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Clima, per Kyoto 2 il ruolo dell’agricoltura diventa centrale

Alla conferenza mondiale sul clima di Doha, le aspettative su un accordo vincolante globale non hanno trovato completa soddisfazione, ma va registrato il segnale positivo legato al “salvataggio” del Protocollo di Kyoto (in scadenza al 31 dicembre 2012). Il cosiddetto "Kyoto 2" costituisce probabilmente il risultato più importante del negoziato, anche perché, pur con tutte le limitazioni di efficacia (in termini di riduzione delle emissioni globali) dovute all’assenza dei Paesi maggiori emettitori (Usa e Cina su tutti), resta uno strumento indispensabile a garantire la transizione verso il nuovo accordo (rappresentandone il riferimento politico, tecnico e giuridico), oltre a garantire la continuità di importanti impegni di riduzione legalmente vincolanti per il periodo di transizione 2013-2020.

E’ particolarmente importante, allora, che l’Unione Europea (tra i firmatari “originali” del protocollo) confermi i propri impegni di riduzione delle emissioni climalteranti, oltre ad affrontare con maggiore decisione uno degli aspetti che, ad oggi è, rimasto parzialmente inespresso. Si tratta del ruolo dell’agricoltura nell’ambito del raggiungimento degli obiettivi di mitigazione (riduzione delle emissioni). Da Kyoto 2, infatti, ci si aspetta un passo in avanti proprio in direzione della contabilizzazione delle emissioni e degli assorbimenti legati alle attività agroforestali.

Con la riconferma del protocollo di Kyoto, nelle strategie Ue per la lotta ai Cambiamenti Climatici, l’agricoltura e la gestione del suolo dovranno, quindi, assumere un ruolo di maggiore importanza. Gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni di gas serra (-20% al 2020), infatti, prevedono misure riguardanti interventi di afforestazione, riforestazione e deforestazione, mentre l’uso del suolo agricolo è considerato un fattore determinante sia nell’ambito della direttiva 2009/29/CE (modifiche al sistema degli scambi delle quote di emissione dei Paesi europei, nell’ambito dell’Ets – Emission Trading System), sia attraverso la decisione 4006/2009/Ce, in cui si invitano gli Stati Membri a perseguire l’obiettivo di riduzione delle emissioni con il contributo di “tutti i settori economici”.

Nella citata decisione, nell’art. 9, vengono, tra l’altro, esaminate le modalità di inclusione delle emissioni provenienti dai settori Lulucf – Land Use Land Use Change and Forestry – e l’eventualità di formulare proposte normative specifiche per la loro contabilizzazione. In realtà, il settore Lulucf, sino ad oggi, è stato considerato solo parzialmente negli obiettivi di Kyoto e risulta escluso dagli impegni Ue relativi al “Pacchetto clima-energia” proprio a causa di una carenza in fatto di norme internazionali sulla contabilizzazione (è prevista la sola contabilizzazione “facoltativa” per foreste e terre coltivate).

I principali problemi nell’ambito di queste misure vanno riscontrati nella lunghezza dei processi naturali e dalla difficile determinazione degli effetti, variabili negli anni e molto diversi da luogo a luogo. Si tratta, dunque, di intervenire attraverso un orizzonte di lungo periodo, oltre ad adottare un approccio che sia in grado di tener conto delle caratteristiche territoriali, ambientali e climatiche specifiche di ogni Stato.

L’accordo internazionale in materia di inclusione dell’attività Lulucf nella contabilizzazione degli emissioni/assorbimenti, dopo un primo fallimento verificatosi in occasione della Conferenza di Copenaghen (2009), ha cominciato a delinearsi nell’ambito della più recente Conferenza di Durban (2011), con la fissazione di norme, definizioni e modalità per la contabilizzazione del settore per il “secondo periodo di impegno” del protocollo di Kyoto (Decisione 1/CMP.7).

