il Punto Coldiretti

Agricoltori dimezzati, le aree interne franano

La terra frana perché sono dimezzati gli agricoltori nelle aree marginali che se ne prendono cura negli ultimi 30 anni, durante i quali 3 milioni di ettari di terreno coltivato, pari alla superficie della regione Sicilia e Val d’Aosta assieme, sono stati abbandonati in montagna e collina o cementificati in pianura.

E’ quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini in occasione della Conferenza nazionale sul rischio idrogeologico che si è svolta a Roma nella sede dell’organizzazione agricola nel sottolineare che una attenta azione di prevenzione non puo’ che partire dalla difesa dei 12,8 milioni di ettari di terreno coltivato dei quali ben i 2/3 si trovano in collina ed in montagna. Più di un milione di agricoltori – ha sottolineato Marini – sono stati costretti ad abbandonare queste aree nell’ultimo trentennio per la mancanza di concrete opportunità economiche e sociali sulle quali occorre prioritariamente intervenire se si vuole realizzare una concreta opera di prevenzione in una situazione in cui si aggrava la crisi economica e si moltiplicano gli eventi estremi e catastrofici per effetto dei cambiamenti climatici.

Sono ben 6.633 i comuni italiani in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico, l’82% del totale. Una fragilità che risulta particolarmente elevata in regioni come Calabria, Molise, Basilicata, Umbria, Valle d’Aosta e nella Provincia di Trento, dove il 100% dei comuni è classificato a rischio, subito seguite da Marche e Liguria (col 99% dei comuni a rischio) e da Lazio e Toscana (col 98%). Ma la dimensione del rischio è ovunque preoccupante, con una superficie delle aree ad alta criticità geologica che si estende per 29.517 Kmq, il 9,8% del territorio nazionale.  In Italia quindi, oltre 5 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni.

Nasce proprio da questi numeri, l’importante incontro di oggi a Roma, un appuntamento inedito che ha visto, finalmente, discutere e confrontarsi numerose associazioni, sindaci, ordini professionali, tecnici ed esperti con l’obiettivo comune di riflettere per sviluppare percorsi risolutivi in grado di rispondere in modo efficacie alle ripetute emergenze legate al rischio idrogeologico nel nostro paese. Emergenze che scattano ormai sistematicamente ogni autunno, a causa della mancanza di un’adeguata politica di prevenzione e di governo del territorio. Temi che – per la prima volta – vengono affrontati in un percorso programmatico e propositivo, che comincia con la conferenza nazionale di oggi, per sfruttare al meglio la lucidità e la lungimiranza che l’agire in emergenza non può permettere.

L’obiettivo è quindi quello di accendere l’attenzione della politica su questi temi sottoponendo le proposte che usciranno da questo appuntamento ai candidati alle prossime elezioni e al nuovo governo.

L’anno che si è appena concluso, ha evidenziato in modo inequivocabile che le conseguenze dei cambiamenti climatici non riguardano solo il futuro del nostro pianeta, ma già oggi costituiscono un elemento da cui non si può più prescindere.
La novità dei fenomeni meteorologici sempre più intensi, concentrati in poche ore e su aree circoscritte, con alluvioni e danni anche in aree non eccessivamente antropizzate, dimostrano la necessità di considerare i loro effetti per pianificare e programmare le politiche territoriali nei prossimi anni.

Il messaggio principale dell’appuntamento odierno è che le politiche per la mitigazione del rischio idrogeologico non si possono limitare allora all’attuazione di interventi puntuali. Serve un Programma nazionale di difesa del suolo, per la manutenzione e la cura del territorio, che progetti un’azione urgente, efficace e concreta per la mitigazione del rischio stabilendo strumenti e priorità d’intervento e risorse economiche adeguate per metterlo in campo, senza dimenticare una necessaria attività di informazione e formazione dei cittadini su questi temi.

Un piano che superi i limiti di quelli precedentemente approvati, che se fossero realizzati ora risulterebbero inadeguati ai cambiamenti climatici in atto e alle conseguenze di una gestione dissennata che ha reso ancor più vulnerabile il nostro territorio.

L’attuazione di tutto questo non solo produrrà un beneficio in termini di sicurezza, ma anche come rilancio occupazionale ed economico dei territori. Il debito pubblico e lo spread non possono rappresentare le motivazioni per non intervenire in questo settore, per il quale è necessario trovare meccanismi finanziari adeguati coinvolgendo anche risorse private. Infatti, per attivare questi programmi è necessario un supporto tecnico qualificato e diffuso localmente, prevedendo la possibilità di attivare l’intervento anche di addetti del settore agricolo e forestale, piuttosto che dell’edilizia con la possibilità di creare nuova occupazione.

Governo del territorio, semplificazione normativa, reperimento e continuità delle risorse economiche per un’efficace politica di prevenzione, sono quindi le principali criticità da affrontare  attraverso un nuovo approccio al problema, un approccio scientifico, adeguato alle novità e ai cambiamenti in atto che proprio la conferenza di oggi vuole inaugurare.

Registrato presso il Tribunale Civile di Roma, Sezione per la Stampa e l'Informazione al n. 367/2008 del Registro della Stampa. Direttore Responsabile: Paolo Falcioni.
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