il Punto Coldiretti

A rischio il rigore dei controlli in agricoltura biologica

A rischio il rigore dei controlli in agricoltura biologica. Sulla base di una nota di chiarimento del Ministero delle Politiche Agricole  che riflette un preciso orientamento della Commissione Ue, le visite ispettive degli Organismi di controllo presso gli operatori biologici  possono, in alcuni casi,  essere parziali e non riguardare l’intero sito produttivo.

Questa è la risposta del Ministero delle Politiche Agricole ad una richiesta di chiarimento di Coldiretti circa l’interpretazione dell’art. 65 del reg. CE 889/2008 secondo il quale “l’autorità o l’organismo di controllo effettua almeno una volta all’anno un’ispezione fisica presso tutti gli operatori” sorta dopo aver constato che gli organismi di controllo non sempre effettuano una visita ispettiva sull’intero sito di produzione adducendo come giustificazione il fatto che la formulazione dell’art. 65 del reg. cit. è diversa dal   reg. CE 2092/1991, precedentemente in vigore,  in cui era chiaramente specificato che “L’organismo o l’autorità di controllo effettuano almeno una volta all’anno un controllo fisico completo di tutti gli operatori” . 

Il Ministero riporta, a conforto di questa sua interpretazione, quanto dichiarato dalla Commissione UE in occasione dei lavori del Comitato di regolamentazione sulla produzione biologica (RCOP) secondo la quale l’art. 65 lascia un certo margine di manovra all’organismo di controllo per le modalità con le quali effettuare la verifica fisica annuale ai fini della verifica di conformità dei prodotti ottenuti con  le norme di produzione stabilite dalla legislazione comunitaria vigente. Il Ministero, quindi, nella nota, se da un lato afferma che la visita annuale debba ordinariamente prevedere una verifica fisica dell’intero sito di produzione e di tutti gli ambiti di attività dell’operatore soggetto al controllo in ogni fase del processo, dall’altro lato introduce una serie di deroghe a questo principio di carattere generale.

Si tratta del caso in cui la durata del processo produttivo non consenta, nell’ambito della visita annuale, di verificare ogni fase del processo oppure quando le unità produttive aziendali siano del tutto omogenee dal punto di vista strutturale e dei processi applicati. In questi casi, l’organismo di controllo può procedere ad una visita parziale effettuata su un campione rappresentativo delle unità produttive.

E’ evidente che il consolidarsi di tale interpretazione secondo Coldiretti mette gravemente a rischio l’affidabilità del sistema di certificazione e controllo in agricoltura biologica proprio in un momento in cui le due maxi frodi scoperte dalla Guardia di Finanza sul settore del bio, Operazione Gatto con gli Stivali e  Vertical bio, fanno luce su un’inquietante campo di illegalità che si è aperto nel settore dell’agricoltura biologica divenuta terreno fertile per le frodi a causa del notevole differenziale di prezzo di tali alimenti rispetto a quelli convenzionali. 

Se a ciò, si aggiunge il fatto che i controlli effettuati sono meramente documentali e che non comportano necessariamente prelievi ed analisi sugli alimenti nelle diverse fasi di produzione, trasformazione, confezionamento  e  trasporto è evidente che non si ha nessuna certezza che il prodotto finale, soprattutto all’importazione, benché certificato da un qualsiasi organismo di certificazione privato, per giunta interessato a non perdere i propri clienti, sia effettivamente biologico.

Secondo Coldiretti è il momento a livello comunitario e nazionale di aprire subito una seria riflessione sul sistema di controllo in agricoltura biologica che, anche per ragioni di semplificazione,  non dovrebbe più essere affidato a soggetti di natura privata, ma ad enti pubblici,  i soli che possono offrire garanzie serie ai consumatori ed a quegli imprenditori biologici che rispettano rigorosamente le norme di produzione della legislazione comunitaria e che oggi vedono incrinata l’immagine dell’agricoltura biologica a causa di una politica che di fatto agevola i paesi importatori e non quelli produttori e della scarsa vigilanza da parte del MIPAAF e delle Regioni sull’operato degli organismi di controllo.

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