In coerenza con questo orientamento, la Commissione Europea, attraverso la “Proposta di decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alle norme di contabilizzazione e ai piani di azione relativi alle emissioni e agli assorbimenti di gas a effetto serra risultanti da attività connesse all’uso del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicoltura” (COM(2012) 93 final), ha confermato la volontà di procedere ad un’integrazione graduale delle misure Lulucf adottate a livello internazionale in ambito Ue, attraverso norme di contabilizzazione comuni, rigorose ed armonizzate.
Secondo la citata proposta, infatti, un’adeguata gestione del suolo, delle pratiche agricole e delle foreste comporterebbe una considerevole riduzione delle emissioni, oltre alla possibilità di mantenere od aumentare la capacità di assorbimento del carbonio. Nell’ambito del settore, infatti, le possibilità di intervento sarebbero molteplici e diversificate. Si potrebbe agire nell’ambito della promozione di misure, sia agricole (ad esempio, favorendo l’introduzione delle rotazioni e l’impiego di materiali organici nei terreni), sia agroforestali (prevedendo una compensazione delle emissioni agricole, grazie all’associazione delle attività di allevamento con quelle della produzione di legname e di energia, ottenuta mediante la “gestione sostenibile” dei boschi), oltre, ovviamente a promuovere misure di silvicoltura e di gestione forestale, come imboschimenti, conversioni e aumento della produttività delle foreste.

In termini di mitigazione, altri interventi potrebbero riguardare le energie rinnovabili (specie attraverso la promozione della produzione di energia termica con l’impiego di biomasse ottenute dalla gestione forestale locale), così come lo sviluppo tecnologico di filiere industriali basate sull’impiego di materiali che immagazzinano carbonio (secondo una stima Ue del 2009, bioenergie e attività delle industrie di trasformazione dei prodotti legnosi rappresentano un potenziale complessivo di assorbimento stimato pari al 9% del carbonio emesso nell’Unione dagli altri settori).

L’inclusione del settore agricolo nella contabilizzazione delle emissioni e degli assorbimenti dei gas serra va, dunque, visto in termini di importante contributo nella lotta ai cambiamenti climatici. Questa affermazione si circostanzia rispetto al timore che possa prevalere, invece, un approccio vessatorio e criminalizzante e cioè mirato esclusivamente a considerare l’agricoltura in termini di settore emettitore, alla stregua degli altri (industriale ed energetico). Il settore agroforestale possiede, infatti, peculiarità uniche e nell’ottica delle strategie di mitigazione si differenzia, soprattutto, in quanto può giocare un ruolo attivo nell’ambito degli assorbimenti diretti. Questa peculiarità rappresenta, tra l’altro, una delle principali motivazioni che hanno impedito, fino ad ora, l’efficace applicazione, in ambito agroforestale, di metodologie di contabilizzazione, originariamente pensate per altri settori.

Una ufficializzazione del riconoscimento di questo ruolo, quindi, dovrebbe essere funzionale anche per la definizione di appropriati meccanismi incentivanti, che possano fungere da stimolo per agricoltori e silvicoltori, massimizzandone le potenzialità di assorbimento di carbonio attraverso la diffusione di “buone pratiche”.

Per quanto riguarda il protocollo di Kyoto, in base alle più recenti evoluzioni, per il secondo periodo di decorrenza (1 gennaio 2013/31 dicembre 2020) è previsto l’obbligo di contabilizzazione delle emissioni e degli assorbimenti da attività di imboschimento, rimboschimento, disboscamento, oltre che dalla gestione delle foreste; delle terre coltivate e dei pascoli. La contabilizzazione delle emissioni/assorbimenti proveniente dalle attività di rivegetazione, drenaggio e riumidificazone delle zone umide è, invece, lasciata alla volontarietà dei Paesi firmatari.

Sempre in relazione alla evoluzione normativa in ambito Ue, si segnala, inoltre, che la citata proposta COM(2012) 93 final, oltre a definire un contesto giuridico “separato” per la contabilizzazione obbligatoria di attività agricole e di gestione forestale, prevede, insieme al miglioramento delle attività di monitoraggio e comunicazione delle informazioni, la formulazione di specifici Piani di Azione Nazionali. Questi dovranno essere realizzati entro 6 mesi dall’inizio del periodo di contabilizzazione e, dopo essere stati sottoposti a valutazione della Commissione che esprimerà pareri e raccomandazioni in proposito, avranno la durata dell’intero periodo di validità del Protocollo.

