberi di frutta locale presenti negli orti domestici di tutta la Regione.

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