I Piani di Azione Nazionale, in particolare, dovranno contenere la descrizione dei trend passati e le proiezioni future di emissioni ed assorbimenti, l’analisi delle possibilità di limitazione delle emissioni e di incremento degli assorbimenti, l’elenco delle misure da adottare, le politiche di sostegno alle misure ed un’analisi dei loro effetti, oltre alla calendarizzazione delle azioni previste.

Alla luce della “riconferma” del protocollo di Kyoto, sancita a Doha, si aprono, dunque, in ambito europeo, scenari di continuità nell’ambito della definizione di impegni direttamente legati allo sfruttamento del potenziale di assorbimento del settore agroforestale. A questo proposito, l’Italia, è chiamata ad un veloce adeguamento rispetto ad un percorso già avviato in ambito europeo, attuando importanti scelte strategiche e mettendo a punto opportuni strumenti.

Dai documenti comunitari, infatti, emerge chiaramente la necessità di investire nella contabilizzazione (monitoraggio e comunicazione delle informazioni) e di promuovere sinergie con le politiche energetiche. In questo senso, la contabilizzazione obbligatoria delle attività Lulucf, oltre a rendere “visibili” i risultati delle attività di gestione del suolo e delle foreste, specie per le biomasse energetiche – attualmente non contabilizzate – rappresenta uno strumento utile anche per valutare, in prospettiva, i risultati delle misure di mitigazione (specie in termini di carbon sequestration).

A livello nazionale, quindi, è necessario agire sia sul piano tecnico (stabilendo obiettivi, livelli di riferimento e metodologie di calcolo), sia sul piano politico, definendo le linee di azione da inserire nel Pan, le misure e gli effetti e, soprattutto, le risorse necessarie. Da questo punto di vista appare chiaro come, per rispondere in modo adeguato alla sfida lanciata da Kyoto e raccolta dall’Ue, il solo ricorso alle misure in ambito Pac, per quanto utili per operare in “coerenza strategica” con gli obiettivi climatici, debba considerarsi insufficiente.

Ecco allora che i Ministeri interessati (Ambiente ed Agricoltura in primis) , dovranno operare in stretta collaborazione per mettere a punto le migliori soluzioni (anche in funzione delle specificità del territorio nazionale) per evidenziare e far riconoscere, finalmente, il ruolo ricoperto dall’agricoltura e dalla gestione delle foreste nella lotta ai cambiamenti climatici.

Un impegno a livello istituzionale, tra l’altro, risulta fondamentale anche nell’ambito di una partita “parallela”, ma strettamente collegata alla contabilizzazione delle emissioni/assorbimenti agricoli, e cioè quella che fa capo all’impiego delle certificazioni ambientali (es. carbon footprint) e alla diffusione dei mercati volontari dei crediti di carbonio. Si tratta, anche qui, di definire criteri di riferimento nazionali, condivisi e generalizzati, per accompagnare settori che, a fronte di una crescente tendenza, da parte del mercato, a riconoscere l’impegno delle imprese nell’ambito della riduzione delle emissioni/aumento degli assorbmenti di Co2, possono costituire importanti occasioni di integrazione economica per il settore agro-forestale. Questo, ovviamente, in sinergia con le risorse “pubbliche” che resta, tuttavia, necessario destinare alla misure di mitigazione climatica in ambito agricolo.

Nota
Per i contenuti del presente articolo si ringrazia Stefano Fabiani (Inea).
Per un approfondimento tecnico sulla contabilizzazione delle emissioni agricole, si suggerisce la lettura dell’articolo “Da Kyoto alla Pac: come calcolare le emissioni di gas serra del settore agricolo?” a firma di Emanuele Blasi, Silvio Franco e Nicolò Passeri.

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